“Donne di mafia, donne contro la mafia”, a Mazara va in scena l’antimafia dell’impegno e della speranza

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
19 Dicembre 2015 10:34
“Donne di mafia, donne contro la mafia”, a Mazara va in scena l’antimafia dell’impegno e della speranza

Ha debuttato martedì 15 dicembre, al cineteatro Rivoli di Mazara, la trasposizione teatrale del libro di Francesca Incandela “Donne di mafia, donne contro la mafia”, per la regia di Piero Indelicato. Un grande successo di pubblico, in una giornata in cui la drammatizzazione teatrale si fa cronaca, e si veste dei colori dell’attualità.

E’ dello stesso giorno infatti la notizia dell’arresto di Teresa Marino, 38 anni e cinque figli, capo del mandamento di Porta Nuova, a Palermo, reggente del clan da quando il marito si trova in carcere. Un donna che, insieme al bilancio familiare, aveva il compito di far quadrare anche i conti di Cosa Nostra. Una donna che gestiva traffici di stupefacenti, di armi e di frutti di mare, che impartiva con cinismo e feroce determinazione ordini alle altre mogli dei mafiosi in carcere, esortandole ad essere delle dignitose donne mafiose , “a non versare una lacrima in pubblico, a comportarsi da vere donne di mafia”. (vedi foto n.1 con le attrici, il regista e l'autrice del libro salutati dal pubblico al termine della rappresentazione). 

C’è tutto questo, e tanto altro, nel testo di Francesca Incandela, portato in scena con grande professionalità e passione dalla compagnia teatrale diretta da Piero Indelicato. Ci sono tutte quelle donne che per anni abbiamo immaginato remissive e silenziose, ignare e inconsapevoli, e invece ritroviamo potenti e ciniche, a decidere, a comandare, ad ordinare omicidi e a gestire traffici illeciti, donne senza scrupoli che si ritrovano ai vertici del potere mafioso dando il peggio di sé, con una determinazione, una tracotanza e una spietatezza che finisce per superare anche quella degli uomini che si ritrovano a sostituire.

Donne complici, assassine, permeate da una cultura e da una mentalità mafiosa che non conosce distinzione di genere, e che trova terreno fertile e si fa strada laddove c’è da gestire denaro, potere, affari. La mentalità mafiosa che appare come un marchio scritto nel DNA, che affonda le sue radici nella famiglia, nell’omertà, nel dovere di difendere e perpetuare gli insani valori dell’ “onore”, perché è questo quello che conta per la donna di mafia, perché” la famiglia viene prima di tutto”, come si ritrova a dire Giusy Vitale, boss di Partinico al figlio che la rinnega, o come Serafina Battaglia che arma la mano del figlio, accecata dall’odio e dalla sete di vendetta, per vendicare gli assassini del marito, conducendolo diritto alla morte.

Ma non sempre è cosi, e non tutto è odio, ferocia e malaffare. Arriva qualcuno che rompe questi schemi, che spezza queste catene, che si affranca dal diritto –dovere di obbedienza e sottomissione. Perché alla fine, in una sorta di stravolgimento dei ruoli, quando tutto sembra ormai irrimediabilmente scritto, e i destini segnati, ecco che arrivano in scena loro, le donne contro la mafia, loro che sono la luce in fondo al tunnel dell’omertà e del silenzio, e che incarnano la speranza, la salvezza , la rinascita. Donne che pur provenendo da famiglie mafiose combattono una battaglia di legalità e di giustizia, con coraggio, con fierezza e tenacia, splendidi e luminosi esempi di dignità, di cambiamento, di emancipazione.

C’è un’intensa Rita Atria, la giovane partannese collaboratrice del giudice Borsellino, interpretata magistralmente da Emilia Catalano, che esorta la cognata a collaborare non per vendicare i loro uomini uccisi, ma per tutti gli uomini e tutte le donne di questa terra, “perché ci sono tante altre morti che ci appartengono… … perchè i mafiosi devono pagare anche per tutto il sangue che hanno sparso qui ed altrove, e per il rispetto di popolo che ci hanno tolto”.

C’è una coraggiosa e tenace Felicia Impastato, nell’interpretazione drammatica e commovente di Mariella Martinciglio che cercherà tutta la vita giustizia per il figlio Peppino, che lotterà sempre per tenerne vivo il ricordo, ed è nell’abbraccio finale tra Rita e Felicia che è racchiusa la speranza per questa terra, per il suo futuro, è lì che si condensa e sintetizza tutto il significato e il messaggio di questo importante lavoro teatrale.

Un lavoro coraggioso, impegnativo, denso di tante emozioni, ricercato, nella sua pur estrema semplicità, pochi elementi, essenziali, sul palco, poca luce, un’atmosfera quasi da teatro dell’assurdo. E un plauso va a tutti coloro che ci hanno creduto, che hanno davvero gettato il cuore oltre l’ostacolo, dal regista Piero Indelicato, generoso e testardo, per l’impegno e la determinazione con cui si è lanciato in quest’impresa, a tutti gli attori ( Ina Agate, Giacometta Gandolfo, Mariella Martinciglio, Oriana Spina, Serena Gargano, Emilia Catalano, Pietro Asaro, Joseph Gandolfo, lo stesso Piero Indelicato ), ai bravissimi musicisti ( Salvi Perrone, Gaspare Messina, Andrea Marrone ). (vedi foto n.2 una scena della rappresentazione).

E nel giorno in cui, a Mazara, si celebra il decennale dell’associazione antiracket “Io non pago il pizzo…e tu?”, e il suo presidente, Francesca Incandela, ci rende omaggio di questo lavoro bello e drammatico, risuonano le parole di Paolo Borsellino, proiettate sul palco: “ Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Ma parlatene.“ Parliamone anche a teatro, aggiungiamo noi.

Catia Catania

19-12-2015 11,30

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