Avrebbero favorito la latitanza del narcotrafficante Vito Bigione. Condannati due mazaresi

Rimasero coinvolti in un’indagine della polizia nell'ottobre 2020 con perquisizioni anche in Emilia Romagna

Redazione Prima Pagina Mazara
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18 Ottobre 2024 08:52
Avrebbero favorito la latitanza del narcotrafficante Vito Bigione. Condannati due mazaresi

Avrebbero favorito la latitanza del noto narcotrafficante Vito Bigione e pertanto Giuseppe Armata e Nicolò Tardino, entrambi originari di Mazara del Vallo, sono stati condannati a tre anni di carcere dal Tribunale di Marsala. Il reato contestato è stato quello di procurata inosservanza di pena. A chiedere la condanna di Armata e Tardino è stato il pm della Dda di Palermo Francesca Dessì. Nell’ottobre 2020, i due imputati condannati rimasero coinvolti in un’indagine della polizia che, per fare luce sulla rete dei presunti favoreggiatori di Bigione, effettuò perquisizioni a Mazara del Vallo, Bologna e Imola. Le indagini “sia di tipo tradizionale che di natura tecnica – spiegarono gli investigatorihanno permesso di identificare un gruppo di persone, tra cui alcune del tutto insospettabili, che, in vari modi e con ruoli diversificati, avevano dato alloggio, favorito la fuga all’estero e fornito assistenza, economica e non, al latitante”.  Il pregiudicato mazarese Vito Bigione fu condannato a 15 anni di reclusione per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti e catturato il 4 ottobre 2018 ad Oradea (Romania) nell’ambito di un’operazione internazionale coordinata dalla Dda di Palermo ed eseguita da Squadra mobile di Trapani, Sco, polizia romena e Interpol. Bigione, soprannominato il “commercialista”, considerato un broker professionista nell’organizzazione dei traffici di droga con la Colombia, era stato condannato dalla Corte d’appello di Reggio Calabria e aveva fatto perdere le tracce nel luglio 2018, quando scattò il momento dell’esecuzione della pena.

Altre condanne, sempre per narcotraffico internazionale, le aveva subite negli anni ’90, quando si rese latitante in Namibia, dove aveva riorganizzato traffici di stupefacenti utilizzando pescherecci d’altura. In passato è stato anche ritenuto vicino al mandamento mafioso mazarese capeggiato da Mariano Agate, con la quale avrebbe compartecipato all’importazione di ingenti quantità di droga dal Sudamerica, insieme anche ad esponenti delle "ndrine" calabresi. Lo spessore criminale del Bigione è stato d’altra parte dimostrato dalla complessa rete relazionale che ne aveva sostenuto la latitanza, in cui figuravano anche un’infermiera professionale bolognese, che aveva avuto in cura il condannato ed una donna romena, anch’ella residente in Emilia, che si occupava degli aspetti organizzativi destinati l’alloggio e la permanenza del latitante nella città di Oradea, avvalendosi di una connazionale che fungeva da “governante” del fuggitivo.

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