Ultime della sera: “Chiara d’Assisi”

L’amore per Cristo condussero Chiara e Francesco lungo il cammino del Vangelo

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
11 Agosto 2021 18:30
Ultime della sera: “Chiara d’Assisi”

Nell’età rigogliosa e spensierata della giovinezza, una fanciulla di nome Chiara, dai capelli d’oro e dal volto raggiante di grazia e di bontà, decise di abbandonare i propri averi e i propri affetti per consacrare la sua vita a Gesù.

L’incontro con Francesco, le cui parole di fede e d’amore avevano il potere di commuovere perfino le anime dei non credenti, avvenne nella domenica delle palme del 1211, (810 anni fa), quando Chiara aprì le sue braccia all’ordine francescano diventando ancella del Signore.

In un’atmosfera delicata, e illuminata dai raggi della luna che penetravano nella chiesetta della Porziuncola, Francesco recise i lunghi capelli della giovinetta donandole sull’istante una veste priva di qualsiasi ornamento.

L’amore per Cristo, e la fede nello Spirito Santo (sceso sulla giovane donna grazie all’educazione materna) condussero Chiara e Francesco lungo il cammino del Vangelo che insegna a tutti gli uomini di buona volontà la storia di Gesù, uomo povero e di cuore umile morto sulla croce per redimere i peccati del mondo.

Nella dolcezza dell’amore offerto a Dio, Chiara e Francesco scoprirono il forte legame che teneva stretto l’uno all’altro e tra i due nacque una profonda amicizia o, meglio ancora, un amore spirituale da cui trassero il coraggio e l’energia per aiutare i poveri e i bisognosi nei quali non smisero mai di riconoscersi. Chiara e Francesco vissero un sentimento puro e verginale (nel quale si riflette il volto del Signore), e condivisero, in un clima di pieno rispetto e di gratitudine reciproca, le asperità e le gioie della vita.

Se è vero che l’amore da un senso all’esistenza degli uomini, allora Chiara e Francesco, nell’unione di anime affini e nella devozione a Cristo, si fanno messaggeri di un cammino di vita dove la crescita umana non prescinde da quella religiosa.

L’amore cortese di cui era imbevuto Francesco, appartenente ancora all’epoca in cui l’amore casto verso la donna – prototipo di bellezza ideale e fonte di virtù – costituiva il mezzo necessario per raggiungere un alto grado di elevazione spirituale, ci permette di comprendere l’affezione quasi paterna e i modi gentili che il Santo d’Assisi riservò a Chiara (la quale dispensò parimenti cure amorevoli e premurose). Si completarono a vicenda, senza che l’uno intendesse mai prevalere sull’altro. Francesco accolse infatti nella sua essenza di uomo le qualità femminili di Chiara (tenerezza, sensibilità e pazienza), come pure i germi di quel mistero insito nella procreazione.

Chiara fece invece sue le doti maschili di cui Francesco era custode: la forza fisica (in parte tradita dall’aspetto esile del corpicino) e morale, la ragione e l’ordine delle cose. Sopra il terreno divino Chiara e Francesco affondarono le radici di un amore religioso e, nel contempo, caritatevole.

Ciascuna relazione affettiva tra uomo e donna dovrebbe porsi sull’esempio dei due santi: aperti entrambi, con equilibrio e serenità, alla comprensione dell’altro andarono scambiandosi vicendevolmente le ricchezze umane e morali di cui erano portatori. Non bastano dunque gli effimeri e fugaci piaceri del mondo terreno, poiché ciò che conta è davvero l’amore, in qualunque forma esso si manifesti.

Purché si ribelli sempre alla violenza e al velo dell’oppressione.

Chiara nasce ad Assisi da Favarone di Offreduccio e Ortolana, esponenti del ceto aristocratico-nobiliare. Durante la sua giovinezza è attestato dai dati storici l’incontro con Francesco d’Assisi. Bona di Guelfuccio ricorda che più volte ella stessa accompagnò Chiara «ad parlare ad sancto Francesco, et andava segretamente, per non essere veduta da li parenti». Da queste poche parole emerge già la figura di una ragazza forte, tanto sicura delle proprie idee da sfidare anche il giudizio della famiglia e le dicerie che, in un paese piccolo come Assisi, inevitabilmente saranno circolate in merito, come testimonia Ugolino di Pietro Giradone, cavaliere di Assisi, quando descrive le circostanze in cui la ragazza entrò in religione, a seguito delle prediche di Francesco «come è pubblico» (Processo XVI,3).

Se è vero, poi, quello che riporta Tommaso da Celano nella sua biografia su Chiara, la ragazza ebbe anche la tenacia di rifiutare il matrimonio che la famiglia aveva organizzato per lei.

Sempre più convinta della sua vocazione, è nel marzo del 1211 o 1212 che Chiara, nella notte seguente la domenica delle Palme, lascia la casa del padre e, con l’aiuto della fidata amica Bona di Guelfuccio, si reca a Santa Maria della Porziuncola, dove, lasciati gli abiti mondani, riceve la tonsura dalle mani di Francesco, un segno di penitenza e di volontà di cambiamento, ma anche un gesto forte, di rottura, pensato in accordo con il futuro santo e probabilmente con il vescovo di Assisi, Guido I.

Nonostante le pressioni, anche violente, che la famiglia mette in atto per distogliere la ragazza dal suo proposito, Chiara prosegue nel suo cammino di fede e, così, inizia per lei una sorta di peregrinatio, una fase sperimentale con vari passaggi: la troviamo prima nel monastero di San Paolo delle Abbadesse e, poi, a Sant’Angelo di Panzo, prima che possa trovare una collocazione stabile a San Damiano, dove si unisce presto a lei la sorella Agnese. Ben documentato è il gruppo delle compagne che si uniscono a Chiara nella prima ora: infatti, dalle testimonianze riportate nel Processo di canonizzazione, al miracolo dell’olio, databile nell’anno 1212-13, risulta fossero presenti Pacifica, Agnese, Balvina e Benvenuta.

Mancato l’olio nel monastero, Chiara aveva chiamato un frate che andava per elemosine per loro di modo che potesse andare a cercarlo, ma una volta andato a prendere il vaso per la questua lo aveva trovato già pieno. Questo episodio è molto importante perché oltre ad attestare con certezza quattro fra le prime compagne di Chiara, testimonia anche il sostegno dei Frati Minori alla comunità di San Damiano e, soprattutto, una permeabilità originaria fra comunità maschile e femminile, non strettamente vietata dalla clausura.

Riguardo, poi, alle compagne di Chiara va evidenziata la vicenda di Gasdia di Taccolo (Processo VI,15), caso di consorella non voluta: del gruppo di cinque donne che Francesco aveva indirizzato a San Damiano, Chiara non vuole accettare la quinta perché, secondo lei, «non persevererà nel monastero». Questo episodio serve per mettere ben in evidenza come Chiara non fosse una passiva esecutrice delle volontà di Francesco.

Negli anni 10 e 20 del XIII secolo la comunità si incrementa e nel 1215 il futuro santo scrive per la comunità femminile la Forma di vita che, studi recenti, identificano come autentica.

È nel 1228 che, invece, riceve da papa Gregorio IX il Privilegio di povertà, forse preceduto da un altro di Innocenzo III, ratificato tre giorni prima della morte di Chiara da Innocenzo IV in Assisi. Sull’autenticità del privilegio innocenziano si è molto dibattuto e la questione è ancora aperta, come controversa è anche la regolamentazione giuridica della neonata comunità di San Damiano. In questa sede è sufficiente porre in evidenza la dinamicità storica della dialettica fra due piani: quello rappresentato da Chiara e dalle compagne che cercano di difendere una via rigorosa di fedeltà all’ideale francescano di altissima povertà e quello della Curia romana che tenta, invece, di incanalare la comunità su una via più istituzionale e gerarchizzante.

Nel 1235 Chiara inizia una corrispondenza con Agnese da Praga, figlia del re di Boemia, che aveva rifiutato di sposare Federico II per seguire la regola di vita delle Donne, dalla quale emerge il ritratto di una donna forte e capace, non solo spiritualmente, ma anche intellettualmente.

Nel 1247 una bolla pontificia di Innocenzo IV permette alle donne il possesso e la proprietà dei beni, ma Chiara, intanto, firma la sua Regola, che viene approvata, dallo stesso papa, nel 1252 e ancora il 9 agosto del 1253 dove viene ribadito ancora una volta il privilegio e l’obbligo di povertà. La Regola di Chiara, la prima ad essere stata redatta da una donna per altre donne, è tutta da leggere perché da essa non solo traspare l’amore per l’ideale pauperistico, ma anche quello grande e materno verso le altre consorelle, tutte unite in quella prima persona plurale, “noi”, che ricorre continuamente.

Si spegne l’11 agosto del 1253 e viene sepolta in San Giorgio, dove poi sorgerà la basilica in suo onore e due anni dopo, il 25 settembre del 1255, è dichiarata santa da papa Alessandro IV.

Chiara non è stata solo una santa, ma una donna che, nonostante abbia trascorso a letto gran parte della sua vita, a causa della salute minata dalle continue privazioni, ha saputo combattere per la vita in cui credeva, che ha saputo farsi ascoltare e non solo sentire… che, al giorno d’oggi, è a volte più difficile che diventare sante.

di Francesco SCIACCHITANO

La rubrica “Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna.

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