Affido ai miei studenti, con una settimana di anticipo, lo studio mnemonico della poesia di Alda Merini che segna la sua nascita, lo sbocciare della primavera e il giorno dedicato universalmente alla poesia.
Li prendo all'ingresso alle h 8 nello spiazzo antistante la scuola, i miei ragazzi di prima media, e li lascio immersi nel giardino per un'ora buona a ripassare e recitare la poesia da soli di fronte a un albero di pesco fiorito, a un fiore o a un filo d'erba come più piace loro. Li vedo intenti a ripassare, a respirare l'aria ancora fredda del mattino mentre fisso le due bandiere della pace all'ingresso della scuola con chiodi e martello portati da casa.
Desidero che se lo ricordino per sempre questo primo giorno di primavera dopo due anni di pandemia e un mese di guerra, così immersi nella natura e nella poesia che, non mi sfugge, alcuni memorizzano solo lì per lì. Poco mi importa, avrò modo più tardi di tirar loro le orecchie.
Quello che davvero mi preme è che facciano ora un'esperienza bella, vera e immersiva.
Così mentre il mondo fa la guerra e gli adulti si arrabbiano fra loro e si diffamano gli uni gli altri sui social, in TV, sui giornali, nei posti di lavoro, sugli autobus, al supermercato o in auto (ché siamo noi adulti i veri bulli e i veri violenti, non i ragazzi che ci imitano...) mi convinco che non ho armi se non stendere una bandiera per la pace presa il sabato prima alla manifestazione per l'Ucraina e leggere, spiegare e memorizzare quante più poesie possibile da qui alla fine dell'anno.
Così nell'interrogarli, seduti tutti in cerchio in giardino, volano i 9 e i 10 a chi meglio ha studiato e ha recitato la poesia con pathos comprendendone il significato, e, insieme, con spirito di vera correzione elargiamo consigli a chi ha svolto il lavoro meno bene.
Sullo sfondo, davanti a noi, campeggia la figura di Alda Merini sul murales esterno della palestra. E non è solo perché due anni fa, per primi a Milano, sua città natale e d'elezione, a 10 anni dalla morte le abbiamo dedicato il nome dell'Istituto. La sua attività letteraria è intessuta della sua vita e la poesia, come l'arte e la preghiera, l'ha aiutata ad esternare ed esprimere quel dolore profondo che emergeva dalla sua personalità complessa e difficile. Il manicomio, l'elettroshock, le cure, lo stigma sociale e l'abbandono la segnarono in modo indelebile ('non sapevo che nascere folle/aprire le zolle/potesse scatenare tempesta'). Da quel dolore sgorgarono parole vive, cristalline, di una verità eterna. La poesia lenì le sue ferite. Potrà la poesia lenire le nostre?
"Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera". (Alda Merini)
di Rossella VIACONZI
La rubrica “Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna.
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