Ultime della sera: “Se il mare avesse un cuore di carne…”

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
05 Dicembre 2020 17:30
Ultime della sera: “Se il mare avesse un cuore di carne…”

L’aula consiliare sembra il soggiorno di una casa qualunque di una famiglia qualunque. Le sedie di velluto rosso, hanno la solennità di chi si sente utile nella quotidianità. E’ davvero la casa comune. Gli striscioni campeggiano come gigantografie di foto di famiglia. La stanza accanto, ha un tavolo che somiglia a quello di una cucina, su cui troneggia un vassoio con generi di conforto offerti generosamente da persone che vanno oltre le istituzioni;  alle spalle, su un tavolo d’appoggio,  la macchina del caffè perennemente in funzione.

Le sedie in circolo, occhi stanchi e delusi, accanto a occhi vivaci e determinati. La porta sull’atrio si apre continuamente: la sera scende presto e le sigarette sono lucciole nel vento , oltre il vetro appannato. I familiari dei pescatori prigionieri in Libia, condividono angosce e speranze. Si raccontano storie, si lasciano  scappare anche qualche sorriso, il fazzoletto sempre in mano per asciugare le poche lacrime rimaste. Qualcuno mostra una foto, qualcun altro in un angolo, si tormenta le mani.

Ci fosse un braciere in mezzo, sembrerebbe una scena di qualche decennio fa: intorno al calore a raccontarsi la vita. Ma in mezzo c’è il mare, e ci sono sbarre e silenzi. E i racconti, sono mancanze: case senza tetti, tronchi senza rami, letti troppo vuoti.  Rassicurazioni di circostanza, ma nessuna certezza. E i giorni passano, come le notti, in questo avvento che mai come adesso è tempo d’attesa. La storia di ognuno, diventa la storia di tutti: un’umanità che si riconosce  nello specchio delle vite degli altri.

Si diventa amici,  si impara a conoscersi, a tollerarsi, a cercarsi. Si comprende la forza dell’unità, della condivisione. Qui, ora, si costruisce memoria per i racconti di domani. Si costruisce solidarietà vera. E non c’è italiano e non c’è straniero: le lacrime hanno lo stesso sapore e il petto sobbalza ugualmente ad ogni singhiozzo. Una voce si leva, ormai rauca e sfinita: ci facessero questo regalo, li liberassero i nostri uomini. Eppure non sarebbe un regalo, ma un atto di giustizia, il riconoscimento di un diritto, un inchino all’onore di chi lavora per chi ama.

No, non sarebbe un regalo. E sarebbe ora gli uomini tornassero a casa. Le partite diplomatiche, gli scacchieri internazionali, non possono reggersi sulle loro schiene curve di lavoro e dritte di dignità. Se il mare avesse un cuore di carne, sì, il mare  stesso, li andrebbe a riprendere per portarli su questa riva. Farebbe montare un’onda più alta delle altre pur di varcare l’invisibile confine che separa amori e destini e allungherebbe braccia di schiuma per confortare quegli uomini e accompagnarli con canti antichi.

Se il mare avesse il cuore di carne, lo farebbe. Perché il mare non ha muri e l’unica legge che conosce è quella della fratellanza. Di qualunque colore si dipinga quando accoglie il cielo nei suoi riflessi, a qualunque latitudine  e in qualunque continente, la schiuma delle sue onde è sempre bianca e bagna i giusti e gli ingiusti. Perfino il  mare lo farebbe. Lo facciano gli uomini delle istituzioni che possono, che devono. Un'altra sera distende il velo d’ombre sulla nostra città.

Le luci dell’aula consiliare illuminano le parole di speranza e di conforto , che viaggiano su sguardi senza  abbracci. Su questa e sull’altra riva, si scrivono pagine di vero coraggio. Torno sui miei passi, tenendo stretto, fra le mani, un grazie che non merito e che rimetto nei cuori e negli occhi di chi non si arrende . Presto sarà notte. Ancora qualcuno veglierà  e pregherà per un amore lontano. Dovremmo farlo tutti, come sentinelle in attesa, finalmente, dell’aurora. Maria LISMA

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