“Una punta di Sal”. 25 aprile: Il tributo pagato dai giovani mazaresi

Nel 76esimo anniversario della Liberazione d’Italia il ricordo dei partigiani Giovanni Modica e Nicasio Anzelmo

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
25 Aprile 2021 10:30
“Una punta di Sal”. 25 aprile: Il tributo pagato dai giovani mazaresi

25 Aprile. Oggi ricorre il 76° anniversario della Liberazione d'Italia dal nazifascismo.La libertà però è sempre in discussione. Continuano guerre e guerriglie in diverse parti del mondi da cui arriva soltanto l’eco di migliaia di morti. In Italia ancora è fervida la memoria per le lotte partigiane che testimoniano i grandi sacrifici di un popolo per la libertà. Un luogo comune vuole che alla guerra di resistenza combattuta dai Partigiani contro le truppe nazi-fasciste abbiano partecipato solo giovani settentrionali. In realtà non è così, infatti, anche le Regioni meridionali diedero il loro determinante apporto in termini di giovani uomini combattenti e, purtroppo, di vittime. 

La Sicilia annoverò, tra le fila dei partigiani migliaia di aderenti, e tra loro un gruppo di giovani mazaresi, i quali dopo l’8 settembre del 1943 imbracciarono i fucili e salirono in montagna per partecipare alla Liberazione dell’Italia dall’oppressione nazi-fascista. I nostri protagonisti sono nati quasi tutti tra il 1923 e il 1924. Durante il fascismo erano quasi tutti maggiorenni e imbracciavano il fucile. Prima da militari nell’esercito italiano , poi, dopo l’8 settembre del 1943, da partigiani della Resistenza. Giovanni Modica e Nicasio Anselmo, due storie di mazaresi, eroi della Resistenza. Modica è stato ucciso a fucilate a Barbania, in Piemonte. I 90enni rimasti, invece, in alcuni casi, girano anche per le scuole a raccontare la loro esperienza.

Nicasio Anzelmo, 98 anni, ha raccontato la sua storia agli alunni della classe III E della scuola secondaria di I grado dell’Istituto Comprensivo “Giuseppe Grassa” di Mazara del Vallo. Ha raccontato, in dialetto siciliano, la sua vita, da soldato della seconda guerra mondiale internato nei campi di concentramento dopo l’armistizio del ’43 fino a quelli notti in cui pensava come raggirare i tedeschi per mettersi in salvo. Il primo giugno di due anni fa, la Prefettura di Trapani gli ha consegnato la Medaglia d'onore.

Nicasio Anzelmo, per l’età avanzata, è uno degli ultimi testimoni diretti dell’orrore di quei lager. Per un giorno è stato lui “il professore” di storia la cui “lezione” servirà agli studenti nel cammino della vita. A soli 19 anni, era stato reclutato come marinaio nella Regia Marina Italiana e condotto in Francia, presso l’arsenale di Toulon. Dopo l’armistizio, ricevette dal comandante l’ordine di deporre le armi e di rientrare in Italia, ma l’arsenale era stato occupato dai tedeschi.

Il Reich, infatti, dopo l’8 settembre, aveva dato mandato di catturare i soldati italiani presenti in Francia, nei Balcani e in Italia. Gli fu quindi chiesto dai nazisti di combattere nelle fila del loro esercito. “Io mi rifiutai dice Anzelmo – e venni convogliato, insieme ad altri miei compagni, verso le tradotte che anziché di portarmi a casa, così come avevano fatto credere, mi condussero nel campo di concentramento vicino Trier in Germania”. Fu costretto ai lavori forzati prima in una miniera di carbone, poi a scavare trincee.

“Conobbi la fame – confessa – l’orrore di vedere uccidere i miei compagni, le lunghe marce per chilometri con pochissimo cibo in mezzo alla neve, durante le quali molti morivano. Si moriva per una mela, freddati dai colpi dei nazisti, si moriva per sfinimento perché non si riusciva a superare gli stenti a cui eravamo sottoposti. Io sono riuscito a sopravvivere perché ero giovane e scaltro: la notte pensavo a come raggirare i tedeschi”. Riuscito a scappare, grazie al suo coraggio e al suo animo indomito, trovò rifugio in una fattoria tedesca pensando che fosse abbandonata.

Qualche giorno dopo arrivarono i proprietari tedeschi che, meravigliati di come si fosse preso cura della fattoria in loro assenza, decisero di accoglierlo. Venne però poi nuovamente catturato e condotto in altri campi di prigionia finché il 19 marzo del 1945 gli angloamericani lo liberarono. Nel mese di giugno del 1945 è rientrato a Mazara del Vallo. Nicasio Anzelmo ha risposto alle domande degli studenti, ha raccontato di un inferno che non è mai riuscito a dimenticare. Ai ragazzi ha lasciato un monito: “siate educati, siate rispettosi dei genitori, degli insegnanti, degli anziani e se mai nel futuro dovesse tornare a essere ventilata la guerra, scegliete sempre la pace perché la guerra è solo distruzione di uomini, di famiglie, di ogni cosa”.

Una lezione sulla guerra e di vita.

Giovanni Modica. Un combattimento tra partigiani e nazifascisti. Le cronache del tempo raccontano che teatro dello scontro è stato Barbania, un piccolo centro in provincia di Torino. E’ il 21 febbraio del 1945. Tra i partigiani c’è un giovane mazarese, Giovanni Modica, ucciso a fucilate. E’ una strage fascista. Una esecuzione compiuta dal plotone Divisione Folgore della Repubblica Sociale Italiana. Furono uccisi a fucilate nella piazza principale di Barbania dieci partigiani della quarta divisione "Piemonte" delle brigate Garibaldi, catturati a Ciriè il 17 febbraio 1945.

Insieme a Giovanni Modica c’erano Luigi Bettani, Giuseppe Bettas, Luigi Bosa, Angelo Capasso, Domenico Caporossi (Miguel), Ernesto Casagrande, Rinaldo Picatti, Vittorio Rolle e Piero Spedale. Giovanni Modica era nato a Mazara il 1^ giugno del 1921 da famiglia modesta. Era figlio di Vito Modica, deceduto il 10 febbraio del 1931 e di Giuseppa Barracco. Nella casa di via Torino n. 44 c’era anche la sorella Giovanna, molto legata al fratello, che volle partire per il fronte per difendere la Patria dall’invasione nazifascista.

Sembra che ci sia stata qualche resistenza da parte del padre e della madre per questa decisione, ma Giovanni è stato irremovibile. Il 22 febbraio del ’45, in casa Modica venne comunicata la tragedia dalle autorità militari ed è stato lutto perenne. Due anni fa si è svolta la solenne cerimonia del conferimento al “Gonfalone” della Città, della Croce al Valor Militare alla “memoria” di Giovanni Modica. L’onorificenza è stata concessa dal Ministero della Difesa con la seguente motivazione: “Militare di leva, colto dall’armistizio aderiva entusiasticamente alla lotta di Liberazione.

Combattente nella Brigata partigiana “Garibaldi” pagava la sua dedizione alla causa con la cattura e, poi, con una barbara sommaria esecuzione, così immolando la sua giovinezza, per gli ideali di riscossa della Patria dall’oppressore”. Giovanni Modica fece parte delle brigate d'assalto "Garibaldi", che erano formazioni legate al PCI ma vi militarono anche esponenti di altri partiti, soprattutto socialisti, azionisti e cattolici, nonché autonomi e apolitici, come lo era Modica, un ragazzo che voleva difendere il Tricolore.

Venne spedito in Piemonte, ritenuta una frontiere “calda”. Non si hanno notizie ben precise dell’eccidio in cui caddero dieci giovani nella piazza principale di Barberia, ci sono però molte testimonianze che riferiscono di “una assurda carneficina con i giovani schierati come bersaglio senza potersi nemmeno difendere”. Fucilate senza sbagliare un colpo. Giovanni Modica cadde così, come i suoi 9 compagni di sventura. E’ stato un piccolo grande eroe che la città non deve e non può dimenticare.

Salvatore Giacalone

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