Al termine di una lunga requisitoria, i pm della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo hanno chiesto la condanna a dodici anni ciascuno per Massimo Gentile e il tecnico di radiologia Cosimo Leone. Sei anni per il bracciante agricolo Leonardo Gulotta. Per la Procura non ci sono dubbi: "favorirono la latitanza di Matteo Messina Denaro". Gentile e Leone devono rispondere di associazione mafiosa, mentre Gulotta è accusato di favoreggiamento aggravato. Quest’ultimo è l’unico imputato non sottoposto a misure detentive.
Tuttavia, lo scorso novembre, Leone è tornato in carcere dopo una decisione della Corte di Cassazione, che ha riqualificato l’ipotesi di reato da concorso esterno in associazione mafiosa a favoreggiamento aggravato, accogliendo un ricorso della DDA. Gulotta, invece, avrebbe messo a disposizione il proprio numero di cellulare per facilitare l’acquisto di un’auto destinata all'allora boss latitante. Secondo l'accusa, il padrino di Castelvetrano avrebbe fatto affidamento sui tre imputati per nascondere la propria identità e organizzare la sua rete logistica.
Una scelta che, secondo il procuratore aggiunto Paolo Guido e i sostituti Gianluca De Leo, Bruno Brucoli e Pierangelo Padova, non sarebbe stata casuale. I legami familiari tra gli imputati e il clan mafioso sono un elemento chiave dell’accusa. Massimo Gentile è cugino di primo grado di Salvatore Gentile, marito della maestra Laura Bonafede, a sua volta legata a Messina Denaro. Gulotta ha lavorato per le imprese dei fratelli Luppino, anch’essi coinvolti nelle attività del boss. Cosimo Leone, tecnico di radiologia, è cognato di Massimo Gentile e cugino dell’ergastolano Salvatore Gentile. Leone è accusato di aver avuto un ruolo cruciale nella trafila sanitaria di Matteo Messina Denaro, che nel novembre 2020 scoprì di avere un tumore a seguito di una colonscopia effettuata a Marsala.
Grazie al suo intervento, il boss ottenne una visita chirurgica tempestiva presso l’ospedale di Mazara del Vallo e fu ricoverato pochi giorni dopo per essere operato. Inoltre, Leone avrebbe fornito a Messina Denaro un’utenza telefonica “pulita” per evitare intercettazioni. Massimo Gentile, invece, al momento del suo arresto ricopriva l’incarico di responsabile dei procedimenti del servizio Lavori Pubblici del Comune di Limbiate, in provincia di Monza-Brianza. Secondo l’accusa, avrebbe offerto la propria identità al latitante, aiutandolo a mantenere l’anonimato nel tempo. Il processo si sta svolgendo con il rito abbreviato davanti al giudice per l’udienza preliminare Marco Gaeta.
Dopo la requisitoria della DDA, la parola passa ora alle difese