Per molti giorni l’intera Francia è stata messa in difficolta da impressionanti proteste. Automobili ed edifici dati alle fiamme, scontri con la polizia, negozi saccheggiati. Fenomeni che risultano inspiegabili alla popolazione cosiddetta normale, quelli che non si sentono né emarginati né sotto integrati, facendosi i fatti propri nella propria quotidianità. Le cause di questi fenomeni ci portano a dovere riflettere sul microcosmo mazarese, chiedendo alle autorità politiche, alle istituzioni religiose, alle associazioni, di intervenire per prevenire possibili fenomeni di insurrezione o di derive di illegalità.
Cosi come in Francia per la presenza di periferie degradate, l’aspetto urbanistico della nostra città presenta delle criticità notevoli, nel senso che l’urbanistica riflette una diversa idea di cittadinanza. Anche chi vive nel quartiere periferico a rischio è italiano e cittadino mazarese ma potrebbe identificarsi in un non-luogo diverso, al pari dei ragazzi francesi che hanno protestato in maniera violenta. Di fatto il divario tra le condizioni di vita degli italiani e dei figli di stranieri è altissimo.
La prima criticità ricade nel centro storico di Mazara (la bellissima kasbah per intenderci) in parte degradato, abitato prevalentemente da immigrati magrebini e slavi di seconda o terza generazione, persone che non si sentono ne arabe ne italiane, una vera banlieue. La seconda criticità in un intero quartiere, quello di Mazara 2 fisicamente staccato dalla citta, dove, per arrivarci, occorre superare un angusto cavalcavia, un punto ove nel recente passato sono purtroppo anche accaduti incidenti stradali mortali che hanno coinvolto dei residenti locali. (in copertina foto collage di un angolo della kasbah e di una strada di Mazara 2).
Nella nuova cultura popolare dei giovani, casermoni e quartieri anonimi sono lo sfondo della musica di contestazione Trap, nei testi si inneggia alla lotta contro le autorità, al disagio che diventa ribellione, alla divisione tra la gente di quel quartiere contro il centro. Si potrebbe dire che per gestire il problema della povertà e dell’emarginazione sociale va aumentato il welfare, nelle sue misure di sostegno, ma non credo che questo basti. L’esempio della Francia è evidente, li esiste il “revenue de solidarietè”, in pratica il nostro reddito di cittadinanza, ed esistono forme di aiuto alloggi e per i figli, in Francia le università costano meno che in Italia, e così via, ma non è bastato.
Anche da noi esiste ormai uninsieme di misure pratiche, da ultimo il contributo per le bollette del gas e dell’Enel, pagato a tutti i residenti secondo l’indicatore isee in automatico, senza il quale non oso immaginare cosa sarebbe potuto accadere durante gli ultimi mesi caratterizzati da iperinflazione.
In qualche caso la “tranquillità” è fatta da un girarsi di spalle, come nel caso dei parcheggiatori abusivi sul lungomare, quasi sempre ragazzi di origine extracomunitaria, da anni lasciati liberi di operare. Possiamo renderci conto che l’assetto attuale delle politiche sociali statali sono un welfare che tende a mantenere una “trappola della povertà”, che probabilmente consente di mantenere una pace sociale, ma mancano delle politiche attive del lavoro, delle iniziative di amalgama nella società per non fare di un quartiere un ghetto, per arrivare a considerare quelle “persone” come persone prima di tutto, anche con tutti i loro difetti, dalla scarsa preparazione scolastica alla mancanza di capacita di gestire le proprie vite in ottica di progettualità che non sia chiedere un assistenzialismo da contrapporre alla illegalità.
Sono in corso dinamiche di separazione tra cittadini di serie b che in una ottica populista alimentano una narrazione polarizzante e divisiva, mentre le notizie di fatti di cronaca delinquenziale certamente non giovano alla idea di una Mazara città di pace dalla ambita inclinazione turistica. Il fortissimo calo demografico in corso sta per essere in parte compensato con politiche di aumento degli immigrati, (secondo il cosiddetto decreto flussi entreranno circa 450mila immigrati da paesi extraeuropei entro il 2025), e quindi un amplificarsi del tema dell’integrazione.
Corriamo oggi il rischio di fenomeni di massa simili a quelli francesi? Basta guardare alla recente cronaca, oltre a quella più antica della nostra città. È di pochi giorni addietro la notizia di un tentativo di omicidio nel quartiere di Mazara 2, ritenuta una vera e propria piazza di spaccio (da qualche anno a questa parte soprattutto per l’economicissimo e pericolosissimo “crack” sempre più diffuso fra i giovanissimi la cui assunzione innesca spesso violenza) dove le forze dell’ordine hanno talvolta difficoltà ad entrare; mentre la settimana scorsa è avvenuto un grosso incendio serale in via Goti, all’interno di una discarica abusiva persistente da tempo nonostante diversi appelli dei residenti per la sua bonifica.
La storia popolare mazarese è fatta di tumulti ed insurrezioni, dai movimenti dei fasci di liberazione alle proteste contro i dazi doganali. Negli anni ‘80 era la categoria dei pescatori, oggi molto sfumata, a protestare vivamente per migliorare la propria condizione economica, in certi anni si arrivò anche a occupare il Comune, con situazioni di forte tensione sociale. Anche allora si trattava di una categoria (di cittadini e lavoratori) che era chiaramente identificabile al suo interno, persone che svolgevano lo stesso lavoro, ed abitavano nello stesso quartiere (il “Trasmazaro”).
Curioso che sul libro di storia che avevo inuso alla scuola media,per altro un testo diffuso a carattere nazionale, nelle pagine dove erano spiegati i moti di ribellione popolare dell’ottocento, fosse raffigurata una immagine di una insurrezione avvenuta proprio a Mazara, nel palazzo dei Collegio dei Gesuiti, sede di uffici pubblici, dove venne distrutto e bruciato tutto il possibile da parte di una orda inferocita di cittadini.
Luigi Gucciardi
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