Oggi si celebra la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, segno che, grazie ad un percorso evolutivo a livello culturale e sociale, certi comportamenti nei confronti delle donne, adesso, sono considerati inaccettabili. Si tratta sicuramente di una conquista di cui l'umanità può andare fiera, ma c'è ancora tanta strada da percorrere per sconfiggere definitivamente la prevaricazione e la violenza. Di recente Michela Murgia, attivista in questo campo, ha affermato che "La violenza è un fiore che germoglia sulla pianta della disuguaglianza".
La condivido perché, per quanto ci sia il concorrere di numerosi fattori nei comportamenti mortificanti verso le donne, ritengo che il punto di partenza sia fondamentalmente la disuguaglianza ancora persistente. A primo acchito si può pensare che questa sia stata di gran lunga superata. Le donne lavorano, studiano, sono indipendenti. Quindi, di cosa stiamo parlando? Ebbene, rispetto al passato , le cose sono cambiate, anche se, in ambito professionale, non si può dire che sia stata raggiunta un'assoluta parità e molte donne faticano a trovare un lavoro ben retribuito che possa consentire loro l'indipendenza economica.
Ma ciò che non è cambiato per niente è il modo in cui gli uomini vivono e si pensano all'interno di una relazione con una donna. Secoli di evoluzione culturale non hanno sortito alcun effetto di emancipazione. Siamo rimasti allo stato ancestrale, nel coacervo delle emozioni e degli istinti, dove il pensiero non arriva. Tutto resta immodificato, non solo nei singoli individui, non solo nella famiglia , ma nella società intera e in questo sistema primordiale predominante non c'è posto per una concezione paritaria della donna rispetto all'uomo.
Sembra un paradosso, ma è la realtà:una donna può ricoprire ruoli di comando, prendere decisioni autonome che nessuno le contesterà, ma nel rapporto con un uomo non può decidere, né agire, senza dover affrontare un tribunale pieno di giudizi gratuiti e pregiudizi inossidabili; sentenze di condanna sulla base di stereotipi relativi ad una condizione di "scontata" inferiorità. Ciò che l'uomo può fare, la donna non può nemmeno pensare. Forse la società odierna non giustifica più le dinamiche di possesso maschile nei confronti di una donna, ma sappiamo anche quanto, a livello culturale, venga colpevolizzata la sessualità femminile.
Se una donna viene licenziata e messa alla gogna mediatica per aver mandato immagini hot ad un uomo di cui "sventuratamente" si è fidata e se le donne si schierano contro altre donne per difendere un maschilismo profondamente radicato, allora è questo il cuore del problema. È qui la disuguaglianza, ed è qui che l' uomo pensa di avere il diritto di maltrattare, di ricattare, di picchiare e di uccidere una donna. Ma qui è anche la sfida educativa e questi sono i termini in cui si ha il dovere di intervenire in modo incisivo, affinché il futuro porti con sé un cambiamento sostanziale.
Con questo articolo voglio ricordare tutte le donne a cui è stata negato il soffio della dolcezza e il calore della tenerezza e che hanno vissuto con la convinzione che "sopportare" fosse la cosa giusta. Vorrei poter ricordare tutte le ragazze i cui sogni sono stati spezzati e tutte le madri che hanno visto i figli crescere nella violenza, senza riuscire a dire basta. Questo articolo è per le donne, maltrattate, derise, abusate, insultate, giudicate, per le donne che avrebbero potuto salvarsi, se solo avessero incontrato un briciolo di solidarietà.
Concludo con i versi di una canzone, purtroppo dopo tanti anni ancora attuale, scritta da Luca Barbarossa, che racconta la storia di una ragazza vittima di violenza sessuale. La ragazza, rimasta sola, pensa ai sogni spezzati e all'amore che gli è stato rubato. "L'amore rubato" (Luca Barbarossa) …”E lei sognava una musica dolce E labbra morbide da accarezzare Chiari di luna e onde del mare Piccole frasi da sussurrare E lei sognava un amore profondo Unico e grande, più grande del mondo Come un fiore che è stato spezzato Così l'amore le avevan rubato”…
Josepha BILLARDELLO