L'alternativa a Sanremo c'è sempre. Ieri sera a RAI Storia in prima serata ad a.C d.C. c'è stato un meraviglioso servizio sull'influenza dell'Inferno di Dante nell'arte. Per l'Inferno ho sempre avuto un debole. Lo tengo sempre a portata di mano sul mio comodino. Il terzo canto lo conosco a memoria ma nonostante ciò non riesco a fare a meno di leggerlo per via del fatto che considero indispensabile la sensazione tattile che la carta mi da . Ho sempre considerato i suoi primi nove versi come la cosa più terribile che uomo abbia mai potuto scrivere.
Nove versi, nove rasoiate per recidere ogni possibile speranza una volta varcata quella soglia. Quasi un'uccisione dell'Uomo dopo la sua morte. Se dovessi scegliere un'opera d'arte che rispecchi meglio l'Inferno dantesco non esiterei a scegliere la Porta dell'Inferno di Rodin. La grandezza di Dante per me sta nel fatto che anche in un luogo così orribile ci fa trovare anche la bellezza se non addirittura l'amore. Paolo e Francesca per esempio. Per qualcuno riserva addirittura quasi ammirazione come con Ulisse ed alla sua astuzia.
Dante nelle vesti di giudice attribuisce le pene a volte anche concedendo circostanze attenuanti nonostante il pensiero dominante nella sua epoca. Alcuni versi del IV canto per poco non gli costarono l'accusa di eresia. Aver posto il Saladino, Avicenna ed Averroè nel Limbo e per giunta tra gli spiriti magni poteva costargli molto caro. Ma lui era un uomo di cultura ed in quanto tale non poteva e non può avere limiti né di spazio né di tempo. Corrado Sansone