“Una punta di Sal”. Un partito “in franchising”. Anche a Mazara del Vallo…

“La forza dei notabili locali è il pacchetto di voti che controllano, spostano, muovono…”

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
21 Luglio 2024 10:07
“Una punta di Sal”. Un partito “in franchising”. Anche a Mazara del Vallo…

Le ultime elezioni amministrative di Mazara, con coalizioni a geometria variabile, portano a sviluppare una riflessione su cosa oggi veramente siano i partiti politici (soprattutto, ma non esclusivamente, nel Mezzogiorno). Un tempo, il Partito (con la P maiuscola) era una struttura monolitica, con un suo preciso DNA, una sua ideologia, più o meno granitica, ma comunque forte. Il principio del centralismo democratico, patrimonio storico del Partito Comunista, era comunque declinato da tutti gli altri Partiti in modo sufficientemente solido e a tutte le latitudini e la possibilità che la “periferia” potesse comportarsi, ad esempio sulle alleanze, in modo difforme da quanto stabilito dal “centro” era molto remota, pena scomunica.

Anche la stessa Democrazia Cristiana – pur se aggregava al suo interno molte anime diverse, pur se, soprattutto nel Mezzogiorno, affidava le sue fortune elettorali a “notabili” locali tradizionalmente portatori di grandi pacchetti di voti – tuttavia manteneva una sua impronta unitaria molto forte e il modus operandi dei suoi rappresentanti non ammetteva importanti disomogeneità nelle diverse regioni. Oggi la situazione è completamente diversa, tanto che la definizione di partiti in “franchising”, recentemente proposta da alcuni politologi, appare particolarmente calzante.

Oggi ogni partito si identifica in una leadership nazionale che detta la linea sulla politica nazionale ed internazionale e che, a questi livelli, richiede una fedeltà assoluta da parte dei rappresentanti in Parlamento o al Senato, che, peraltro, rispondono direttamente al leader visto il meccanismo elettorale in vigore. Da Berlusconi in poi, tutti i partiti rispondono a questo schema. Ma, a livello periferico, i rappresentanti locali godono della massima libertà di azione. Possono avere qualunque provenienza (spesso diverse) ed estrazione politica, professare qualunque ideologia, ammesso che ne abbiano una.

Possono costruire alleanze a livello locale le più svariate ed originali, anche in palese contraddizione con quelle vigenti a livello nazionale: le copriranno, senza un filo di imbarazzo, ricorrendo alla teoria delle liste civiche, alla qualità assoluta dei candidati proposti, ed alla specificità della situazione locale. Due sole cose gli vengono richieste: come già detto, la fedeltà al leader quando si tratta di votare in Parlamento, a Roma o in Europa; ma soprattutto che, al momento delle elezioni, portino una messe di voti numerosa e consistente al partito, perché è proprio in questo modo che il leader riceve forza e legittimazione.

In cambio, ottengono spazio e cittadinanza, in una parola libertà, per le loro azioni a livello locale. Nessun leader potrà mai permettersi di contestargli una coalizione locale non coerente con la linea nazionale: rischierebbe l’immediato cambio di casacca e quindi di perdere quei consensi e una porzione della sua legittimazione. Di converso, la forza dei notabili locali è il pacchetto di voti che controllano, spostano, muovono, la si dica come si vuole. È la base clientelare, legata al loro deputato o consigliere di riferimento, che gli ha consentito di avere qualcosa (un posto di lavoro, un incarico, un’autorizzazione, ma anche, più banalmente, la pulizia di una strada o lo spostamento di un cassonetto…) che avrebbe dovuto ottenere di diritto o per merito e che invece è stato trasformato in una occasione di clientela.

Meglio ancora se l’oggetto della clientela è precario, perché in quel caso la fedeltà più durerà nel tempo. Mantenere la base clientelare è quindi la principale attività dell’esponente politico locale. Per farlo deve essere sempre in una posizione di potere. E per questo sarà pronto a qualunque coalizione locale che gli consenta di rimanere al governo del comune o della regione. Anche a spostarsi su un altro partito, senza un filo di imbarazzo, se dovesse valutarne la convenienza.

Che importa candidarsi con il centro-sinistra o con la Lega? Che importa accettare l’autonomia differenziata o il premierato? L’importante è che il momento politico prescelto gli consenta di essere in posizione utile per essere eletto e mantenere quindi la sua capacità di agire. Ecco il “partito in franchising”: un marchio unico, sul fronte nazionale ed europeo, ma fatto di unità locali, localmente indipendenti. Libere di muoversi a livello locale e pronte a cambiare casacca, nella logica del più puro trasformismo e del mantenimento di quello straordinario movente (e collante) che è la gestione del (micro)potere.

E le idee? I valori? Le ideologie? Tramontano, insieme con il voto di opinione.

Salvatore Giacalone

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