Imprenditore mazarese denuncia estorsione ma sempre vessato dalla burocrazia giudiziaria e politica

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
16 Gennaio 2014 08:13
Imprenditore mazarese denuncia estorsione ma sempre vessato dalla burocrazia giudiziaria e politica

Un nuovo episodio ha "arricchito" la vicenda relativa all'imprenditore mazarese Vito Quinci che l'altro ieri mattina ha avuto la brutta sorpresa di trovare i sigilli del Giudice dell'esecuzione del Tribunale di Marsala alle 18 villette del

complesso "Tre Fontane Village" (foto 1).

Quinci nel 2010 aveva denunciato alla Procura il tentativo di tangente richiesto da due consiglieri comunali di Campobello, poi arrestati ed in attesa ancora di processo, per l'approvazione in consiglio comunale di uan delibera per il rilascio della concessione di lottizzazione chiusa della struttura "Tre Fontane Village" per il quale Quinci aveva ricevuto un finanziamento di circa 3 milioni e mezzo di euro. Sempre per gli stessi motivi ma riguardanti un'altra società di Quinci, "Il Faro", la denuncia era scattata per l'allora sindaco Ciro Caravà; da allora per Quinci è stato disposto un servizio di protezione con scorta.

Nell'agosto sempre del 2010 la Prefettura di Trapani, su parere conforme del procuratore di Marsala, aveva ammesso Quinci al beneficio previsto dalla legge antiracket, che prevede la sospensione per 300 giorni di tutte le procedure civili e dei pagamenti. Ma, nonostante questo, a dicembre dello stesso anno un giudice del tribunale marsalese aveva dichiarato il fallimento delle sue società, non tenendo in alcuna considerazione i fatti denunciati. Così è iniziato il calvario giudiziario dell'imprenditore che poi però era stato assolto con formula piena dalla Corte di appello di Palermo. Ad agosto del 2013 però Quinci, a causa dei termini imposti dalla legge, non ha potuto più usufruire della nuova sospensione dei pagamenti concessa dalla Procura di Marsala.

Così gli esattori sono tornati alla carica di Quinci nel frattempo non ha potuto avviare la sua attività alberghiera non avendo ricevuto dalla Commissione prefettizia di Campobello quella stessa concessione richiesta al tempo della sindacatura Caravà e per al quale gli era stata chiesta una tangente. Pertanto l'imprenditore non ha potuto pagare i creditori che hanno dal canto loro avviato procedure giudiziarie, l'ultima quella che ha portato alla disposizione del sequestro dell'altro ieri mattina (foto 2).

"E' assurdo –ci ha dichiarato lo stesso Vito Quinci- che per un debito originario di 15.000 euro, poi maturato fino a circa 40.000 vengano messi i sigilli all'intera proprietà (vedi foto 3)che ha un valore di circa 3 milioni e mezzo di euro, inoltre delle 18 villette costruite la metà le ho già vendute quindi non sono più di mia proprietà; è un abuso di potere.

Ricordo che l'immobile che il giudice ha fatto sequestrare -ha sottolineato- è nell'elenco dei siti sensibili alle forze dell'ordine, come tutte le mie proprietà dove risiedo o visito abitualmente, a causa delle attività d'intimidazione ambientale. Continua il mio calvario –ha aggiunto- a causa di una legge che ancora la politica non riesce a modificare a tutela di quanti hanno denunciato estorsioni o vittime di usura. E poi vi è al burocrazia giudiziaria, tribunali e Procure che non si parlano ed a pagare è il cittadino come me che ha avuto il coraggio di denunciare accettando la restrizione della privacy.

Finirà –ha concluso l'imprenditore- che perderò la testa passando dallo stato di protezione  direttamente a quello di detenzione. Chiedo che il presidente Crocetta, anche lui sotto scorta per le sue battaglie antimafia, possa prendere in attenzione questa mia vicenda che rischia di creare ulteriore sfiducia nei confronti di chi fa le leggi e chi le esercita. E pensare che l'unica mia colpa è stata quella di contribuire allo sviluppo turistico ed occupazionale del territorio.

La giustizia dovrà pur esistere".

16-01-2014 9,10

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