“Teatro, amore mio”. “Uno sguardo dal ponte”, capolavoro di Arthur Miller

L’opera del grande drammaturgo americano ispirò l’omonimo film che valse al grande Raf Vallone il David di Donatello

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
26 Gennaio 2022 11:09
“Teatro, amore mio”. “Uno sguardo dal ponte”, capolavoro di Arthur Miller

“Teatro, amore mio” oggi ospita l’ultimo dramma “sociale” di Arthur Miller, “Uno sguardo dal ponte” che nasce come atto unico nel 1955 e va in scena compiutamente l’anno successivo, a Londra, con la regia di un giovane Peter Brook. Ricorda il critico Masolino d’Amico che ad ispirare il drammaturgo americano, cui Hollywood aveva commissionato una sceneggiatura relativa ai bassifondi portuali di New York (per il noto film di Elia Kazan con Marlon Brando), furono le reminiscenze di un viaggio in Italia: «Il sentore di miseria e di tragicità greca che quei luoghi gli avevano comunicato”.

La vicenda, in particolare, trae origine da un fatto di cronaca dal quale Miller fu profondamente turbato: «se questa storia era accaduta, e se non avevo potuto dimenticarla in tanti anni –scrive Miller nei suoi appunti - essa doveva avere per me un qualche significato, e potevo scrivere ciò che era accaduto, e perché era accaduto; e del significato che ciò aveva per me, descrivere quel tanto di cui mi rendevo conto. Tuttavia desideravo lasciare l´azione così com’era, in modo che lo spettatore avesse la possibilità di interpretarne il significato interamente per conto suo, e accettare o respingere la mia interpretazione. Questa consisteva nell´orrore d´una passione che nonostante sia contraria all´interesse dell´individuo che ne è dominato, nonostante ogni genere di avvertimento che egli riceve, e nonostante perfino ch’essa distrugga i suoi principi morali, continua ad aumentare il suo potere su di lui fino a distruggerlo».

Ambientato nella comunità di immigrati a Brooklyn, il capolavoro di Miller concentra una serie di temi incandescenti e ancora attualissimi: la fuga dalla povertà, le tensioni dell’immigrazione clandestina, la caccia allo straniero, l’affetto morboso all’interno della famiglia. A tuffarsi nel magma di una pièce, Luchino Visconti in teatro con Raf Vallone e Sidney Lumet nella memorabile pellicola sempre con Vallone. Eddy Carbone vive giù al porto, sotto il ponte di Brooklyn, da immigrato siciliano.

Dalle prime battute, immaginiamo una vita tranquilla fatta di lavoro, di affetto e anche di serenità. Invece è successo l’inimmaginabile. Un amore morboso e il suicidio. Miller fu talmente turbato da questo fatto di cronaca che, qualche tempo dopo, volle scriverne un dramma (Uno sguardo dal ponte) tentando di staccarsi quanto più possibile dai suoi sentimenti; infatti, come lui stesso affermò: «… desideravo lasciare l’azione così com’era in modo che lo spettatore avesse la possibilità di interpretare il significato interamente per conto suo, e accettare o respingere la mia interpretazione.» In parte Miller riuscì nel suo intento.

Ma, forse, è difficile limitarsi a mettere in scena personaggi di una storia che ha significato qualcosa per il suo autore; egli deve dare voce ai suoi pensieri, alle sue emozioni. E Miller cosa fa? Mette in scena Alfieri (avvocato che vive e lavora in quello stesso quartiere) a fare da portavoce; è lui che racconta, apre e chiude il dramma, che rimane sempre sulla scena e che viene illuminato quando parla da “carattere”, e quando parla da “coro” mentre i personaggi si muovono sulla scena incuranti e muti.

Alfieri, dunque, oltre ad essere un personaggio del dramma, è la voce del poeta; egli commenta, spiega un po’ i fatti, prevede quello che potrà accadere, ma nello stesso tempo rimane impotente.

II film “Uno sguardo dal ponte”, diretto nel 1962 da Sidney Lumet, valse a Vallone il Premio David di Donatello quale migliore attore protagonista. Il film, tratto dal dramma teatrale, ha tra gli interpreti, con Vallone, Jean Sorel, Maureen Stapleton, Carol Lawrence e Raymond Pellegrin (in foto di copertina Vallone, Stapleton e Miller). Il film racconta la storia di Eddie Carbone, emigrato italiano e portuale newyorchese, che vive a Brooklyn con la moglie Beatrice e la nipote diciottenne Catherine, di cui è morbosamente geloso.

Quando ospita a casa sua Marco e Rodolfo, immigrati clandestinamente negli Stati Uniti, Eddie non riesce a sopportare che tra la nipote e Rodolfo nasca un reciproco interesse e si convince che il giovane stia cercando di farsi sposare per ottenere la cittadinanza americana. Dopo averlo più volte provocato, arriva addirittura a denunciare i due all'ufficio immigrazione e a farli arrestare. La rivalità avrà esito tragico e sarà lo stesso Eddie a rimanere vittima del suo amore impossibile.

Tra Eddie e Marco s'ingaggia una lotta furibonda sulla piazza del quartiere. Marco ha la meglio ed Eddie, incapace di vincere il suo orgoglio ferito, in un gesto di disperazione si uccide.

Raf Vallone è stato un grande attore di teatro e di cinema. Nato a Tropea il 17 febbraio del 1916, plurilaureato (filosofia e legge), prima di intraprendere la carriera di attore è stato calciatore in serie A con il Torino, con cui vinse anche la Coppa Italia nel 1934 e in seguito capo redattore delle pagine culturali de “L'Unità” e critico cinematografico su “La Stampa”. Intellettuale rigoroso, attore internazionale in grado di recitare anche in inglese e francese, dal 1949, suo esordio cinematografico con “Riso amaro” di Giuseppe de Santis, Vallone ha interpretato come protagonista oltre un centinaio di film.

Salvatore Giacalone 

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