Ultime della sera: “Piero Gobetti e la rivoluzione liberale”

La grande assente della storia d'Italia

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
20 Giugno 2022 18:40
Ultime della sera: “Piero Gobetti e la rivoluzione liberale”

Ieri è caduta la ricorrenza della nascita di Piero Gobetti (Torino, 1901 - Parigi, 1926), una delle più lucide, feconde e lungimiranti intelligenze del Novecento italiano, brutalmente stroncata a soli venticinque anni dalla violenza squadrista. Letterato di vaglia, fu il primo editore delle poesie di Eugenio Montale, e filosofo di stampo illuminista, attraverso "La Rivoluzione liberale" e "Il Baretti", le vivaci riviste da lui fondate, fu un diffusore e catalizzatore di idee politiche di respiro europeo.

Attorno a lui, infatti, convogliarono i migliori rappresentanti dell'élite antifascista liberale, momento in cui tale termine definiva personalità nobili e salde come Carlo e Nello Rosselli, Piero Marinetti, Carlo Levi, Ferruccio Parri, Gaetano Salvemini, Giuseppe Antonio Borgese e non gli attuali farisei imbolsiti senza infamia e senza lode che arbitrariamente si sono nominati loro sedicenti eredi. Gobetti propugnava un liberalismo figlio del Secolo dei Lumi, che nulla aveva in comune la tradizione conservatrice egemone del liberalismo italiano, specchio di una borghesia miope e egoista, arroccata nella difesa dei propri privilegi al punto di allearsi con il clericalismo più retrivo e la destra reazionaria dando luogo al fascismo.

La tensione etico-politica che accompagnò la breve esperienza dell'intellettuale torinese trovò la sua più celebre e emblematica testimonianza nell'articolo "Elogio della ghigliottina" pubblicato nel 1922, in cui denunciò con largo anticipo la vera natura e persino l'esito del fascismo: una finta palingenesi del vecchio stato postunitario uscito fiaccato dalla Grande Guerra, in cui Mussolini nascondeva i suoi legami con le aristocrazie industriali e agrarie pronte a pretendere "i favori della protezione dello Stato". Con coraggio proponeva l'unica risposta possibile: "non possiamo star neutrali, non possiamo rimanere in benevola attesa...

Per noi il problema è tutto qui: di riuscire a essere i nuovi illuministi di un nuovo 1789". È davvero ammirevole la tensione etico-politica di questo ventunenne che vede nitidamente sia il problema sia la soluzione dei mali d'Italia, soprattutto se lo si paragona al prudente e pilatesco attendismo di don Benedetto, un mostro sacro delle patrie lettere. Gobetti individuò nel fascismo l'autobiografia di una nazione i cui antichi e irrisolti mali (la scaltrezza stracciona, il provincialismo culturale, il tronfio velleitarismo, la frivola faciloneria, il perniciosissimo dannunzianesimo piccolo borghese) andavano perdendo una forma pericolosa il cui solo rimedio efficace era un'opposizione intransigente e senza compromessi.

A distanza di un secolo molto è cambiato, il muro di Berlino è crollato e con esso il blocco sovietico, anche la Chiesa cattolica ha dovuto cedere parecchie posizioni a causa della globalizzazione con il suo portato relativista, tuttavia l'Italia ancora non ha conosciuto la sua rivoluzione liberale, nonostante sia invocata a gran voce dai principali schieramenti politici.

di Francesca RUSSO

La rubrica Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna.

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