Mafia, nel covo di Messina Denaro documenti intestati ad altri

Il boss avrebbe usato identità di diversi alias.Frasca: “Contro i mafiosi occorrono intercettazioni più efficaci”

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
28 Gennaio 2023 10:52
Mafia, nel covo di Messina Denaro documenti intestati ad altri

Il boss Matteo Messina Denaro avrebbe utilizzato negli anni le generalità di diversi fiancheggiatori. Lo sospettano gli inquirenti che, nel covo di vicolo San Vito, a Campobello di Mazara, tra le carte del capomafia hanno trovato documenti di identità contraffatti coi nomi e i dati di persone realmente esistenti. Non è ancora chiaro se i documenti siano stati contraffati dallo stesso capomafia o se qualcuno glieli abbia forniti precompilati e lui abbia soltanto apposto la sua foto. Diverse peraltro sono le foto tessera trovate al padrino di Castelvetrano.

Prima di assumere l'identità del geometra Bonafede, utilizzata a partire almeno dal 2020, quando venne operato di cancro all'ospedale di Mazara del Vallo e utilizzò il codice fiscale e la carta di identità del suo complice, il boss avrebbe dunque fatto uso dei documenti di altre persone. E con le generalità di altri favoreggiatori avrebbe viaggiato e concluso affari. Piste che gli inquirenti, che stanno tentando di andare a ritroso per ricostruite la latitanza del capomafia, ora approfondiranno.

“Contro i mafiosi occorrono intercettazioni più efficaci”. C'è una replica critica al ministro Carlo Nordio nella relazione del presidente della Corte d'appello di Palermo, Matteo Frasca. Il magistrato ribalta la frase del ministro: "I mafiosi non parlano al telefono". E risponde: "Questo può essere vero solo con riferimento alle tradizionali forme di comunicazione telefonica, e peraltro neanche in modo assoluto come dimostrato da alcune vicende processuali. Ma i criminali ricorrono a modalità sempre più sofisticate di comunicazione per intercettare le quali è indispensabile fare ricorso alla tecnologia, la cui inevitabile invasività è bilanciata dai rigorosi limiti di ammissibilità di ricorso alle intercettazioni e dalle cautele imposte in diversi momenti dalla normativa vigente che probabilmente costituisce il punto di equilibrio più avanzato tra efficienza e garanzia".

La legislazione antimafia italiana è un modello anche per altri paesi e consente di promuovere una lotta efficace a Cosa nostra. Nella relazione di apertura dell'anno giudiziario del presidente della Corte d'appello di Palermo, Matteo Frasca, c'è una difesa molto convinta di quelle norme antimafia frutto "dell'impegno e del sacrificio, anche estremo, di tanti esponenti delle istituzioni". Siccome ha consentito di "raggiungere risultati di grande rilievo" il complesso delle leggi, secondo Frasca, "va mantenuto in tutta la sua consistenza e in ogni sua componente, senza arretramenti di sorta e ancor meno senza indulgere alla pericolosa e miope convinzione di essere al traguardo".

Frasca ricorre ai toni dell'appello quando ricorda che la legislazione antimafia italiana è all'avanguardia nel contesto europeo e anche per questo, dice, "l'Italia deve avere l'orgoglio e la forza di essere trainante per altri Stati che si rivolgono a noi con ammirazione e interesse". "Consolidare ed esportare oltre confine le risalenti acquisizioni normative in materia di contrasto alla mafia - aggiunge - deve essere un impegno irrinunciabile, nella consapevolezza che anche la criminalità organizzata ha varcato i confini degli Stati e si muove a livello tentacolare cercando di sfruttare contesti territoriali extranazionali meno attrezzati del nostro".

La strada è ancora "molto lunga e impervia e soprattutto non può basarsi solo sulla repressione", sostiene il presidente Fasca, su quella "distaccata opera di repressione", che Paolo Borsellino riteneva insufficiente. Per questo è importante, se non decisiva, la "rimozione delle condizioni sociali ed economiche sulle quali prospera la criminalità organizzata di tipo mafioso e a questo processo di liberazione e di crescita democratica devono concorrere la comunità e tutte le Istituzioni con un'azione corale e sinergica".

Richiamando i moniti del presidente Sergio Mattarella ("La Costituzione nostra bussola"), Frasca sostiene che alla magistratura compete non solo l'accertamento dei reati ma anche la garanzia della "effettività dei diritti, iniziando da quelli sociali che trovano riconoscimento innanzitutto nella Costituzione".

(Fonte ANSA)

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