Siamo in un momento di crisi, di difficoltà straordinaria. Questo virus si diffonde molto rapidamente perchè la gente se lo passa l’un l’altro. Inoltre, e in particolare, questo virus porta in ospedale molte persone, più di quanta ce ne portino le altre malattie egualmente gravi, e inoltre cominciano a crescere i malati in terapia intensiva, al punto che potrebbe riprodursi una situazione del genere di quella di marzo scorso.
Infine, è una malattia nonché ‘maledetta’, ‘infida’: un sacco di gente perbene e tranquillissima si infetta e non se ne accorge, e quindi sparge l’infezione. E, come se non bastasse, l’afflusso massiccio di ammalati agli ospedali, costringe a rinviare terapie e indagini su malati gravi di altre malattie come il tumore: che vuol dire provocare certamente altri morti. E allora? E allora è evidente la confusione estrema che regna nel Paese. Il cittadino è frastornato dalla continua “comunicazione parossistica” di Governo, Regioni, Comuni, virologi, statistici, infettivologi, filosofi, tutti italiani o esuli.
Tutti questi comunicatori, spesso fanno una grande confusione anche perché sono tutti più bravi degli altri specialmente nel parlare “con cautela” nel “dire e non dire”, nelle mezze misure, il cui unico risultato è quello di lasciare intendere alle persone che in fondo si tratta della solita mega-chiacchiera politica incomprensibile, e che si sta solo esagerando per oscuri motivi. Tesi, peraltro, mai nascosta, anzi, strombazzata da una parte di tutti quelli citati prima e da una parte della stampa.
Occorrerebbe che il Governo prendesse in mano la situazione, magari esercitando il ‘potere sostitutivo’ che gli dà la Costituzione.Non si tratta di imporre altri divieti ma di mettere fine alla varietà degli stessi e, talvolta, anche alla loro fantasiosità. I cittadini, così, avrebbero un punto di riferimento unico e chiaro: capirebbero bene cosa fare, perché, e come. Certo, occorrerebbe coraggio e pelle dura, perché ogni iniziativa troverebbe, come del resto trova oggi, mille opposizioni e tentativi di boicottaggio.
Ma almeno sarebbe una direzione unica e chiara, univoca. La gente chiede almeno questo e di non essere frastornata da tesi e ipotesi mentre il virus viaggia nei nostri corpi. Emergono ancora una volta situazioni pericolose nelle strutture sanitarie siciliane. Una sorta di guerra tra poveri perché, diciamola francamente, per la sanità c’è una questione meridionale mai risolta. Da mesi tutti gli Ordini dei medici meridionali denunciano la sottostima delle risorse destinate al Sud, che sono state ridotte all’osso dal Ministero della Salute, imponendo tagli al personale e alle prestazioni.
Dopo avere assecondato per anni interessi clientelari, azzerando ogni controllo sulla spesa e utilizzando la sanità il più delle volte per scopi elettorali e di consenso, la nuova rete ospedaliera evidenzia carenze nella gestione nei servizi e delle risorse disponibili, eludendo l’adozione di scelte chiare e forti nella programmazione socio-sanitaria e nel riordino della stessa rete. Una situazione che ha schiacciato e compromesso le strutture sanitarie portandole al collasso operativo in termini di servizi e di occupazione.
Oggi siamo arrivati solo alla guerra tra poveri.
Un esempio sono i problemi denunciati da forze sindacali relativamente alle strutture dell’ospedale Abele Ajello di Mazara e del Vittorio Emanuele di Castelvetrano. Illumina la scena una interrogazione del deputato regionale Claudio Fava, indirizzata all'assessore regionale alla Salute Ruggero Razza. Fava solleva alcune questioni e, in particolare, chiede chiarimenti in merito alla deliberazione n. 1197 del 24/11/2021dell’ASP di Trapani “in merito alla realizzazione della UOS di emodinamica nel territorio della provincia di Trapani; se è prevista una verifica in merito al mancato utilizzo della strumentazione “Angiografo Fisso” che risulta ancora non installata e non operativa nell’ospedale di Castelvetrano, se siano state verificate le condizioni strutturali, logistiche, di sicurezza e di organici per realizzare presso l’Ospedale di Castelvetrano una unità operativa semplice di emodinamica e quali interventi siano stati programmati per il potenziamento dell’O.P.
di Castelvetrano per garantire il ruolo e la funzionalità dello stesso nel sistema sanitario regionale". Fava ricorda nell’atto ispettivo che, con decreto dell’assessorato alla salute n. 943 del 20/09/2021 il Presidio ospedaliero “Abele Ajello” di Mazara del Vallo viene classificato come DEA di Primo Livello e il presidio Ospedaliero di Castelvetrano quale presidio Base; tale classificazione viene recepita con deliberazione n. 1197 del 24/11/2021dell’ASP di Trapani ma il Presidio Ospedaliero “Abele Ajello” di Mazara del Vallo non risulta, al momento, dotato di U.O.C.
di rianimazione, struttura prevista in quanto D.EA di primo livello. L’apparecchiatura “Angiografo Fisso” acquistato per il P.O. “Abele Ajello” in sostituzione di precedente macchinario soggetto ad usura e tecnologicamente superato risulterebbe dirottato presso l’Ospedale di Castelvetrano. Risulta all’interrogante come detta apparecchiatura sia ancora non installata e immagazzinata da oltre 6 mesi poiché risulta non istallabile nella struttura di Castelvetrano a causa la mancanza di adeguati locali previsti dalle norme: in particolare pareti in piombo, spazi definiti per attesa e intervento, ricambi d’aria/ora dall’esterno, temperatura e umidità da mantenere in range molto ridotti.
Nel testo dell’interrogazione, Fava rileva che “l’eventuale nuova istituzione di una unità di emodinamica presso il P.O. “Abele Ajello” di Mazara del Vallo rispetto all’Ospedale di Castelvetrano che è più decentrato, garantirebbe un più ampio bacino di utenza sia a sud di Marsala che per tutta la Valle del Belice con tempi di percorrenza assolutamente idonei, inoltre consentirebbe di potenziare il P.O. di Castelvetrano per garantire al meglio interventi di sanità territoriale”.
L’emergenza coronavirus vissuta lascerà sicuramente delle cicatrici nella memoria di tutti. In questo caso diventa fondamentale distinguere gli effetti del Coronavirus sulla memoria personale (autobiografica) da quella collettiva (di comunità). Nel primo caso ci riferiamo ai ricordi e alle memorie personali. Saranno tante le persone che dopo questo evento avranno perso un caro o saranno costrette a chiudere i battenti della propria attività. Così come saranno tante le famiglie che dovranno rovistare nella dispensa per trovare qualcosa da mettere in tavola. Insomma memorie personali molto intense, ma diverse l’una dall’altra, con cui ognuno dovrà convivere e che senz’altro determineranno in qualche modo le traiettorie di vita in termini di scelta o, più spesso, di necessità.
Tracce importanti ci saranno anche a livello di memoria collettiva. Cambiamenti anche nelle dinamiche relazionali. Più di ogni altra cosa, desideriamo tornare ad abbracciarci, a condividere esperienze, e non solo sui social. Quando il Coronavirus non sarà più un pericolo, queste, saranno le prime cose che torneremo senz’altro a fare. Non vediamo l’ora.
Salvatore Giacalone