Ultime della sera. Prendetevi tutto, ma non il mio festival di Sanremo

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
10 Febbraio 2020 18:00
Ultime della sera. Prendetevi tutto, ma non il mio festival di Sanremo

È rimasto poco di non detto sul senso degli italiani per il Festival di Sanremo, su quella meraviglia trepidante e fanciullesca con cui si accoglie la settimana sanremese come si accolgono le ferie d'agosto,. Perché questo ormai è diventato il Festival della canzone: la vacanza d' inverno, il pullman su cui saliamo per andare in gita scolastica, quelle belle gite scolastiche di una volta, fatte di canzoni, di divertimento e di cazzeggio. Ed ecco che, a noi stanchi della solita routine e desiderosi di staccare, la prima settimana di febbraio arriva Sanremo a salvarci.

Dimentichiamo tutto in quei cinque giorni: la politica ( non trovi più Salvini in giro neanche a cercarlo col lanternino, per alcuni interminabili minuti riesci a dimenticare pure quale governo abbiamo e come si chiama il premier,) il calcio, le pagelle di fine quadrimestre, i malanni di stagione, perfino l'epidemia più letale degli ultimi anni è stata derubricata (“Ma quel coronavirus ancora in giro è?”, ci chiediamo la domenica mattina, al risveglio da cinque interminabili nottate che poi, durante il giorno, ormai zombie, ci facevano fare solo le azioni essenziali alla sopravvivenza ma non certo aprire i giornali). Ci sono, o meglio c' erano, solo due occasioni in cui gli italiani mantengono questa fratellanza nazionalpopolare, senza mai sottrarsi: i mondiali di calcio e il festival di Sanremo.

Mentre i primi sono al momento uno sbiadito ricordo, Sanremo rimane quella messa cantata a cui tutti vorrebbero dire d' aver partecipato, e qualcuno che si ostina a snobbarlo lo fa sempre con minore convinzione e sempre col vecchio dubbio di matrice nannimorettiana: “Mi si nota di più se partecipo a questa isteria collettiva o se dichiaro di non guardarlo? “ Perché anche sottrarsi, ma facendo outing con orgoglio, è una forma di partecipazione al rito, stando dall' altra parte, salvo poi sentirsi esclusi, emarginati, privi di argomenti di conversazione e nel caso di quest' anno addirittura rammaricarsi di averlo evitato, come ha candidamente ammesso Natalia Aspesi oggi su Repubblica.

Perchè quando lo spettacolo è bello, la simpatia emerge, la coppia  Amadeus-Fiorello funziona, e i colpi di scena non mancano, hanno pure ragione quelli che vorrebbero ignorarlo ma lo guardano lo stesso, “tanto per saperne parlare”. La verità è che guardiamo il festival un po' per abitudine, un po' per noia, un po' perchè è un rituale, e dentro questo rituale finiamo per metterci tante cose, che poi sono le “ nostre” cose, tanti pezzettini della nostra vita che sono seppelliti da qualche parte e poi basta un niente per tirarli fuori. Dentro ci troviamo la nostra storia, la nostra infanzia, le sere davanti la tv con la famiglia, quando il festival era un appuntamento imperdibile, familiare, aggregante, non c'erano i social, ma noi ragazze compravamo “Sorrisi e Canzoni” dove c'erano i testi delle canzoni e il giorno dopo le cantavamo a scuola, con la professoressa di latino che se doveva allontanarsi dall'aula, l'unica raccomandazione che ci faceva era : “Fate i bravi e mi raccomando, non cantate!” Ed eccolo, allora, il Festival, che diventa amarcord e - tra un ritorno di A Bano e Romina e un Massimo Ranieri che canta Perdere l'amore - noi siamo già catapultati negli anni 80, in sella al nostro Bravo, coi libri di scuola e i capelli al vento, dentro i nostri giorni felici.

E quindi si, lo amiamo anche per questo, perchè c'era in un tempo, che sembra una vita fa, quando le canzoni erano la colonna sonora di amori che nascevano e amori che morivano, perchè i ricordi riemergono richiamati dalle note e dalle parole, perchè è la nostra memoria collettiva e , inevitabilmente, conforta, rasserena, placa le nostre ansie, consola le nostre paure, ci fa tornare a respirare. Ho ripreso a guardare Sanremo da quando sono sui social, dopo almeno un lungo decennio di disintossicazione in cui aveva, per me, perso appeal.

L' ultimo festival che ricordavo risaliva al primo Fazio, quello con Pavarotti e Dulbecco. Adesso ho ripreso a guardarlo perchè è leggero, è identitario, fa si che tutto quanto il resto passi in secondo piano, ti senti parte di un rituale collettivo, è l' unico collante rimasto in questo Paese, rinsalda le amicizie, ti permette di stare sui social con leggerezza e ironia, i profili fb diventano riunioni di condominio, feste di matricole con scherzi e goliardate, serate tra amici con birra e popcorn, tra commenti divertenti, frasi ad effetto, risate collettive, dove virtuale e reale si mescolano.

Perché, diciamolo pure, le canzoni sono una scusa, la musica è il pretesto, quello che conta è ciò che gli gira intorno, il conduttore, gli ospiti, i vestiti e i travestimenti, i monologhi , i pianti, le risate, le emozioni, che resterebbero relegate in un angolo se non fossero condivise, rilanciate, se non se ne parlasse e riparlasse. . E' un tempo tutto nostro, che riempiamo insieme di musica e parole, e di tutto ciò che  riusciamo a proiettarci.

Per questo, io che amo la musica, ma ancora di più amo le parole, e tutti quei rituali sociali che raccontano di appartenenza e di comunità, il festival di Sanremo non lo cambierei né con una crociera ai Caraibi né con una settimana bianca sulle Dolomiti. Quest'anno poi, che l'ho commentato con un gruppo di amici che fingevano di essere ostaggio delle mogli che li costringevano a vedere il festival e chiedevano di essere liberati, ma sotto sotto lo seguivano con curiosità,è stato davvero un piacere come pochi. E pazienza se a un certo punto ti addormenti, se lo guardi con un occhio solo, se ogni tanto cambi canale, se passi più tempo a leggere i commenti sui social che a guardare la tv. Se alla fine non ti accorgi nemmeno chi ha vinto, perchè preso più a riguardarti la piazzata di Morgan della sera prima che la proclamazione del vincitore, se sai tutto sui travestimenti di Achlle Lauro ma non ti gira in testa la sua canzone.

Che importa, il Festival è anche questo. E siccome “ il viaggio non è la meta ma è ciò che si prova” (semicit. sanremese riadattata), noi ci siamo comunque divertiti, chè di questi tempi è già tanto, e ci diamo appuntamento al prossimo anno. Su Raiuno, già mangiati, ma con il cellulare in una mano e i popcorn nell'altra. Catia Catania

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