“Una punta di Sal”. I mestieri scomparsi

Anche a Mazara del Vallo ci sono antichi mestieri che stanno quasi scomparendo. Un patrimonio di saperi e tradizioni

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
10 Ottobre 2021 13:27
“Una punta di Sal”. I mestieri scomparsi

L’artigianato è in crisi e tanti lavori sono ormai un lontano ricordo. A Mazara sono rimasti due calzolai, un arrotino e un paio di sarti che ancora lavorano per abiti su misura per uomo e donna. Gli altri, sarti e sartine sbarcano il lunario con le riparazioni. Giuseppe “Pino” Gancitano, 87 anni, da lupo di mare ormai da anni ripara le reti anche se, con tanta malinconia, non smette mai di guardare il mare. Abita in quelle stradine che si snodano lungo la via Gian Giacomo Adria e si affacciano nel mercato del pesce. Ogni mattina esce da casa e dopo pochi metri si trova a guardare, con le mani in tasca, il porto canale, gira a sinistra e si avvia verso piazzale Giovan Battista Quinci, dove lo sguardo si allarga e si vedono transitare i pescherecci.

Ho trascorso in barca 68 anni. Una pesca praticata con spirito antico e secondo tradizione, per buona parte. E’ stata un’avventura in mare la mia vita. Poi, alcuni anni fa, ho smesso ed ho cominciato a riparare le reti delle barche dei miei figli e dei nipoti. Sono diventato ‘artigiano casalingo’. Ho cambiato mestiere”. (in foto di copertina un vecchio retiere mazarese abile nella sarcitura)

Ed ancora oggi, a Mazara, è possibile trovare artigiani che praticano questo mestiere, da anni. In un caratteristico vicolo ne abbiamo trovato uno al lavoro: dalle poche parole che pronunzia, emerge un grande rispetto per la tradizione, ma anche rammarico per quanto si sta perdendo oggi, a causa della tecnologia che sta togliendo poesia a una delle attività più nobili e antiche dell’uomo. Vecchi mestieri oramai estinti, forse ne rimane qualcuno quasi a farci ricordare il nostro passato e la fatica dei nostri padri che giornalmente vivevano per portare a casa poche lire. Manualmente, senza l'ausilio dell'elettronica e della tecnologia ma con il loro ingegno e il loro sudore.

In via Vittorio Veneto c’è la bottega di un calzolaio, 43 anni, sposato, due figli. L’attività non l’ha ereditata. “Mio padre - dice - era un muratore. Intorno agli anni ’90 – racconta - lavoravo in un’azienda del nord che fabbrica scarpe ortopediche, da lì è iniziata a nascere una passione per le scarpe, per svolgere l’attività di artigianato. Ritornato a Mazara, con tanti sacrifici, ho messo su questa bottega dove riparo scarpe, borse, trolly etc.” Un esempio per i giovani che vogliono mettersi in proprio e vogliono intraprendere un’attività.

Una volta non esistevano le macchine e le moto e gli unici mezzi di trasporto erano gli animali, come il mulo, il cavallo e l'asino e chi poteva aveva il carretto, mezzo indispensabile con il quale giornalmente ci si spostava dalla casa alla campagna per andare a lavorare. Ci si alzava prestissimo quando ancora fuori era buio e ci si incamminava lungo la strada che portava ai campi. Col carretto si caricava e si scaricavano materiali vari. Era l'antenato del camion di oggi. La manualità e l'artigianato regnavano una volta come l'industria regna ora, nei tempi moderni.

Negli ultimi anni, il numero di artigiani si sta riducendo. I più anziani sono morti o hanno smesso di lavorare.Alcuni hanno chiuso le botteghe per un calo delle vendite o perché hanno subito lo sfratto; altri ancora, non hanno trovato nei figli la volontà o la possibilità di proseguire l'attività paterna. Chi ancora continua, lamenta l'eccessivo peso delle tasse, una politica cittadina della viabilità che allontanerebbe i clienti e la concorrenza dei grandi centri commerciali: qui gli oggetti costano generalmente di meno, ma non posseggono quella artigianalità che si attaglia alla singola richiesta del cliente.I campi e l'allevamento davano il modo di vivere, ma nello stesso tempo esistevano tanti altri piccoli mestieri che oggi non esistono più, come l'arrotino che passava in tutte le strade con il suo trabiccolo, che spesso consisteva in una bicicletta modificata e resa mezzo di lavoro, con cui affilava le lame dei coltelli .

Non mancavano naturalmente i venditori ambulanti di ogni genere. I ciabattini, l'ombrellaio, il sarto, il fruttivendolo, "lubabbaluciaru",il ricottaro, e tanti e tanti altri mestieri oggi scomparsi o quasi in via di estinzione.

La vita dell'uomo è caratterizzata dal lavoro che, a seconda della civiltà e del momento storico, nonché soprattutto del territorio d'appartenenza e delle risorse naturali, si connota di peculiarità singolari su cui si fondano l'economia e il commercio locale. Specie nel passato il lavoro si esprimeva in mestieri legati all'artigianato, con segreti tramandati da padre in figlio, o in piccole aziende a conduzione familiare, ai prodotti dell'agricoltura e della pesca, ai trasporti coi carretti o coi cavalli, oppure come minuto commercio stradaiolo con posto fisso o ambulante per i paesi della regione.

Anche questi antichi mestieri fanno parte della storia delle tradizioni siciliane. Molti di essi sono del tutto scomparsi o divenuti rari, soppiantati dal progresso e dall'industrializzazione, dalla catena di montaggio e dalla tecnologia più sofisticata, oppure da altre abitudini di vita e costumi d'importazione straniera, da consumi diversi, dove all'acqua fresca per dissetarsi si è sostituita la Coca-Cola.

I giovani d'oggi non hanno mai conosciuto l'acquaiolo, il conciabrocche, i salinari, i pastai, gli arrotini, i carrettieri e le donne addette alla salatura casalinga delle acciughe, solo per ricordare alcuni mestieri di un tempo.Esistevano un tempo altri mestieri meno nobili, che a mala pena consentivano di rimediare lo stretto necessario per sopravvivere. È il caso del "conzapiatta" o "conzabrocchi", che gridava a squarciagola per le vie del paese come un vero e proprio girovago, che invitava le massaie a far riparare (acconciàri) le grosseconche di terracotta in cui si faceva il bucato e quelle piccole destinate a svariati usi casalinghi, che in qualche modo si erano spaccate e che l’artigiano, con graffe di ferro e mastice, riusciva a rimettere in uso.

Un tipico chiaro esempio si riscontra nella commedia "La giara" di Luigi Pirandello, quando lu "Zi Dima" rimane chiuso dentro ad una grande giara appena riparata con mastice e filo di ferro. Poi ne esce tra gli applausi. Oggi le giare esistono ancora ma se si rompe se ne compra un’altra. Chi può applicare il mastice e il filo di ferro?

Salvatore Giacalone

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