Mazara, 25 anni fa ci lasciava Peppe Pirrello, non solo un giornalista…

Il nostro ricordo e quello del prof. Cusumano dell'instancabile operatore socio-culturale

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
25 Maggio 2023 18:31
Mazara, 25 anni fa ci lasciava Peppe Pirrello, non solo un giornalista…

Oggi 25 maggio 2023 è ricorrono 25 anni dalla prematura scomparsa del giornalista/pubblicista Giuseppe Pirrello. Corrispondente dei quotidiani L’Ora di Palermo e La Sicilia di Catania, Pirrello, ha collaborato con tutte le emittenti televisive della provincia di Trapani. Suoi articoli sono apparsi su riviste e mensili a diffusione nazionale: Domenica del Corriere, Epoca, Atlante, l’Illustrazione Italiana, Panorama. Ha fondato e diretto molteplici periodici locali. È stato instancabile animatore politico e culturale. In diverse occasioni ha prestato la sua consulenza per servizi televisivi trasmessi dalla Rai, occupandosi dei problemi della pesca e dell’immigrazione.

A lui si sono rivolti intellettuali e giornalisti italiani e stranieri per conoscere la realtà economica e sociale di Mazara. A lui guardavano con interesse e simpatia i giovani studenti della città, che aiutava e incoraggiava nelle loro attività didattiche, nella realizzazione dei progetti di giornali scolastici e nella valorizzazione delle loro prime prove artistiche. Ha collaborato alla realizzazione del video «Cento anni sono ieri. I Fasci Siciliani 1888-1894» e del Cd-room «Un pianeta in movimento.

Viaggio nei movimenti migratori». Nell’agosto del 1990 Giuseppe Pirrello ha ricevuto il Premio “La cultura del mare” Sezione Giornalismo, per il reportage Al largo di Mazara pubblicato sul mensile Atlante. Il 16 luglio 1995 un suo articolo è stato scelto per inaugurare la trasmissione radiofonica della Rai Radiofavole. Ha pubblicato quattro volumi: Punto caldo paperback (1990); Mazara Bagdad Via satellite (1992); Parlando e mangiando che male ti fo (1994), in collaborazione con Liliana Pinta; Storie dell’Arcipelago Concentrico (1997). Sono stati pubblicati postumi due libri: Per amore dei fatti (1999), una raccolta di suoi articoli, e Un uomo solo…in coda al gruppo ( 2000), un testo teatrale.

Giuseppe Pirrello era nato a Salaparuta, ha vissuto la sua adolescenza a Gibellina, ma dopo il sisma del 1968 si era trasferito con la famiglia a Mazara, dove ha abitato e lavorato fino al giorno della sua morte, il 25 maggio 1998, all’età di cinquant’anni. In occasione del XXV anniversario della sua morte riportiamo il discorso in sua memoria tenuto dal prof. Antonino Cusumano, il 23 maggio 2008 presso l’Aula Consiliare di Mazara del Vallo ove a dieci anni della sua morte fu organizzato dall'Istituto Euroarabo, in collaborazione con la società editrice Libridine, un incontro-dibattito per ricordare la figura e l’opera del giornalista Giuseppe Pirrello. 

"In un momento quale quello attuale, in cui l’esercizio libero e critico del giornalismo sembra essere diventato pratica difficile e non comune, ricordare un giornalista serio e onesto, estraneo alle logiche degli opportunismi e dei favoritismi politici, può aiutarci a ritrovare modelli di riferimento, modi umani e stili professionali oggi diventati desueti. Ne hanno parlato amici e colleghi, ognuno richiamando alla memoria episodi ed esperienze, ognuno contribuendo a ricostruirne l’immagine e la personalità, riflettendo insieme sulla sua eredità culturale. Tutte le testimonianze hanno descritto un uomo che è vissuto in fondo entro una contraddizione: era per natura un timido, una persona schiva, impacciata, ma per scelta e per vocazione è stato nella città di Mazara una presenza viva, e scomoda, che nella discrezione dei modi si è socialmente esposta, un uomo pubblico insomma, un coraggioso cronista e un acuto e intelligente spirito critico, un appassionato e dinamico operatore politico e culturale.

Ha vissuto diverse stagioni Giuseppe Pirrello, pur essendo stata terribilmente breve la sua vita. Ha intrattenuto nel tempo rapporti umani e professionali con ambienti sociali e gruppi generazionali diversi, con realtà culturali diverse, aprendosi sempre al nuovo e guardando ai fatti locali in una prospettiva più grande, più ampia del greve e angusto orizzonte provinciale. Giornalisti, scrittori, fotografi, uomini impegnati nelle istituzioni culturali e nelle associazioni di volontariato civile, poeti e registi, politici e sindacalisti hanno partecipato all’incontro-ricordo e il loro diverso profilo professionale rappresenta compiutamente la poliedricità degli interessi di Giuseppe Pirrello, la sua versatilità di esperienze umane e culturali, dal momento che esplorava la scrittura in lungo e largo, passando dal giornalismo al teatro, dal racconto alla fiaba, dalla leggerezza dell’ironia alla incisività della denuncia.

Sono state da tutti sottolineate la dirittura morale dell’uomo e l’alta professionalità del giornalista, che assieme all’indipendenza delle idee ha coltivato il rispetto per le persone e l’amore per la città, lui che era nato altrove e aveva adottato Mazara, essendovisi trasferito con la famiglia dopo il 1968, a seguito del sisma nella Valle del Belice. Conosceva la città meglio dei suoi stessi abitanti e guidava con generosa disponibilità quanti – giornalisti, studiosi, ricercatori – vi giungevano per indagare nel mondo della pesca e dell’immigrazione.

Attraverso i suoi articoli, i periodici che ha fondato e diretto, le rubriche che ha tenuto nelle radio libere e i servizi televisivi che ha realizzato, Giuseppe Pirrello ha agitato le acque stagnanti della vita culturale locale e quelle non meno limacciose della politica, denunciando la sordità, le pigrizie e le astuzie di certe amministrazioni sempre attente agli equilibri interni e più spesso distratte rispetto ai bisogni e ai problemi reali. Negli anni settanta ha promosso e animato le esperienze di cineforum presso il cinema Diana e all’interno delle scuole, ha inserito nei programmi dei festival dell’Unità i recital di Ignazio Buttitta, gli spettacoli del Folk Studio di Palermo e le proiezioni dei film d’autore.

Ha sostenuto il teatro di Dario Fo, quando questi non ancora Premio Nobel era considerato un “pericoloso sovversivo” e come tale nel 1972 non poté recitare a Mazara, se non in un locale in periferia, una sala per matrimoni, con grandi difficoltà organizzative. Giuseppe Pirrello è stato un bravo e acuto giornalista che ha saputo usare «le parole come pietre», macigni per informare, denunciare, polemizzare, ma sapeva essere anche amabile scrittore di parole leggere, che sembravano aleggiare sopra le cose come una nube, come un lieve e impalpabile pulviscolo.

Non parliamo della leggerezza fatua ed effimera che abita il nostro tempo, che riempie gli spazi delle nostre giornate e soprattutto delle nostre serate, quando ci investe e ci lasciamo volentieri investire attraverso le fuggevoli immagini dei programmi televisivi. Nè parliamo delle frivolezze e delle vacuità proposte da certa letteratura alla moda. Parliamo piuttosto di quella leggerezza della pensosità di cui scriveva Italo Calvino (autore caro a Pirrello), di quella «ricerca della leggerezza come reazione al peso del vivere».

Da qui la scelta di scrivere favole metropolitane, apologhi dell’assurdo e parabole dell’inverosimile, come nel volume Storie dell’arcipelago concentrico. Da qui anche il gusto per l’ironia, per il gioco del calembour, quella capacità di muovere al sorriso carico di gentile indignazione o di gentilezza indignata. L’ironia è uno strumento delicato e difficile da maneggiare. Richiede le doti di un bravo equilibrista che deve mutuare e rielaborare dal quotidiano i materiali del raccontare, evitando di cadere nelle trappole dello scontato e del banale.

Pirrello ha dimostrato di essere un sapiente equilibrista, consapevole di scrivere su una lastra sottile qual è quella che separa l’originalità dall’ovvietà, la rivelazione dalla ripetizione. Ma la sua scrittura si alimentava soprattutto dei fatti della cronaca, si nutriva dello sguardo dell’attento e incorruttibile cronista. Paradossalmente, pur muovendosi con grazia e in punta di piedi, Giuseppe ha lasciato un’eredità considerevole, un’impronta di sé profonda. Il suo era un giornalismo documentato, un diligente scavo nei fatti, una ricerca fedele ed analitica delle voci e delle ragioni degli uomini, in primo luogo degli umili, dei marginali, dei vinti, di chi resta solo…in coda al gruppo.

Insomma, era il suo «un certo modo di fare giornalismo – come si legge in un appunto lasciato inedito dallo stesso Pirrello - che si sta depauperando per effetto di interessi editoriali che vogliono bruciare l’attualità, prevenirla, condizionarla». Anche in questo Giuseppe Pirrello era stato amaro e lungimirante profeta: aveva intuito più di dieci anni fa i rischi che corrono i cronisti che vogliono fare fino in fondo il loro mestiere, l’infelice destino a cui va incontro il giornalismo quando viene privato della passione delle idealità e del rispetto delle verità". 

Francesco Mezzapelle

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