Nel maggio del 1955 fu pubblicato da Garzanti il romanzo “Ragazzi di vita”. L'autore è uno dei più grandi intellettuali che l'Italia abbia mai avuto: Pier Paolo Pasolini. Con questo libro l’autore riuscì a catturare l'attenzione della società e incanalarla verso quei ragazzi che vivevano, allora anche oggi, una fase della loro vita piena di difficoltà.
Il romanzo racconta l'evoluzione verso la maturità e l'età adulta di un gruppo di ragazzi di un quartiere romano. La crescita avviene attraverso passaggi fondamentali: risse, piccoli furti, ragazze, prostitute e le morti, tra le quali quella del Genesio, un ragazzo come loro.
Pasolini mentre racconta le imprese dei suoi personaggi li osserva con "struggente tenerezza".
Fu proprio questo amore che contribuì a produrre nella società una profonda riflessione sull'importanza di un autentico aiuto rivolto ai giovani. Da allora in poi un nuovo valore si affacciò all’orizzonte della società. Quello di considerare un dovere promuovere la valorizzazione dei giovani, preoccuparsi del loro futuro e metterli in condizione di poter raggiungere i loro obiettivi, rendendoli quindi parte attiva di un progressivo miglioramento della società.
Dati anagrafici alla mano, chi scrive pensa di essere stato uno di quei ragazzi che ha potuto toccare con mano quella maggiore attenzione.
Un altro maggio, quello francese del '68, ebbe come protagonisti altri giovani. Il movimento del ‘68 provocò una forte ondata liberatoria dai molti pregiudizi ancora allora esistenti. Tuttavia, come spesso accade in questi casi, provocò anche forti reazioni e poi contraccolpi; quest’ultimi con conseguenze nefaste.
Pasolini da incommensurabile intellettuale qual era, capì subito il pericolo suscitato dagli eventi più violenti. Per questo motivo prese le distanze dal movimento. In particolare ricordiamo la sua presa di posizione sui disordini di Valle Giulia (ai quali seguì un ampio dibattito che può essere consultato sul web).
Famose le sue parole: «Avete le facce di figli di papà. Buona razza non mente. Avete lo stesso occhio cattivo. Siete paurosi, incerti, disperati (benissimo!) ma sapete anche come essere prepotenti, ricattatori e sicuri: prerogative piccolo-borghesi, amici. Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte coi poliziotti, io simpatizzavo coi poliziotti! Perché i poliziotti sono figli di poveri. Vengono da periferie, contadine o urbane che siano.»
Nelle file dei poliziotti Pasolini intravedeva i suoi Ragazzi di vita.
Oggi a 66 anni di distanza sembra che quella attenzione verso i giovani, quel valore così faticosamente costruito negli anni, sia andato disperso. Si ha l'impressione di vivere in un momento inverso, in cui le esigenze dei giovani sono mal viste e mal sopportate. In definitiva essi stessi non riescono più a trovare, oltre il recinto della propria famiglia, quel riguardo di cui hanno bisogno.
Che il maggio di quest’anno, allora, sia utile per iniziare a rimettere di nuovo al centro della nostra attenzione i ragazzi, la migliore parte della nostra società. Affinché possano ritornare ad interpretare un ruolo da protagonisti e ridiventare “La Meglio Gioventù”, così come recita un’altra opera pasoliniana.
di Domenico RIPA
La rubrica “Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna.
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