“Una punta di Sal”. Era inafferrabile Matteo?

Persistono diversi interrogativi a seguito della cattura del boss superlatitante Matteo Messina Denaro

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
05 Febbraio 2023 10:17
“Una punta di Sal”. Era inafferrabile Matteo?

E’ stato detto di aver preso il più grande latitante di mafia del mondo. E’ vero, ma era nascosto da 30 anni e dove doveva stare? A casa sua, in Sicilia. E’ stato detto di aver gioito per questa cattura, avvenuta trent’anni e un giorno dopo quella di Totò Riina, “u Curto”. E’ vero, ma “u Siccu” si è praticamente “consegnato”: occhiali da divo, elegante, sicuro di sé; una specie di “fuitina” appena accennata verso un’improbabile scomparsa, poi a braccetto tra due carabinieri, senza manette ai polsi (“siamo in regime democratico”), il tutto davanti a un assembramento di decine di agenti vestiti di nero, incappucciati, armati.

Cinema e, di conseguenza, applausi a scena aperta. Meritatissimi peraltro. E’ stato detto che si seguivano le tracce di Matteo Messina Denaro con foto, identikit, intercettazioni, appostamenti e tutto quanto le forze dell’ordine hanno messo in pratica in questi anni. Ma lui era inafferrabile. Allora è stato detto che si era operato per non farsi identificare, che era invecchiato in 30 anni, che era irriconoscibile. Ma lui ha lasciato segnali dappertutto: una scia di piccole tracce per salvarsi la vita e ritrovare la strada nel bosco, fuggendo con auto, treni e aerei.

Telefonate, scambi di sms, selfie, contatti perfino esibiti con chiunque e senza alcuna prudenza. Sempre inafferrabile. E’ stato detto che era malato oncologico grave (e sono spuntate analisi sanitarie di ogni genere). E i magistrati hanno commentato che nel complesso era “in buona salute” tanto da poter essere rinchiuso in regime di 41 bis nel carcere dell’Aquila, dove ora si trova in isolamento. E’ stato detto che è stato una belva sanguinaria. Ed è vero anche questo. Ma poi ha scritto un bigliettino perfino commovente prima di entrare in prigione: “I carabinieri del Ros e del Gis mi hanno trattato con grande rispetto e umanità.

Palermo, 16 gennaio 2023”. E l’ha firmato. Che neppure il papello di Totò Riina era mai stato autografato. E’ stato detto che dobbiamo essere orgogliosi, come italiani, di aver catturato l’ultimo superboss della stagione delle stragi. Ma allora “perché tante polemiche sull’arresto di Messina Denaro? Perché questo Paese fa così fatica a festeggiare anche la cattura di un boss mafioso?”. Qualcuno lo chiede al presidente del Senato Ignazio La Russa, ospite della trasmissione “L’Aria che tira”, il quale risponde: ”Me lo chiedo anche io”.

E’ stato detto che vogliamo continuare la lotta alla mafia. Ma poi ci si indigna perché il procuratore di Palermo Maurizio De Lucia nella conferenza stampa seguita all’arresto parla di “borghesia mafiosa” da indagare o perché Nino Di Matteo consigliere togato del Csm e pm che ha condotto il processo sulla “Trattativa Stato-mafia” suggerisce di farlo, proprio a partire dall’arresto di Messina Denaro.Nel frattempo – riavvolgendo il nastro – spuntano tre covi segreti, la foto di Marlon Brando nel Padrino, sei messaggi sul social cinese TikTok che anticipavano la cattura del latitante, si ricordano precedenti profezie come quella del gelataio Baiardo legato ai fratelli Graviano (uno dei due ha appena querelato Saviano, chiedendo il ritiro del suo libro “Solo è il coraggio”) e viene avverata la speranza di Matteo Piantedosi, espressa il 9 gennaio ad Agrigento: “Mi auguro di essere il ministro che arresterà Matteo Messina Denaro”. Detto, fatto.

Vi pare che sia giustizia questa?” ha chiesto alla Camera Carlo Nordio, che della Giustizia è il ministro e se la prende con i pm antimafia. La domanda però era stata fatta a proposito della vicenda giudiziaria dell’ex comandante generale del Ros, Mario Mori. Per 17 anni sotto processo penale – ha ricordato – poi assolto, ma con una “carriera distrutta” e neppure risarcito. “A me pare che quando si parla di giustizia – ha concluso – bisogna parlare anche di errori giudiziari”.

Proviamo a dirlo ai parenti delle vittime alle quali sembra impossibile che la stessa cosa convenga e non convenga e sotto il medesimo rispetto. Un’ultima cosa: che fine avrà fatto la tracolla che Matteo Messina Denaro aveva in spalla nelle immagini del suo ingresso nella clinica La Maddalena? Sappiamo che a volte, come se si volatizzassero, spariscono borse, cartelle, agende…

Salvatore Giacalone

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