Ultime della sera: “Quando facevamo la salsa di pomodoro”

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
03 Settembre 2020 18:31
Ultime della sera: “Quando facevamo la salsa di pomodoro”

Alla fine dell’estate negli anni 70’ e 80’ in molte famiglie del sud Italia si celebrava un rito fondamentale: si faceva la salsa di pomodoro. Verso la fine di agosto bisogna procurarsi i pomodori. Chi poteva se li faceva regalare da amici o parenti che ne aveva in grande quantità, altrimenti bisognava comprarli ma chi li aveva nel terreno cominciava la raccolta dei pomodori nei campi e le metteva nelle cassette di legno. Non si potevamo lasciare lì per troppo tempo perché i pomodori da salsa sono più morbidi e marciscono in fretta.

Già un po’ di tempo prima si cominciavano a mettere da parte le bottiglie di vetro adatte. Quasi tutte le bibite erano buone allo scopo: birra, succo di frutta, ma si potevano utilizzare anche quelle dell’aperitivo e soprattutto quelle della gazzosa. I contenitori con la gomma e col coperchio sottovuoto sono arrivati in un momento successivo. Belli, uniformi ma vuoi mettere la poesia delle bottiglie diverse ogni volta? E tutte raccontavano una storia. Il chinotto che abbiamo aperto quando sono venuti gli zii o il succo di frutta di quando abbiamo fatto merenda al mare.

Fare la salsa poteva risultare lungo e complesso. Spesso bisognava chiamare rinforzi che aiutavano sì, ma poi avrebbero preteso, giustamente, la propria parte di bottino. Si cominciava col lavaggio dei pomodori che potevano essere tagliati a pezzi e messi nelle bottiglie. Oppure, secondo altre versioni potevano essere cotti, un po’ pelati e passati nel passatutto. Ognuno, giustamente, proponeva la propria, che era sempre la migliore! Ricordo che poi in tempi più moderni hanno inventato uno stano aggeggio che divideva il succo dai resti, che mi lasciava sempre un po’ perplessa ma questo velocizzava, in effetti, il processo.

Quando si raccoglieva abbastanza succo bisognava cuocerlo e poi si poteva metterlo nelle bottiglie. Un altro momento al quale partecipavo con piacere era quello del lavaggio e asciugatura del basilico. Poi se ne prendevano una o due foglie e si mettevano nelle bottiglie. La salsa si lasciava raffreddare. Poi le bottiglie, grazie all’imbuto e ad un “coppino” venivano prima riempite e poi, tappate con l’apposita tappatrice. Anche questo era un rituale che mi piaceva molto ma che si poteva solo osservare.

Lo dovevano per forza fare i grandi perché richiedeva gesti veloci e decisi. Un’altra attività nella quale venivo coinvolta era quella di avvolgere le bottiglie chiuse nella carta di giornale. Queste ultime si mettevano nel pentolone su un grande fuoco, una specie di falò casalingo finale che sigillava tutto il rituale. Dopo un po’ si spegneva e si andava a dormire. Durante la notte qualche bottiglia scoppiava sempre. Però l’indomani mattina ci sia alzava con la curiosità di andare a vedere e la maggior parte delle bottiglie erano rimaste intatte.

Si potevano scartare, riporre nelle cassette e lasciarle in pace per un paio di mesi in qualche scantinato o sottoscala. Alcune volte quando si giocava a nascondino si sentivano strani odori provenire dalla cassette: segno che qualche altra bottiglia, ahimè! non ce l’aveva fatta. Quando ero piccola credevo che il pomodoro fosse solo di colore rosso o al massimo un po’ arancione, giallino. Adoravo poi, quando capitavano tra quelli per l’insalata, vedere quelli verdi. Pensavo che i pomodori verdi fossero solo quelli poco maturi, fino a quando non è arrivato nelle librerie il romanzo “Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop” di Fannie Flag.

Allora ho scoperto che i pomodori verdi sono proprio una varietà particolare e sono utilizzati, con una speciale panatura, in questa ricetta tipica dei paesi del sud degli USA, descritta alla fine del libro. Oggi poi c’è una riscoperta di ortaggi e verdure in colori differenti. Abbiamo imparato che le melanzane sono anche bianche, il basilico viola e che le carote e i nostri amati pomodori sono anche neri. Sono delle varietà antiche ritenute altamente disintossicanti. Il pomodoro, in tutte le sue varianti è un ortaggio ricco di vitamine, ottimo antiossidante e depuratore del fegato.

Il pomodoro, col suo sapore di terra e d’estate, ingrediente fondamentale dei nostri piatti mediterranei e della pizza, viene celebrato in tutti modi. Pablo Neruda gli dedica persino un’ode. Ode al pomodoro di Pablo Neruda La strada si riempie di pomodori, mezzogiorno, estate, la luce si divide in due nella metà di un pomodoro e scorre per le strade il succo. In dicembre il pomodoro invade le cucine, entra per i pranzi, si siede, riposato, nelle credenze, tra i bicchieri, e le saliere azzurre.

Emana una luce propria maestà benigna. Ma dobbiamo assassinarlo: affonda il coltello nella sua polpa vivente e una rossa viscera, un sole fresco, profondo, inesauribile, riempie le insalate del Cile, si sposa allegramente con la chiara cipolla, e per festeggiare si lascia cadere addosso  l’olio, figlio essenziale dell’ulivo, sugli emisferi socchiusi, si aggiunge il pepe la sua fragranza il sale il suo magnetismo: sono le nozze del giorno il prezzemolo issa la bandiera, le patate bollono vigorosamente, l’arrosto colpisce con il suo aroma è ora! andiamo! e sopra il tavolo, nel mezzo dell’estate, il pomodoro, astro della terra, stella ricorrente e feconda, ci mostra le sue circonvoluzioni, i suoi canali, l’insigne pienezza e l’abbondanza senza ossa, senza corazza, senza squame né spine, ci offre il dono del suo colore focoso e la totalità della sua freschezza.

Certo fare la salsa richiedeva tempo, dedizione e fatica ma era proprio durante questi rituali che ci si riuniva con amici e familiari, si parlava, ci si confidava. Erano dei riti di passaggio che indicavano che l’estate volgeva al termine, la scuola stava per riprendere e l’autunno piano piano arrivava. Quello del pomodoro avrebbe rappresentato il sapore che ci portavamo appresso per tutto l’anno successivo. Fare la salsa era un rituale della vita “artigiana” che ci parla di tempi passati, era il modo più genuino per poter prolungare l’estate e portare il sapore del pomodoro in tavola in tutte le stagioni, in modo che fosse sempre festa.

Un rituale di cui avremmo bisogno anche oggi, da riscoprire, magari.   Saveria Albanese

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