“Un cartello del latte” fra i progetti del mandamento mafioso di Mazara del Vallo

La recente operazione nel territorio mazarese ha evidenziato la pratica ancestrale della “mafia dei pascoli”

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
17 Dicembre 2024 19:18
“Un cartello del latte” fra i progetti del mandamento mafioso di Mazara del Vallo

La creazione, attraverso un consorzio di produttori, di un vero e proprio cartello del latte. Anche questo quanto emerge dalle oltre 600 pagine dell’ordinanza del gip del Tribunale di Palermo relativa alle attività di indagini della Direzione Distrettuale Antimafia e alla conseguente operazione condotta dalla Guardia di Finanza nel territorio di Mazara del Vallo che ha portato all’arresto, in carcere, di sette soggetti, ai domiciliari di altri dieci e all’obbligo di dimora nel Comune di residenza per una persona.

Le indagini hanno dimostrato che il mandamento di Mazara del Vallo (o meglio quel che ne resta) ha continuato ad occuparsi di una pratica radicata nella cultura mafiosa fin dalle sue origini, cioè l’acquisizione, la gestione la distribuzione dei terreni da pascolo. Il controllo e la spartizione delle aree di pascolo rappresenta un fatto quasi “ancestrale” caratterizzando l’identità e il potere territoriale dell’organizzazione mafiosa intesa in termini tradizionali che utilizza mezzi rudimentali e si avvale di reati tipici, quali furti, estorsioni, abigeato, danneggiamento e pascoli abusivi; reati posti in essere – come evidenziato nell’inchiesta- con violenze e minacce per affermare e rafforzare il potere sul territorio, e talora in forma silente e non meno pervicace, sfruttando l’autorevolezza ed il prestigio acquisiti nel tempo.

Nel territorio di Mazara del Vallo “cosa nostra” ha continuato ad esercitare il controllo, con una attrazione quasi naturale, sul settore dell’allevamento e della pastorizia. “Controllo e gestione del tutto disancorata dalla volontà dei proprietari effettivi dei terreni o dalle legittime pretese vantate da terzi”. Questo sistema si è affermato nella sua massima espressione con la presenza dello storico capo mandamento Mariano Agate, ritenuto personaggio – vedi diverse testimonianze fra le quali quella del pentito marsalese Antonio Patti, ex sicario dello stesso sodalizio mazarese- di altissimo profilo nella storia e nelle gerarchie di “cosa nostra”, quasi al pari di Totò Riina.

Un ruolo importante nella “gestione dei pascoli” ebbe Vito Gondola “coffa” – successivo reggente del mandamento per volere dello stesso Agate- che esercitò tale pratica stabilendo una sorta di “mappatura” dei pascoli affermandone la loro distribuzione e gestione con i mezzi tipici della “giustizia mafiosa”. Alla morte di Gondola, nel 2017, tale ruolo relativo al controllo dei pascoli fu acquisito da Pietro Burzotta e Paolo Apollo detto Salvatore, rispettivamente genero e cognato del defunto capo mafia Gondola, coadiuvati da Aurelio Anzelmo, Ignazio Di Vita; in questo contesto hanno assunto sempre più potere negli ultimi anni altri soggetti coinvolti nella stessa inchiesta: i cugini Domenico e Pietro Centonze, e anche l’imprenditore Luigi Prenci che nel frattempo, probabilmente anche grazie all’aiuto iniziale di Vito Gondola, avrebbe allargato la propria sfera economica in diversi settori.

Anche Prenci sarebbe stato favorito nell’assegnazione di alcuni terreni a scapito di altri allevatori, ciò grazie all’intermediazione esercitata dal sodalizio mafioso. A seguito del positivo epilogo di una questione legata ad un’area di pascolo, lo stesso Prenci, dimostrando riconoscenza per l’aiuto ricevuto, avrebbe avallato il sostegno ad un progetto dei Centonze di costituire un consorzio di produttori di latte per aumentare e fissare il prezzo sul territorio di Mazara e Marsala; insomma una sorta di cartello che avrebbe distribuito i ricavi fra gli allevatori.

L’idea per portare avanti il progetto era quella di unire un gruppo iniziale di allevatori del territorio con l’alta probabilità di convincerne altri ad unirsi, in tutto sei-sette produttori-azionisti che avrebbero potuto contare complessivamente su circa 10mila pecore, e altri soci e qualche caseificio. Per portare avanti il progetto secondo Centonze e Prenci sarebbero servite le “persone giuste”, ne avrebbero parlato in una mangiata a base di gambero rosso. Per avviare il progetto attraverso la costituzione di una vera e propria cooperativa, con capannone e cisterna, sarebbero serviti inizialmente circa 200mila euro, un investimento che –secondo gli ideatori del progetto- avrebbe potuto fruttare moltissimi soldi.

Francesco Mezzapelle  

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