L’avvento dell’intelligenza artificiale è come un fiume in piena, tra morbide onde di speranze e tantissime domande. Un ambito a molti sconosciuto, nel quale ci troviamo già immersi, spesso senza prestarci attenzione. Nei secoli, il progresso e le scoperte hanno sempre accompagnato la vita dell’uomo. Per milioni di anni però, intelligenza e coscienza sono andate a braccetto. Con coscienza si intende la capacità di sentire le cose/sensazioni (dolore, piacere, amore e odio…), con intelligenza, la capacità di risolvere i problemi.
Bisogna anche riscoprire il piacere di informarti con i giornali, la radio, la TV, i siti qualificati. I sistemi basati sull’intelligenza artificiale, non hanno coscienza, hanno solo intelligenza; risolvono i problemi in un modo completamente diverso da noi. I computer e l’intelligenza artificiale potranno risolvere sempre più problemi meglio di noi senza avere alcuna coscienza. Comprendere questa tecnologia diviene essenziale per sostenerne gli aspetti virtuosi e mitigarne i rischi e gli angoli bui.
Ma cosa è l’intelligenza artificiale? Come per la maggior parte dei concetti complessi, non c’è una definizione univoca di Intelligenza Artificiale. Ciò che ormai risulta chiaro è che si tratta di una tecnologia che impatta su intere filiere e sulla vita quotidiana della maggior parte degli abitanti del pianeta. Riprendendo la definizione contenuta nella Strategia dell’Unione Europea per intelligenza artificiale si intendono “sistemi che mostrano un comportamento intelligente nell’analizzare il loro ambiente e intraprendere azioni, con un certo grado di autonomia, per raggiungere obiettivi specifici.
I sistemi legati all’Intelligenza Artificiale possono essere puramente basati su software, agendo nel mondo virtuale (ad esempio assistenti vocali, software di analisi delle immagini, motori di ricerca, sistemi di riconoscimento vocale e facciale) oppure possono essere incorporati in dispositivi hardware (ad esempio robot avanzati, auto autonome, droni o applicazioni Internet of Things)”. Il 24 novembre 2021 anche l’Italia ha approvato un “Programma strategico per l’intelligenza artificiale.
Questo traccia ventiquattro politiche da implementare nei successivi tre anni per potenziare il sistema Intelligenza Artificiale del Paese, attraverso creazione e potenziamento di competenze, ricerca, programmi di sviluppo e applicazioni. Il programma ha anche l’obiettivo di colmare un ritardo importante del Paese rispetto a questo ambito tecnologico, nonostante siano molteplici le realtà all’avanguardia. L’Intelligenza Artificiale sta rapidamente trasformando il nostro mondo.
Mentre ne sfruttiamo le potenzialità per migliorare le nostre vite e il nostro lavoro, emergono anche importanti questioni etiche che richiedono attenzione e riflessione: cosa significa “Intelligenza Artificiale etica”? Quali principi etici dovrebbero orientarne lo sviluppo? E come può un’azienda creare un’Intelligenza Artificiale che sia etica?. Bisogna riflettere. L’etica è una branca della filosofia, anche nota come filosofia morale, che si occupa del comportamento umano e che studia i fondamenti alla base della capacità di assegnare lo status di buono o cattivo, lecito o illecito, in base a un modello comportamentale ideale.
L’Intelligenza Artificiale può dunque essere etica? E’ certo che l’intelligenza artificiale sta cambiando il mercato del lavoro, nel mondo, in Italia ed in Sicilia. La rivoluzione è già qui, e interesserà 8,4 milioni di italiani, cioè il mondo del lavoro. Oltre un terzo di tutti gli occupati dovrà cambiare almeno in parte il proprio modo di lavorare. Maggiormente interessate le professioni di natura intellettuale, ma non solo. Di fronte a questi numeri, e alla portata delle loro conseguenze, in Italia e in Sicilia non si stanno mettendo in campo investimenti adeguati per fronteggiare il cambiamento.
Questo è ciò che emerge dai dati pubblicati da Confartigianato Studi. Basti pensare che, a livello nazionale, attualmente la percentuale delle Pmi (Piccola Media Impresa) che usa sistemi basati sull’IA è il 5,3 per cento del totale. Inoltre soltanto il 13 per cento di tutte le piccole e medie imprese italiane dichiara di voler investire nelle applicazioni di questa nuova tecnologia nel prossimo futuro. In Sicilia la situazione è ancora più distante dalla nuova rivoluzione in atto. Secondo l’elaborazione flash “Intelligenza artificiale e rischio automazione: impatto su lavoro e imprese” pubblicata dall’Ufficio di Confartigianato Studi, la Sicilia è ultima regione in Italia per livello di investimenti delle Piccole Medie Imprese nell’Intelligenza Artificiale. Per contro la regione si trova settima su venti nella classifica nazionale sulla quota di entrate economiche esposte all’impatto dell’IA.
In altre parole, nonostante la Sicilia sia una delle regioni più soggette al cambiamento che potrebbe portare l’IA, non si stanno facendo gli investimenti necessari. Le professioni più esposte sono quelle maggiormente qualificate e a contenuto intellettuale e amministrativo. A cominciare dai giornalisti e in generale dai tecnici dell’informazione e della comunicazione, dirigenti amministrativi e commerciali, specialisti delle scienze commerciali e dell’amministrazione, specialisti in scienze e ingegneria, dirigenti della pubblica amministrazione.
Tra le attività lavorative a minor rischio vi sono quelle con una componente manuale non standardizzata. Il rapporto di Confartigianato mette anche in evidenza che l’intelligenza artificiale è – oltre che una potenziale criticità – anche l’arma che alcune imprese stanno sfruttando per ottimizzare le proprie attività. “L’intelligenza artificiale – sottolinea il Presidente di Confartigianato Marco Granelli – è un mezzo, non è il fine. Non va temuta, ma va governata dall’intelligenza artigiana per farne uno strumento capace di esaltare la creatività e le competenze, inimitabili, dei nostri imprenditori.
Non c’è robot o algoritmo che possano copiare il sapere artigiano e simulare l’anima dei prodotti e dei servizi belli e ben fatti che rendono unico nel mondo il made in Italy”.
Salvatore Giacalone