"Teatro amore mio", "Non ti pago" di Eduardo De Filippo

E' considerata una delle commedie più divertenti di De Filippo sviluppata attorno alle credenze popolari napoletane

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
27 Aprile 2022 10:21

“Ogni tentativo di dare alla vita un qualunque significato è Teatro.” Lo ha scritto Eduardo De Filippo, uno dei più grandi commediografi e attore di punta del teatro italiano. Figlio d’arte (è uno dei figli illegittimi dell’attore-autore Eduardo Scarpetta, attore, regista, autore di testi ma anche teorico del teatro attraverso la scrittura, la pratica e l’insegnamento, Eduardo, uomo di teatro totale, ha messo i propri talenti al servizio dello spettacolo, facendo in modo che nessuna attività prevalesse sull’altra. 

Appartiene ad una categoria specifica di autore, quella dell’attore che scrive. Passando da un testo all’altro l’attore tende ad immagazzinare situazioni e battute che potrebbero essere da lui riutilizzate al momento della stesura di un nuovo testo. 

Nel corso della sua carriera, l’attore-scrittore De Filippo è venuto così a costituirsi un vero e proprio “capitale” teatrale, una sorta di riserva composta di materiali drammatici assimilati nel corso della sua pratica della scena e pronti per essere rielaborati. Tra le tante opere scritte e rappresentate c’è “Non ti pago”, una commedia, ricca di trovate irresistibili.

Eduardo racconta, con un misto di tristezza e ironia, il mondo disincantato e schietto della napoletanità attraverso uno dei suoi simboli, il gioco del lotto, intorno al quale ruota un’umanità chiassosa e genuina che, oscillando continuamente tra ottimismo e rassegnazione, spera sempre nel colpo di fortuna che può cambiare la vita.

Scritta e presentata al pubblico nel 1940, la commedia viene messa in scena per la prima volta al Teatro Quirino di Roma dalla Compagnia “Teatro Umoristico i De Filippo”, interpretata dai fratelli Eduardo e Peppino De Filippo. Nel 1943 ne viene poi realizzata una versione cinematografica, per la regia di Carlo Ludovico Bragaglia. “Non ti pago” fu registrata per la televisione il 13 gennaio del 1956, in diretta dal Teatro Odeon di Milano; successivamente, la commedia viene allestita anche all’estero, a Parigi e Buenos Aires.

La vicenda ruota intorno al personaggio di Ferdinando Quagliulo, proprietario di bancolotto, figura grottesca e tradizionale che sfida ogni regola familiare e sociale per far rispettare quella che reputa la volontà del defunto padre. E se nella tradizione popolare il gioco del lotto stabilisce le regole del rapporto fra vivi e morti, in quest’opera mischia le carte, giocando sul contenzioso, comico eppure drammaticamente inquietante, circa la proprietà legittima di un sogno.

Ferdinando Quagliulo passa le notti a scrutare il cielo per avere qualche buon numero da giocare; è del mestiere – appunto – perché gestore di un banco del lotto ereditato dal padre. Si può dunque comprendere quanto possa invidiare le vincite del suo impiegato Mario Bertolini. Il giovane vince sfacciatamente ogni settimana, fino alla quaterna secca grazie ai numeri datigli in sonno dal padre di Quagliulo. 

Proprio questa vincita susciterà le ire di Ferdinando, che si rifiuterà di pagare la cartella sostenendo un improbabile errore umano compiuto dal defunto. Sicuro del suo buon diritto, si rivolgerà anche ad un avvocato e al parroco, nel tentativo di trovare appoggio alla sua tesi. Ma alla fine sarà costretto a fare un passo indietro. 

Siamo dunque in piena farsa, brillante e godibile, appartenente alla prima fase della migliore produzione di Eduardo; ritratto di una Napoli in grado di reagire all’angoscia e alla miseria del vivere anche – e non solo – attraverso superstizioni. La figura del padre, evocata attraverso un vecchio quadro di famiglia, porta al centro della vicenda proprio questo rapporto tra ragione e fede nella bontà dei morti, intenti - appunto nella credenza popolare - a seguire le sorti dei cari ed altrettanto ad influenzare la vita di chi mostra irriverenza nei confronti delle loro volontà. 

Nella sua incrollabile fiducia in un aldilà benevolo e giusto, Quagliulo chiederà proprio aiuto alla buonanima, ottenendo piccole disgrazie ai danni del giovane malcapitato intento a riscuotere le vincite. Il lotto, in questo senso, è il sogno a buon mercato, il grande avvenimento del sabato pomeriggio. Qualcuno ogni tanto esulta. Per altri non è una tragedia. 

Si può ritentare l’indomani e continuare a sognare, alimentando così la speranza di un vincita che possa ribaltare il cammino della vita. Chissà cosa scriverebbe oggi Eduardo con i tanti “gratta e vinci”, le lotterie ed altri giochi che sono stati inventati per alimentare le casse dello Stato. Negli anni ’90, il liberale Giovanni Malagodi scrisse: “Piove, Governo ladro”.

Salvatore Giacalone

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