8 Marzo, il ricordo delle due sorelle mazaresi Francesca e Bettina Maiale morte in un incendio a New York nel 1911

La storia insieme a quella di "Narduzza" Gallo presentate dal Comune per il progetto nazionale "Italia delle donne"

Redazione Prima Pagina Mazara
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08 Marzo 2025 08:49
8 Marzo, il ricordo delle due sorelle mazaresi Francesca e Bettina Maiale morte in un incendio a New York nel 1911

L'8 marzo si celebra ovunque l'evento che comunemente, e anche banalmente, chiamiamo "festa della donna". Parlare semplicemente di festa però è riduttivo: l'8 marzo è infatti dedicato al ricordo delle conquiste politiche, sociali, economiche del genere femminile, dunque è meglio parlare di Giornata internazionale della donna. Ma come nasce questa data simbolo? Cosa rappresenta la festa della donna?

L'origine della "festa delle donna" risale ai primi del '900. Per molti anni l'origine dell'8 marzo è stata attribuita a una tragedia accaduta nel 1908, che avrebbe avuto come protagoniste le operaie dell'industria tessile Cotton di New York, rimaste uccise in un incendio. L'incendio del 1908 è stato però confuso con un altro incendio nella stessa città, avvenuto il 25 marzo 1911 e dove si registrarono 146 vittime, fra cui molte donne, quasi tutte immigrate e molte siciliane, il fatto colpì cosi profondamente i newyorkesi che tutta la vicenda diventò simbolicamente quella più rappresentativa per celebrare l'8 marzo. fra le vittime di questo grande incendio vi furono anche due sorelle mazaresi, Francesca ed Elisabetta Maiale. 

Di recente il Comune di Mazara del Vallo, grazie all'impegno dell'assessore Germana Abbagnato e di altri cittadini volontari, ha candidato due storie di donne al progetto nazionale "Italia delle Donne", iniziativa promossa dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri. L'obiettivo è raccogliere e divulgare le storie di donne che hanno fatto la storia dei territori e dell'intero Paese, spesso rimaste nell'ombra o dimenticate. Una è la storia di Leonarda Gallo ( Clicca qui per leggere il nostro articolo relativo alla notizia della sua morte), una donna mazarese determinata e combattiva che ha creato un sistema di supporto per le donne in difficoltà durante la gravidanza; grazie a lei sono nati oltre 700 bambini che altrimenti non sarebbero sopravvissuti; fu soprannominata pertanto la "madre Teresa di Mazara del Vallo".

L'altra storia è proprio quella delle due sorelle Francesca ed Elisabetta Maiale. Ecco la biografia delle due donne presentata al Dipartimento Pari Opportunità:  

"La famiglia Maiale arrivata a New York andò ad abitare al 135 Sullivan Street. Le due sorelle trovarono lavoro nella fabbrica Triangle Shirtwaist Company, ubicata al centro di Manhattan in Place Washington. Erano delle brave sartine e lavoravano sodo, per mantenere lo standard di produzione di mille camicette al giorno imposto dalla direzione. La camicetta, a quei tempi, era il simbolo dell’emancipazione femminile, in quanto veniva indossata dalle donne che erano entrate a far parte del mercato del lavoro a pieno titolo. Francesca ed Elisabetta (quest’ultima chiamata Bettina) guadagnavano insieme ventisette dollari a settimana.

La giornata lavorativa iniziava molto presto e si protraeva per circa tredici ore con una sola pausa concessa per consumare un frugale pranzo. Le due sorelle lavoravano al nono piano dell’Asch Building: in quel grattacielo, infatti, all’ottavo, nono e decimo piano era ubicata la fabbrica tessile di proprietà di Max Blanck e Isaac Harris due immigrati russi che avevano fatto fortuna proprio con la produzione di quel capo d’abbigliamento. Francesca ed Elisabetta Maiale, consumavano le loro giornate sedute alle macchine da cucire, con il capo chino e le dita che sfioravano veloci quei lunghi aghi sottili.

Intorno a loro, nel grande stanzone in cui lavoravano altre centinaia di operaie immigrate, rotoli di stoffa, modelli di carta velina sparsi dappertutto, libbre di cotone adagiate sui pavimenti. Il tutto era illuminato dalla luce artificiale delle lampade a gas. La luce naturale era insufficiente poiché proveniva solo da poche finestre. Alla fine dell’estenuante giornata lavorativa erano sottoposte al rito umiliante del controllo delle loro borse da parte dei capisquadra. Si mettevano in fila, ordinate una per una, per non essere accusate di essere ladre di un rocchetto di filo, di piccole forbici o di un pezzetto di merletto.

Chi compiva il furto quotidiano di una vita lavorativa dignitosa, si preoccupava del furto di piccole e misere cose. Il 25 marzo del 1911 era un sabato e quindi la giornata lavorativa finiva prima. Francesca ed Elisabetta si trovavano al nono piano della Triangle quando alle 16,30 scoppiò l’incendio all’ottavo piano. Le due sorelle, insieme alle altre operaie, avevano già preso i loro cappotti e i cappelli appesi ai lunghi chiodi conficcati al muro, per regalarsi, come ogni sabato un po’ di tempo libero da dedicare a sé stesse.

Quando le fiamme raggiunsero il nono piano tentarono di fuggire dal fumo e dalle fiamme che si propagavano con celerità. Le operaie sembravano formiche impazzite in una macabra giostra di fumo, fuoco, singhiozzi e grida d’aiuto in tante lingue diverse. Cercarono di aprire le porte ma queste erano tutte chiuse a chiave, portarono i loro manicotti alla bocca per non inalare il denso fumo e morire soffocate. Alcune e tra queste probabilmente Francesca, restarono impietrite, con gli occhi pieni di terrore e con le labbra che non riuscivano ad articolare alcun suono e furono avvolte dalle fiamme.

La lunga gonna di Elisabetta invece fu lambita dalle lingue di fuoco e disperata si avvicinò ad una grande finestra, salì sul davanzale e si gettò nel vuoto. Elisabetta fu identificata dal fratello il giorno dopo grazie all’anello bruciacchiato che portava al dito e Francesca dallo zio Pietro che con difficoltà trovò le tracce della nipote in un misero corpo quasi divorato dal fuoco. Furono seppellite in un unico monumento funebre al Calvary Cemetery di New York. Insieme a loro perirono altre 127 operaie, di cui 36 emigrate italiane.

Il prezzo più alto lo pagò la Sicilia con ben ventisette vittime. Le altre, di cui oggi si conosce il luogo di nascita, sono cinque donne pugliesi, due sorelle lucane, una ragazza campana e una proveniente dal Molise. Il loro terribile sacrificio non fu comunque vano. Quello stesso pomeriggio alle 16,30 passeggiava tranquilla a Washington Place una ragazza: Francis Perkins. Quando vide il fumo uscire dalle finestre del grattacielo capì che era scoppiato un incendio, ma in un primo momento vedendo cadere i corpi delle operaie pensò che qualcuno stesse tentando di mettere in salvo delle balle preziose di tessuto.

Avvicinandosi, con orrore, si rese conto che non erano balle di stoffe ma i corpi di giovani donne con i vestiti e i capelli in fiamme. Restò annichilita, istintivamente si portò le mani alla gola e giurò solennemente a sé stessa che quello a cui assisteva non sarebbe mai più dovuto accadere e che lei si sarebbe impegnata personalmente per il miglioramento delle condizioni dei lavoratori e in particolare delle lavoratrici che erano ultime fra gli ultimi. Iniziò a lavorare come Ispettrice di fabbriche a New York, facendo parte di vari comitati, che si costituirono dopo l’incendio.

Il suo alacre lavoro le permise di diventare Segretaria del lavoro sia durante la presidenza Roosevelt che in quella successiva di Truman. È stata la prima donna al mondo a ricoprire questa carica per ben dodici anni e grazie al suo operato elaborò e fece approvare una lunga serie di leggi per prevenire incidenti sul lavoro, vietare il lavoro minorile e migliorare quello femminile in particolare. Queste leggi, in seguito, ispirarono la legislazione del lavoro in tanti Paesi del mondo compreso il continente europeo.

Per tutta la vita continuò a ripetere: “Dopo aver visto l’incendio della Triangle e i corpi di quelle povere ragazze mi resi conto del valore sacro della vita di chi lavora e capii come le condizioni precarie della sicurezza potevano uccidere come un fucile”. Altre donne contribuirono al miglioramento della condizione lavorativa femminile dopo quel tragico incendio, tra loro Margaret Dreier Robinson, presidente della Women’s Trade League, Mary Kenny O’Sullivan Ispettrice del Lavoro e la sindacalista Rose Schneiderman.

Anche le donne dell’alta borghesia americana, tra cui la ricchissima Anne Morgan, dopo quella tragedia si schierarono a favore delle lavoratrici immigrate. Un lungo filo di solidarietà e sorellanza per far sì che le lavoratrici non venissero più sfruttate ed uccise dall’ingordigia del potere e del profitto a qualsiasi costo. Dalle piccole scintille di vita e di morte di Francesca ed Elisabetta e delle loro colleghe è partito un percorso luminoso per l’acquisizione dei diritti e il recupero della dignità delle donne.

Da Mazara del Vallo, la piccola storia obliata di Elisabetta e Francesca ha contribuito a tessere la grande Storia dell’emancipazione femminile. È nostro dovere e diritto ricordarle e sottrarle all’oblio in cui sono state ingiustamente relegate".

Francesco Mezzapelle

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