Ultime della sera: “Il giorno giusto”

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
03 Febbraio 2021 18:49
Ultime della sera: “Il giorno giusto”

di Danilo MARINO Se uno spettro si aggira per le famiglie italiane, è lo spettro della classe insegnante. Chiunque abbia una madre, una partner, una sorella, una figlia docente in una qualunque scuola di ogni ordine e grado mi comprenderà al volo, ricordando conversazioni fiume, ad andamento totalmente univoco, ove l’argomento scuola monopolizza l’attenzione per periodi indefiniti, sia quello del pasto, della passeggiata o della gita, scanditi da un glossario a base di termini tipo: ‘collegio’ ‘vicaria’ ‘interclasse’ ‘programmazione’ ‘curriculare’ ’compresenza’ ‘ambito’, alcuni dall’intuibile significato, altri più astrusi, ma di cui nessuno oserà mai chiederne la spiegazione, pena prolungamento indefinito del monologo scolastico della madre barra partner barra sorella barra figlia docente.

Ma nemmeno la totale allergia, comunque motivata, a tutto quanto sappia di scolastico, potrà distogliere dalla lettura de ‘Il giorno giusto’, l’opera prima di Annamaria Piazza, novità letteraria sorprendente nel panorama letterario cittadino e non solo, nonostante il lettore sia immediatamente avvertito, dato che l’autrice si dichiara professoressa di lettere fin dal risvolto di copertina, che la sua concezione della missione dell’insegnamento rappresenti uno degli assi portanti del libro, pur senza esaurirlo; ma non si creda che si tratti solo del dovuto tributo dell’autrice alla sua vita pregressa o, peggio, di incapacità a staccarsi dalla forza attrattiva di un buco nero che la trattiene come trattiene chiunque abbia a che fare, professionalmente, con il mondo della scuola.

No, Annamaria Piazza affronta il tema in maniera talmente diretta e coinvolgente da attrarre  istantaneamente il lettore, che si immedesimerà in una strenua competizione contro l’approccio sbagliato all’insegnamento, la degenerazione dell’istituzione scolastica, l’inaccettabile metamorfosi dei rapporti con i  discenti e le rispettive famiglie, appassionandosi agli sviluppi a dispetto dell’eventuale refrattarietà alla materia, vuoi per naturale disinteresse all’insegnamento, vuoi per involontaria overdose da argomento subita, vuoi per entrambe le ragioni (io!) Al suo esordio l’autrice dimostra di padroneggiare già con maestria, direi con naturalezza, quei meccanismi letterari che catturano il lettore fin dalle prime righe conducendolo lungo un filo che non tutte le narrazioni, invero presentano; meccanismi che, nel caso della nostra scrittrice sono un tutt’uno con un suo stile immediatamente riconoscibile, intriso di una schiettezza al limite del politicamente scorretto che catalogherei (indegnamente, si capisce, non essendo critico di professione) con una definizione ad hoc: il “categoricismo”, connotante i passaggi più spassosi ed efficaci del libro: come quello sulle amiche della madre di Ada, la protagonista, di cui si saluta, non proprio con afflizione, la condizione vedovile che le ha liberate da mariti non proprio memorabili o sulla replica alla collega, rivendicante la ‘serenità’ dei suoi alunni durante le sue ore, in termini che non potrebbero essere più tranchant circa l’effettiva attività della collega in quei frangenti.

Ma, si accennava, la dimensione scolastica non esaurisce questa opera prima, le cui pagine più profonde si rinvengono anzi in quelle dedicate alla sfera più intima, includenti anche una sorprendente e toccante rielaborazione del Padre nostro, che colpisce anche il non credente. Né le intuizioni finiscono qui: le ultime pagine sono dedicate all’amicizia, un sentimento che per Ada assume una tale importanza da meritare, nel senso da lei inteso, una definizione più compiuta, quella di ‘amicizia carnale’, ad indicare una condizione di complicità amicale, maturata in decenni di assidua frequentazioni e temprata dalle più variegate esperienze vissute in comune, talmente intensa dal finire con l’essere, talvolta, mal digerita da partners sopravvenuti di amici storici, timorosi di non poterne mai vantare una di pari intensità con i rispettivi compagni perché incapaci, taluni, di cogliere che il fascino dei propri partners si radica proprio nelle vicende vissute crescendo insieme ai loro amici, condividendone la formazione.

E così i capitoli finali si sviluppano su una serie di personaggi in cui l’autrice riversa caratteri, esperienze, vicende ed atteggiamenti tratti, verosimilmente, da persone a lei vicine e popolanti il suo mondo particolare che, come quello della protagonista, ruota soprattutto intorno a Mazara del Vallo, fattore che non impedisce ad Ada ed ai componenti la sua cerchia di trovarsi a proprio agio ovunque, anzi forse più al Ronnie Scott’s jazz club di Londra od al di sopra del Circolo polare artico che sul lungomare cittadino, avendo tutti coltivato una vocazione cosmopolita, con riferimenti culturali in prevalenza anglo-americani, a dimostrazione del fatto, assiomatico per l’autrice, che il provincialismo è una condizione interiore, non geografica.

Si badi che le figure abbozzate potranno sembrare ispirate dalla realtà, ma sono accuratamente elaborate in modo da risultare del tutto originali, come le vicende di cui sono protagoniste, ispirate a fatti magari realmente accaduti, ma arricchiti da svolgimenti di fantasia, descritti in godibili intrecci, come la rimpatriata finale in una Saint Malò familiare quanto la vicina Santa Ninfa. Lungi da Annamaria Piazza la tentazione di riversare di peso amici e conoscenti nel suo libro: queste sono operazioni cui ricorrono solo scrittori pigri od a corto di idee od in vena di amenità come, che so..

Ernest Hemingway in Fiesta, o Francis Scott Fitzgerald in Tenera è la notte...   La rubrica “Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna. Per contatti, suggerimenti, articoli e altro scrivete a: amicidipenna2020@gmail.com

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