Ultime della sera: ​La terra, la nostra casa comune

Da San Francesco a Papa Bergoglio, alla ricerca della speranza di salvezza per l’intera umanità

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
06 Novembre 2021 18:06
Ultime della sera: ​La terra, la nostra casa comune

È tempo per l’umanità di vedersi e comprendersi come parte della natura, in una relazione vitale di interconnessione. E’ tempo di riconoscere il Creato come un soggetto portatore di diritti da tutelare e rispettare e che richiama a una responsabilità individuale forte. I diritti delle future generazioni sono essenzialmente legati al diritto di vivere su un pianeta che offra tutte le sue risorse, (natura, acqua, aria, suolo sani e non tossici; energie rinnovabili) ma anche al diritto di non portare il peso di scelte fatte a senso unico dalle generazioni precedenti.

Francesco D’assisi non era un ecologista ma un innamorato di Dio e fece la scelta dei poveri. Non per ideologia o per una assurda idealizzazione della povertà bensì per seguire e identificarsi con quel Cristo che a sua volta si era fatto povero per mettersi dalla parte dei più deboli, schierandosi al loro fianco nelle giuste rivendicazioni. Una scelta forte e coraggiosa che nasce e si concretizza con un gesto altrettanto dirompente: un bacio sulla bocca di un lebbroso, non l’aver pulito i giardini di Assisi.

È così che guardando con gli occhi degli ultimi, intuì l’armoniosa interdipendenza che lega le cose create.

Un legame che il Santo espresse allora in termini di fraternità e che Papa Bergoglio oggi, facendosi portatore di questo messaggio universale, ora ripropone in termini di responsabilità. Con la pubblicazione della Enciclica “Laudato Sì” è diventato, infatti, un interlocutore fondamentale per delineare la cornice di senso dentro cui ora la politica cerca di muoversi nel tentativo di dare risposte efficaci. Una strada complessa quella del Papa, nel solco di una tradizione inaugurata con la Pacem in Terris da Giovanni XXIII, (primissima autentica cultura di pace, che ha cercato davvero di disarmare la violenza e la sua massima espressione che è la guerra).

Papa Francesco “sdogana” l’Enciclica dall’ambito puramente religioso e la rende d’interesse universale, perché le conseguenze pratiche del nostro rapporto con la natura toccano ciascuno di noi. In questo modo ha ridisegnato anche il ruolo della Chiesa cattolica nel mondo contemporaneo: un’autorità morale in grado di suggerire alla politica e all’economia, in maniera anche critica, la strada da seguire per realizzare e compiere le scelte necessarie per preservare il Creato in favore delle generazioni future. Senza confusione alcuna, nel rispetto dei ruoli e delle istituzioni e nel riconoscimento delle reciproche responsabilità.

Un appello insomma ad una profonda conversione interiore. Conversione, che prima di chiedere coraggiose scelte etiche nell’uso delle risorse passa attraverso un dovuto riconoscimento: la sostanziale omogeneità del genere umano e l’intrinseca interdipendenza dell’umanità con la natura di cui è parte. Basta con la logica del profitto come valore assoluto, basta alla dominazione del Creato come terra di conquista.

Certo, questo significa dover ripensare e rivoluzionare l’intero sistema. Ma ormai davvero non c’è alternativa, nessun’altra strada percorribile. Per quanto il sistema vigente si definisca liberista, della libertà altrui c’è davvero poco rispetto in ogni dove: un modello quello attuale che non potrà certo contribuire a costruire il futuro di un mondo duraturo.

Nemmeno i più cinici tra i commentatori che ogni giorno invadono i media si spingerebbero a dirsi indifferenti di fronte a un tale concentrato di problemi e disequilibri. Di fronte a tragedie come l’immigrazione, la misera, l’inaudita violenza dei giorni nostri.

Solo la ricerca del bene comune, dell’idea di famiglia umana, ci può permettere di trovare la via del futuro che tutti speriamo: un modello etico e valoriale per la nostra società, tale nella misura in cui tutti gli aspetti dell’esistenza umana sono tenuti in equilibrio.

Esiste un bene comune globale a cui possiamo tendere solo riconoscendo ciò che ci lega, rinnegando ciò che ci divide. Certo, il dialogo e la ricerca di soluzioni comuni sono sempre operazioni delicate, percorsi ardui e lunghi, ma necessari e indispensabili. Non va mai dimenticato che l’umanità in questo mondo è solo ospite.

Se, dunque, gli uomini non vorranno essere essi stessi cancellati e distrutti serve un movimento globale, una mobilitazione da parte di tutti in quanto esseri umani. Poiché la terra sarebbe ancora in grado di sfamare una popolazione mondiale sette volte superiore all’attuale.

Faccio mie le parole di Jacques Maritain: “Verrà un giorno in cui questa grande patria, che è il mondo, ritroverà in buona parte (….) il fine vero per cui è stata creata (…) poiché io penso che la meravigliosa pazienza di Dio non sia ancora esaurita, il giudizio finale non avverrà domani”.

di Antonio CARCERANO

La rubrica “Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna.

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