La domanda è: Perché la Diocesi di Mazara che una volta si estendeva in tutta la provincia di Trapani e in alcuni centri della provincia di Palermo oggi può contare su uno ristretto territorio? Perché la Diocesi comprende appena tredici comuni della provincia di Trapani?. Gli artefici sono stati sicuramente i vescovi del tempo e le direttive del Vaticano, le cause sono legate ad una vorticosa diminuzione delle vocazioni e quindi di preti, di controlli sulle vicende parrocchiane senza personale adeguato, ma anche di problemi di economia.
Lo affermano diversi vaticanisti ed anche studiosi del fenomeno. La Diocesi di Mazara ebbe un taglio netto a cominciare dal 1844 e fino al 1950 perdette numerosi territori. Le parrocchie, che prima erano almeno 300 si sono ridotte a 67. Una questione che parte da lontano e non mancarono i tentativi anche di carattere politico per una riforma delle Diocesi. Per esempio, nel 1929 Benito Mussolini aveva condiviso con il Vaticano l’intenzione di far collimare il numero di diocesi e province.
Il motivo era politico: far sì che lo Stato, attraverso la figura del prefetto, potesse controllare la chiesa. Nel protocollo del Concordato, poi, c’era l’articolo 16 che imponeva una revisione delle circoscrizioni diocesane. L’esito fu nullo. Raccontiamo cosa è successo nella Diocesi di Mazara. Siamo tra l’anno 1000 e il 1100. Il Papa esercitava un dominio territoriale al di fuori dello Stato della Chiesa attraverso la rete dei vescovi. Collocato stabilmente nella sua città, il vescovo governava il territorio circostante, che costituiva la sua diocesi: al suo interno, egli era il supremo responsabile dei fedeli e dei chierici, cioè coloro che componevano l’organizzazione ecclesiastica (in contrapposizione a “laico”, che non appartiene al clero. Vescovi e abati usufruivano di un patrimonio più o meno grande, di proprietà della Chiesa.
Dal punto di vista sociale, vescovi e abati erano dunque signori ecclesiastici, con le stesse funzioni dei signori laici : avevano titoli signorili. Mazara era un grande vescovado. Nel settembre del 1093 il normanno Ruggero d’Altavilla, che nel 1072 aveva restituito «Mazara all’Europa cristiana», fondava la Diocesi di Mazara assegnandole un vastissimo territorio che confinava a nord, ovest e sud con il mare e a est con i territori di Carini e Corleone e il fiume Belice, e ne affidava il governo a Stefano de Ferro, suo consanguineo.
La fondazione della Diocesi rientrava nel disegno politico di ri-cristianizzare la Sicilia e di riorganizzazione della Chiesa latina. Progetto particolarmente a cuore a Urbano II che nel mese di marzo del 1088 si recò in Sicilia, a Troina, per incontrarsi con Ruggero. Il riconoscimento pontificio della Diocesi di Mazara fu ufficializzato dallo stesso Urbano II con la bolla del 10 ottobre 1098 e confermato il 15 ottobre 1100 dal suo successore Pasquale II. Il diploma di Ruggero conteneva i confini della nuova diocesi e una importante donazione di natura feudale: un complesso di ventitré feudi per un totale di circa tredicimila ettari a occidente della città, lungo la destra del fiume Mazaro, che comprendeva l’antico villaggio arabo di Mandil Bizir con bagli, magazzini e fosse per il grano.
Donazione che poneva il vescovo di Mazara alla testa della nuova aristocrazia feudale della Sicilia occidentale. La Diocesi rimase nei confini stabiliti dal conte Ruggero sino al 1848. In quell’anno, in seguito al motu proprio del 20 maggio "In suprema militantis Ecclesiae” di Gregorio XVI, vennero ristrutturati i confini delle diocesi siciliane e Mazara perdette ben nove comuni, che vennero aggregate alla Diocesi di Monreale; con successivo motu proprio del 31 maggio ”Ut animarum pastores” Mazara vide ulteriormente ridimensionati i suoi territori: perdette la città di Trapani e tutti i paesi che costituirono la nuova Diocesi di Trapani.
Il 1844 è l’anno fatale per la Diocesi, che subisce un duplice smembramento: col primo, avvenuto in forza della Bolla pontificia “In suprema militantis ecclesiae” di Gregorio XVI del 20 maggio 1844, vengono aggregati all’Arcidiocesi di Monreale i seguenti nove comuni: Borgetto, Capaci, Carini, Partinico, Terrasini, Balestrate, Torretta, Valguarnera Ragalì. Con la Bolla pontificia “Ut animarum pastores” del 21 maggio 1844 viene smembrato dalla diocesi l’intero territorio della Diocesi di Trapani con i seguenti comuni: Trapani, Erice, Paceco, San Lorenzo (Xitta) e le isole di Pantelleria, Favignana, Levanzo e Marettimo.
E la città ed i cittadini come vivevano? Erano interessati alle vicende dei ridimensionamenti diocesani? Non erano assolutamente interessati alle “cose di chiesa” ma alle decime da versare alla mensa vescovile. La città, a livello economico e politico, tra l’altro, non stava vivendo un buon momento perché usciva dai moti rivoluzionari del 1820. Al Comune i bilanci erano in nero e si deve arrivare al 1843 per trovare un bilancio in condizioni meno deplorevoli dei precedenti. In sostanza, una situazione finanziaria quasi uguali a quella che si vive oggi.
Sindaco del tempo era il notaio Epifanio Barracco che durò un anno, poi venne eletto Luigi Maranzani ma anche questi durò pochissimo. Intanto vennero pubblicate tutte le decime che gli agricoltori mazaresi dovevano versare, come si diceva, alla “menda vescovile”. In quel tempo, siamo tra il 1833 e il 1846, sul territorio mazarese coltivato a grano vi erano 1025 salme di grano, quelle ad orzo 354. Nel 1846 l’agro mazarese venne diviso in sette sezioni che riflettevano altrettanti quartieri della città.
Gli uomini coinvolti nelle vicende comunali e politiche non interessano il Vescovado, né i vari vescovi succeduti nel tempo si avvicinano al palazzo municipale. Non si guardavano in cagnesco ma quasi. Facciamo un salto nel tempo di oltre 100 anni e la Diocesi continua a perdere città e terreni. Nel 1950 subisce un ulteriore smembramento. Vengono aggregati alla Diocesi di Trapani, in esecuzione del decreto della Sacra Congregazione Concistoriale del 24 settembre, altri tre comuni: Alcamo, Castellammare del Golfo e Calatafimi, mentre l’isola di Pantelleria viene trasferita da Trapani alla Diocesi madre di Mazara (in foto di copertina una delle meravigliose stanze del palazzo vescovile di piazza della Repubblica).
Altro salto nel tempo. Nella Diocesi Mazara la data storica rimane l’8 Maggio del 1993. La Chiesa di Mazara celebra i novecento anni dalla sua istituzione. Sua Santità Giovanni Paolo II, nell’ambito delle celebrazioni centenarie, indìce per la Chiesa di Mazara un anno giubilare straordinario. Accolto da una immensa folla convenuta da tutta la Diocesi, concelebra con il vescovo e tutto il presbiterio diocesano nel piazzale antistante la chiesa San Vito a riva di mare. Una grande festa religiosa di popolo e di colori.
Da non dimenticare!
Salvatore Giacalone