Ultime della sera: “Ma Pinocchio dice le bugie?”

Non ho potuto resistere al fascino di Pinocchio, “ma Pinocchio dice le bugie?” È un articolo autobiografico

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
16 Aprile 2021 18:25
Ultime della sera: “Ma Pinocchio dice le bugie?”

di Antonio CARCERANO

Se pongo, a voi lettori, la domanda: Ma Pinocchio dice le Bugie?

Sono certo di sentire come risposta, per l’immaginario comune, un coro di Siiiii.

La convinzione più semplice e più diffusa.

Ma, se attenzionaste la fiaba del burattino più famoso al mondo, e vi fermaste, per un attimo, a rifletterci su concordereste con me che Pinocchio non dice le Bugie indiscriminatamente.

Pinocchio dice sì le bugie, ma soltanto a chi gli vuole bene.

Il mio incontro con libro più letto dopo la Bibbia, Pinocchio la favola senza tempo, risale a quando me lo donò, all’età di otto anni, la mia maestra Ilda Sillari.

Sfollato dopo il terremoto del 1968 a Follonica lo ebbi come benvenuto nella nuova classe.

A mia volta, in tante occasioni, ho regalato “le avventure di Pinocchio”, passando il testimone ricevuto in dono da bambino.

L’ultima volta, in ordine temporale, ad un bambino conosciuto attraverso la mia professione, incerto e provato dal duro e doloroso strappo della separazione turbolenta dei genitori, diventato poi un giovane uomo protagonista e sicuro della sua vita.

Attraverso un volo temporale di parecchi anni rincontro Pinocchio sulla mia strada a Santa Ninfa, nelle omelie della domenica tenute dell’allora Parroco da sempre mio amico nella vita.

Ma da un Pinocchio congiunto, mi è stato donato l’incontro più sconvolgente ed allo stesso tempo più doloroso, amaro.

Lui, pezzo di legno "che rideva e piangeva come un bambino” stregato però da Lucignolo e schiavo del suo lecca lecca al mandarino (ndr la droga).

La fiaba però purtroppo prende una brutta piega nel suo caso e non ha l’immancabile lieto fine.

Rimasto burattino, con tutti i suoi guai senza vero dominio di sé, non è diventando mai un bambino vero.

“Questo legno è capitato a tempo” capitò nella mia vita, come accadde a Mastro Ciliegia che non si domanda neppure da che parte arrivi quel pezzo di legno.

Arrivò in un tempo in cui non sapevo davvero esattamente cosa fare per far ripartire la mia provata vita.

Ero combattuto tra il riaccendere il fuoco spento della speranza, oppure fare un piede nuovo al tavolino malfermo del mio vivere.

Ma io non mi spaventai delle sue bizzarrie, non lo regalai a Mastro Geppetto, d’altronde lui un mastro Geppetto lo aveva già.

Assente certo, meno disposto a sacrificare il suo soprabito, ma c’era.

La Fata dai capelli turchini, non pervenuta.

E allora me ne presi cura, trasformandomi via via nel “Grillo Parlante” e cercando di soffiare l’alito della speranza in un freddo ceppo di legno.

Operazione miseramente fallita.

Proprio come il Grillo Parlante ricevetti la mia dose di ingratitudine.

“Non sei ancora fatto è già manchi di rispetto al padre?”

Lui, preciso preciso come al Pinocchio della favola, appena animato ha scalciato negli stinchi.

Amara storia la conversione non riuscita, questo Pinocchio non si è mai trasformato in un vero bambino.

Un burattino a cui però, a differenza della favola, non cresceva mai il naso ad ogni menzogna e falsità.

A cui tuttavia è toccata la stessa sorte di quella toccata al Pinocchio della favola, prima elevato al rango di Asino e poi ridotto miseramente a pelle di tamburo.

Anche lui vende l’abbecedario, e purtroppo non solo quello, per entrare nel paese dei balocchi e farne parte, per gustare quell’effimero lecca lecca al mandarino.

Lotta: tenzone tra il bene ed il male, diventata ahimè troppo comune a molte giovani vite.

Si è combattuta in passato e si combatte ancora oggi, innumerevoli volte, nel segreto di tante case, tra le mura domestiche che nascondono ma non affrontano, non risolvono.

Abbandonati a se stessi da chi invece dovrebbe proteggerli a ogni costo, anche da se stessi e dalla propria vita, avendogliela donata.

Procreatori che, per ignoranza, per debolezza, o peggio ancora per indolenza li lasciano vivere indisturbati nell’illusione, sola chiave interpretativa della realtà, che crea il lecca lecca al mandarino.

Lasciandoli alla convinzione che sia quella davvero la vita reale da spendere, liberi di fare la corte al mondo e soprattutto ai propri capricci.

Come fossero prodotti ineluttabili, malati di questa società.

Miseramente lasciati soli, senza regole certe ne prospettive future.

Sconfitti e vinti dalle fantasie dei lecca lecca al mandarino.

Condannati dunque a farsi trascinare dalla spinta verso il baratro nella ricerca di quel tesoro favoloso, agognato ma impossibile da trovare.

Un viaggio da figliol prodigo, dove il figlio perso non è ritrovato.

E il padre non lo attende nemmeno.

Un viaggio che come il nostro Pinocchio, in tantissimi intraprendono già all’età di 14 anni e dal quale il più delle volte non si riesce in alcun modo a strapparli.

Si considera talmente furbo che vuole vivere la vita a modo suo, mentre è solo governato da forze malefiche conosciute da bambino nei tour che la progenitrice gli fa compiere tra maghi fattucchiere e sedicenti santoni senza nessuna potenza redentrice.

Dalla Cieca volontà di apparire, pur di essere voluto bene in qualche modo e a qualsiasi prezzo.

Dall’istinto di sopravvivenza che gli rende accettabile qualunque compromesso.

Dal mai pago istinto sessuale oggetto di introiti e merce di scambio per effimere attenzioni.

Comprendo che abbiate l’impressione che ciò che avete, bontà Vostra, sin qui letto travalichi il testo di partenza, ma chi sa che esiste lo Spirito, non se ne meraviglia.

Per la salvezza occorre la verità: la verità sulla vita e sulla morte, sul senso dell’esistenza e sulla sua insignificanza, sulla felicità e sul dolore, sulla possibilità di speranza e sulla disperazione, sulla nostra origine e sul nostro ultimo destino.

Accade che lungo il peregrinare della nostra vita non mettiamo in debito conto il dolore, ma esso è là, può manifestarsi quando invece ti aspettavi la gioia.

Il dolore bisogna accoglierlo. Comprenderlo.

Non nasconderlo sotto il tappeto.

Decodificarlo.

Esprimerlo.

Gridarlo, per chiuderne il cerchio.

La rubrica “Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna.

Per contatti, suggerimenti, articoli e altro scrivete a: amicidipenna2020@gmail.com

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