“Una punta di Sal”. Ovunque c’è un padre “orco”

Dati e analisi di un fenomeno che vede vittime migliaia di bambini e adolescenti. Ci sono mezzi per segnalare l’abuso

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
19 Febbraio 2023 12:10
“Una punta di Sal”. Ovunque c’è un padre “orco”

L’abuso fisico e sessuale, il maltrattamento all’infanzia, rappresentano una tra le più esecrabili emergenze sociali, non solo per la sproporzione di forze tra il maltrattante e il maltrattato e per il tradimento della fiducia dei bambini/e negli adulti, ma anche per le conseguenze di medio-lungo termine sulla salute e l’equilibrio psicologico dei maltrattati e più in generale su tutta la società. Nell’ultimo rapporto annuale del Telefono Azzurro, è emerso ogni 72 ore circa si verifica un caso di abuso sessuale su minore, in 4 casi su 10 la vittima ha meno di 10 anni, con una prevalenza di bambine (71,7%), e in un caso su tre la vittima tace per paura e vergogna.

Qualche anno fa la polizia di Mazara del Vallo ha tratto in arresto un uomo di Castelvetrano perchè accusato di adescamento, pornografia su una minore, sua allieva di ballo. Ma anche a Mazara, negli anni, si sono registrati casi di violenza su minore anche nell’abito familiare: il padre orco ecco una figura inconcepibile. A fronte di un fenomeno di cui in Italia migliaia di bambini e adolescenti sono vittime, è stato avviato un lavoro di ricerca per analizzare la condizione di vulnerabilità al maltrattamento infantile nei differenti territori italiani.

In caso di sospetti abusi su minori, è sempre importante rivolgersi a un medico, a uno psicologo e alle forze dell’ordine. Ci sono alcuni comportamenti sentinella che possono aiutare a comprendere se un bambino sotto i sei anni sia o meno stato vittima di abusi sessuali, e sono: disturbi del sonno e delle condotte alimentari, lamentele per dolori fisici (cefalea, dolori addominali), preoccupazioni insolite, paure immotivate, rifiuto nel mostrare il corpo nudo, esplosioni emotive improvvise (pianto, crisi di rabbia, mutismo).

Bisogna stare molto attenti e verificare se l’orco è dentro casa o a pochi passi. Avere il coraggio di uscire all’aperto e denunciare senza paura, senza timori, l’unica medicina per rompere il silenzio. Poi le altre cure,mediche e psicologiche.

Tra le regioni più colpite dalla pedofilia c’è la Sicilia, che insieme a Lombardia e Lazio raccoglie quasi la metà del totale delle segnalazioni. Più di una volta su dieci, le chiamate arrivano dall’Isola (il 10,8% del totale). Mentre il telefono squilla tante storie restano all’ombra. Non esiste nel nostro Paese una banca dati tale da offrire un quadro completo e omogeneo del fenomeno. Le statistiche appaiono dunque approssimative perché – come scrive il Telefono azzurro in un quaderno rivolto a insegnanti e genitori – “da un parte rappresentano solo le denunce sporte all’Autorità Giudiziaria (e quindi non comprendono tutti quegli abusi che non vengono denunciati), dall’altra non è possibile definire quante siano le sentenze di condanna conseguenti a tali denunce (è possibile che alcune denunce risultino infondate)”.

Fuori dall’orizzonte degli orrori conosciuto dal Telefono azzurro, c’è un mondo difficile da stimare. Si dice che il Dipartimento delle Pari Opportunità sta lavorando per istituire una banca dati che metta insieme non solo i numeri del Telefono Azzurro, ma anche quelli del Ministero della Giustizia e di altri servizi che si occupano della violenza contro i bambini. Nella stragrande maggioranza dei casi gestiti dal Telefono Azzurro il 76% delle segnalazioni di abuso sessuale, gli aguzzini sono persone conosciute dal minore: genitori, fratelli, insegnanti, amici fidati.

Il fatto non sorprenda: già la Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato aveva rivelato come, tra il 2002 e il 2005, circa l’80% delle denunce di abuso si riferisce a violenze commesse da conoscenti. Tuttavia sono in aumento i casi di aggressori estranei al minore/adolescente (quasi quattro casi su dieci, considerando solo le segnalazioni di pedofilia al 114). Mesi fa, a Trapani è stato arrestato dai carabinieri un pensionato di 62 anni che per oltre un anno avrebbe perseguitato una quindicenne, pedinandola a scuola, sotto casa, al supermercato, arrivando persino a masturbarsi davanti a lei e a palpeggiarla nelle parti intime.

La violenza sessuale è uno dei problemi principali ed anche quello che fa più notizia, ma non è l’unico. Cosa può spingere un padre o una madre a comportarsi così? Quante volte la domanda sorge spontanea di fronte all’ennesimo fatto di cronaca diffuso dai notiziari. Spesso dietro a un abuso c’è una storia di violenza, un circolo vizioso che si perpetua da genitore a figlio. Altre volte, come emerge anche dalle segnalazioni al Telefono azzurro, si tratta di disturbi psichiatrici, di abuso di alcolici o di sostanze stupefacenti.

Sono tantissimi i motivi – spiega la psicologa Barbara Forresi in una intervista – da problematiche di salute mentale a difficoltà relazionali maturate nel corso del tempo, per esempio a causa di passati traumatici nell’infanzia di questi genitori. Con i modelli educativi appresi hanno difficoltà nel sintonizzarsi con il complesso mondo di un bambino. Lo scopo – conclude – deve essere quello di punire il comportamento, ma allo stesso tempo di capire se ci sono i margini per poter recuperare.

In molti casi ci sono. Si tratta di casi in cui, se le famiglie vengono aiutate con programmi terapeutici specifici, le situazioni maltrattanti possano evolvere positivamente senza arrivare a una rottura della relazione e dunque ad un allontanamento dei minori”. Lasciamo stare i bambini, lasciamoli giocare, non mettiamo a rischio la loro crescita.

Salvatore Giacalone 

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