Ultime della sera: “Scossa e…riscossa!” (parte prima)

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
28 Novembre 2020 18:14
Ultime della sera: “Scossa e…riscossa!” (parte prima)

La recente ricorrenza dei 40 anni dal terremoto dell’Irpinia del 1980, mi ha fatto tornare in mente alcuni indelebili ricordi legati all’esperienza di quello che è stato un devastante terremoto per le zone a noi vicine della Valle del Belice del 1968. E non sono solo quelli dei giorni trascorsi al sicuro in un vagone ferroviario trasformato in dormitorio; di un clima e atmosfera irreale ma che per noi bambini era ideale cornice per giochi nuovi. Se è vero, come è vero, che il numero delle vittime del 1980 è stato quello più alto nella storia degli eventi sismici dell’epoca moderna nel nostro paese, non possiamo certamente non tener presente che 12 anni di distanza (e il sisma del Friuli del 1976 nel frattempo), hanno certamente fatto una certa differenza nel modo di fronteggiare in termini organizzativi gli eventi di tal genere.

Non a caso dopo il sisma del 1980 è stato approntato in Italia il Servizio della protezione civile nazionale. Ma veniamo a noi. Era appena l’alba del nuovo anno quando il 15 Gennaio una forte scossa sconvolse un ampio territorio rurale compreso tra le provincie di Trapani, Agrigento e, marginalmente, quella di Palermo. Vale la pena di sottolineare che erano gli anni del boom economico post-bellico e l’anno in cui sarebbero sorte le prime grandi contestazioni giovanili. Tutto ciò, però, era molto lontano da quelle vallate percorse dal fiume Belice dove l’economia era fortemente radicata e basata su un sistema agricolo familiare e su una economia di vicinato solidale.

Inoltre, le zone interessate non erano classificate come zone a forte rischio sismico e l’evento fu inizialmente sottovalutato; senza contare le difficoltà fisiche di far arrivare i soccorsi in fondo al continente europeo neppure attraversato nella zona da adeguate infrastrutture stradali. Insomma, a Roma e nel continente pensavano ad altro; la nazione non era esperta in terremoti e poi la Sicilia è stata sempre una regione ad elevata autonomia statutaria e legislativa. Tutti argomenti utili a ritardare.

Per fortuna la gente già dalla notte precedente dormiva per le strade e il numero delle vittime fu veramente limitato per il comprensorio di popolazione interessato. Il resto è storia di ordinaria povertà, disagio, abbandono, che ha caratterizzato chi viveva nella zona fino alla scomparsa dell’ultima baracca avvenuta neanche tanto tempo fa mentre nei lunghi anni trascorsi i soliti affaristi senza scrupoli e uomini del malaffare connivente, si sono arricchiti sulla pelle della povera gente.

Questa è cronaca triste ! La parte buona dove sta? Sta nella gente che ha saputo ripartire dalle macerie; nella solidarietà di tante famiglie siciliane che si sono rese disponibili ad ospitare nelle loro case (tante anche a Mazara) le famiglie terremotate; sta negli aiuti arrivati dall’estero e da tanti siciliani figli di quella terra emigrati nel mondo. E poi sta anche nel grido e nella voce di un grande sacerdote (poi diventato Vescovo), Mons. Antonio Riboldi che da parroco di Santa Ninfa levò la sua denuncia contro i ritardi dello Stato raccogliendo le risposte del Gen.

Carlo Alberto Dalla Chiesa e dell’On. Piersanti Mattarella; tenendo poi sempre la ribalta con i suoi viaggi con i ragazzi con i quali si è recato in udienza dal Papa Paolo VI e dagli onorevoli Moro e Pertini. Insomma una riscossa partita dal basso; una riscossa della gente per la gente. Una riscossa partita da una…scossa!!! Una riscossa dura, silenziosa e lunga. Il Belice è ripartito allora e ora è un territorio difficile ma vivace. Le sue città sono rinate dalle macerie e alcune hanno avuto anche il grande coraggio di allocarsi in zone nuove e su nuove direttrici.

Un coraggio, una riscossa che tanta stampa e tanti cronisti non hanno mai evidenziato abbastanza e che ha una sola grande matrice: l’umiltà, la dignità, la consapevolezza e la solidarietà che la gente ha saputo tirar fuori in quei difficilissimi anni durati…troppo. A questi valori ci inchiniamo perché sono quelli che sentiamo nostri e che ci appartengono. Ritenevo giusto condividere con voi lettori perché la memoria fa parte di noi. E poi: è la conferma che da ogni scossa può nascere una migliore riscossa.

Vi rimando al prossimo articolo per la seconda puntata sul…terremoto.   Mare CALMO

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