Uno sguardo d’intorno/2 Ma come se la passano fuori da Castelvetrano?

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
14 Luglio 2020 08:00
Uno sguardo d’intorno/2 Ma come se la passano fuori da Castelvetrano?

Nella giornata di domenica abbiamo pubblicato la prima parte dell’inchiesta di Giacomo Bonagiuso su come se la passano negli altri comuni, se ve la siete persa la potete leggere qui: https://www.primapaginacastelvetrano.it/uno-sguardo-dintorno-parte-1-ma-come-se-la-passano-fuori-da-castelvetrano/ oggi vi proponiamo la seconda e ultima parte:   A marcia indietro, continuando il nostro viaggio intorno a Castelvetrano,  ci troviamo, passata la curva, a Mazara del Vallo, che dopo il regno di Nicola Cristaldi, zar, si è trovata con una Casbah totalmente rivitalizzata e un lungo mare tutto nuovo.

Si possono sfottere le Quartare sparse ovunque quanto si vuole, specie perché firmate Hajto (e Hajto, si sa, è Cristaldi) ma l’impatto della resilienza cristaldiana su Mazara è stato fortissimo. Nulla di tutto questo, al momento, sembra essere in grado di pareggiare non tanto Quinci, che è uomo di valore, ma il suo entourage, da Abbagnato in su e giù, che hanno fallito completamente l’approccio all’anno Consagriano, e sono stati salvati proprio dal Covid da un tonfo epocale. Per altro di cultura a Mazara non ce n’è molta, se togliamo l’eroica resistenza dell’Istituto Euro Arabo e poche altre cose letterarie, diciamo che l’apericena vince su tutto.

Sta a Quinci, dunque, e ne ha ogni capacità e legittimazione, prendere in mano le bisaccce, tirando qualche calcio alla carovana, e indicare con fervore la direzione. Non diventerà zar, come Nicola I, ma almeno primus inter pares deve diventarlo, e farlo pure pesare. Troppe deleghe, troppo brodetto.   A Marsala i marsalesi si lamentano ma hanno un signore come Sindaco, Di Girolamo, che pur tra gaffe e l’invenzione del “Digirolamese”, è davvero una brava persona. La movida premia marsala e sebbene la cultura non abbia il livello dei tempi del Jazz Festival, e primeggino spesso i più arruffoni e arraffoni, restano in attività anche locale moltissimi artisti di livello: da Alessio Piazza a Massimo Pastore, da Luana Rondinelli a Chiara Vinci, da Federico Brugnone a Paola Giacalone, da Diana D’Angelo a Fabrizio Lombardo, da Michele Pantaleo a Gino De Vita.

  Poi c’è l’eccezione Gibellina che vive del fascino delle sue Orestiadi, cui recentemente si è legato, con intelligenza, anche l’indotto delle cantine, con vigneti collinari che tentano il volo. La Città, un tempo appassionata nello scontro tra Corraiani e Anticorraiani, oggi sembra sospesa in una stasi. Non ci sono soluzioni e, come per Campobello o per Castelvetrano che dovrebbero legarsi rispettivamente a Cave di Cusa e a Selinunte, così Gibellina dovrebbe delegare i suoi luoghi di culto alle Orestiadi e lasciarsi assorbire in quella programmazione, rianimando il Palazzo Di Lorenzo, la Chiesa madre di Quaroni o la meravigliosa piazza su cui troneggia Consagra.

  Salemi, più su, ha cercato una riscossa, in vero più formale che sostanziale. Certo, non siamo più ai tempi di Crimi e delle sue stories che tanto appassionavano il gossip politico. Ma neanche al tempo di Sgarbi che, pazzo o scalmanato, davvero ne proiettò l’esistenza al mondo. Venuti non dà quasi mai scandalo, ma ancora Salemi non decolla per come potrebbe.   San Vito Lo Capo resta una specie di isola a sé, come lo è Custonaci; avvinghiata alle sue bandiere blu e al suo mare, oggi gode del Cous Cous Fest.

Sebbene la targa mainstream sia la stessa di Inycon, la manifestazione non degrada in sagra, e speriamo non lo faccia proprio ora.   Infine il capoluogo, Trapani, che svegliata dal sonno che ne ha nascosto a lungo la bellezza, oggi splende in modo piuttosto serio, nei suoi ristoranti, bistrot, e nel suo centro storico. È l’unica a non avere un teatro, tuttavia, ma ha l’università… Oggi, ancora di più, vede soffrire molto la sonnollente cultura locale.   E Castelvetrano? Che cosa aspetterà mai a svegliarsi facendo diventare tutte le risorse, che neanche elenchiamo, realtà?   Giacomo Bonagiuso

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