Io li ho visti, gli adolescenti di oggi, durante la Giornata della memoria. Era il 27 gennaio, sono stata in giro per le scuole e li ho osservati. Come ogni anno si commemoravano le vittime dell'Olocausto e ogni Istituto ha organizzato conferenze, mostre, cineforum sull'argomento. Al liceo artistico, durante una conferenza sulle leggi razziali e lo sterminio degli Ebrei, le più attente ed interessate erano alcune studentesse sedicenni. Le sbirciavo, mentre ascoltavano in silenzio, e mi chiedevo cosa ribollisse loro dentro, nel sentire parole che ferivano come coltelli affilati e di fronte all'orrore di un racconto senza sconti.
Appena il relatore ha finito di parlare, si sono scatenate con le domande. Che però non erano solo domande. Era rabbia, era indignazione, era sconforto per un presente che vedono somigliare ogni giorno di più a quell'orribile passato, era paura della Storia che si ripete . Nei loro interventi c'era la passione, l'ardore, il candore della gioventù, l'eloquio diretto, senza filtri né sovrastrutture, la certezza di sapere da quale parte stare, l'avversione e la condanna per ogni forma di razzismo, di pregiudizio, di fascismo.
C'è la difesa senza se e senza ma dell'altro, dello straniero, del migrante, la convinzione che non esistono le razze, lo sconcerto di fronte al pregiudizio che nasce dal veder l'altro diverso, per colore della pelle, religione, paese d'origine, status economico o sociale. C'è in loro l'empatia, quella capacità di calarsi nei panni dell'altro che tanti adulti hanno smarrito, c'è la consapevolezza di essere cittadini del mondo, e di trovarsi dalla parte giusta della Storia. Le ho amate, queste ragazze: erano belle, vere, appassionate, combattive.
Alle scuole medie, poi, altre emozioni. I ragazzi che cantano Bella Ciao, che ascoltano in religioso silenzio le testimonianze dei familiari dei partigiani e degli internati militari. Anche qui, attenzione, interesse, capacità di ascolto e di analisi straordinarie. Io li vedo tutti i giorni, gli adolescenti di oggi. E vedo in loro una bellezza che chi non li frequenta neanche immagina. La vedo nei loro occhi, nei loro racconti, nelle loro fragilità ma anche nelle loro convinzioni, nelle loro paure e nelle loro battaglie quotidiane.
Li vedo mentre insegnano ai nonni a fare la raccolta differenziata, mentre si interrogano, pieni di ansie, sull'inquinamento e i cambiamenti climatici, mentre studiano l'inglese e si preparano a partire, pieni d'entusiasmo, per l'Erasmus, mentre si indignano per la Brexit, perchè vorrebbero un' Europa, e un mondo, senza confini. Mentre dicono, con veemenza, che vogliono andar via, lasciare questo Paese, vivere altrove. E chissà cosa c'è in questo “altrove” a cui ambiscono, quanti sogni, e quante promesse, ciascuno di loro coltiva nel suo “ altrove”! Li vedo mentre contestano Trump e Salvini, mentre studiano la storia, mentre parlano tra di loro e si arrovellano sugli stessi argomenti su cui ci rompevamo la testa noi alla loro età.
Li vedo anche mentre ascoltano, tra un brano di Ultimo e uno di Mahmood, “La guerra di Piero” di De Andrè! Li vedo mentre si chiedono perchè gli adulti sembrano cosi stupidi, cosi vili, cosi meschini, cosi superficiali, così senza speranza! Hanno anche paura, i ragazzi. Dietro le loro ostentate sicurezze, la sfrontatezza, l'arroganza a volte, hanno paura del presente, del futuro, del mondo che troveranno. Io, invece , guardandoli, smetto di avere paura e ritrovo la fiducia. Sono sicura che il futuro, con loro, sarà un posto bellissimo.
Catia Catania