"Un po di scuola" - Inclusione e lotta al razzismo

Come combattere l’ignoranza affettiva

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
20 Maggio 2022 17:43

A scuola si parla sempre di convivenza civile, lotta al razzismo, integrazione. Dopo l'ultimo corso di aggiornamento sull'argomento continuo a chiedermi perché, nonostante oggi se ne parli ovunque, il razzismo sia ancora così diffuso nel bel paese e anche nel resto del mondo?Tre anni fa stavo viaggiando, con uno dei miei figli, su un treno nella tratta Pisa - Torino e davanti a me si è seduta una bella famiglia composta da due genitori italiani ed un bimbo di origine Vietnamita. Matteo, questo il nome del piccolo, aveva 8 anni e, da subito, ha iniziato a parlare mostrando un'intelligenza vivace ed un carattere espansivo ed affettuoso.

Già allora ho pensato che sarebbe stato meraviglioso per lui incontrare nella vita persone accoglienti ed intelligenti. E già allora, conoscendo la cattiveria di cui possono essere capaci gli adolescenti, ho pensato che, purtroppo avrebbe anche potuto incontrare, forse più facilmente, cattivi compagni. Non ho più notizie di Matteo perché, sbagliando, non ho chiesto alla mamma di scambiarci i numeri di telefono, dato che avevamo conversato amabilmente per qualche ora. Dopo quell’incontro si è acuita in me la voglia di accogliere e far sentire a proprio agio gli alunni “stranieri” che entrano a far parte delle mie classi.

La mia è una vera e propria lotta contro la discriminazione e il disagio. I miei alunni, tutti i miei alunni, quelli di ieri e quelli di oggi, sanno che nelle mie classi non esistono “noi” o “loro”, ma solo io e tu e tutti insieme siamo “NOI”. Del resto la parola straniero è spesso usata impropriamente, non si può definire straniero un ragazzo adottato da genitori italiani, così come non è straniero un ragazzo nato in Italia da genitori non italiani. Se tutti imparassimo a tollerare di più, a lasciare spazio all’altro, simile o diverso da noi; se ricordassimo che viviamo sotto lo stesso cielo, vivremmo meglio, saremmo più tolleranti e pronti ad aiutare gli altri e non a combatterli.

Alcune persone definiranno la mia un’utopia e sicuramente lo è, ma io inseguo la mia utopia, combatto per essa e la insegno. Chissà forse, dopo di me, ci sarà qualcuno dei miei alunni che cercherà di continuare la mia lotta per una vera convivenza civile e, in quel caso, per loro, uno, due o più, l’utopia finirà di essere tale e si trasformerà in una splendida realtà.

Maria Teresa Carmicio

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