di Carmela BARBARA E’ passato un anno e qualche giorno da quando ci hanno detto che il mondo stava per finire e che il genere umano era destinato all’estinzione. Ci hanno privati di ogni libertà, rinchiusi nelle nostre case e costretti a nascondere naso e bocca dietro mascherine sempre più spesse ed isolanti. Ci hanno reclusi vivi per salvarci la vita. (Pensate al paradosso) Perché fuori, nell’aria c’era (e c’è ancora, nonostante tutto) il maldetto virus in agguato, pronto ad attaccarci e ad ucciderci.
Man mano che i mesi passavano, ci hanno liberati e poi nuovamente rinchiusi. E poi ancora e ancora. Un’altalena inevitabile, per certi versi, ma che ha finito per ottenere esattamente l’effetto opposto. Così facendo, infatti, gli esseri umani che tanto abbiamo cercato di proteggere dal virus assassino, stanno morendo ugualmente. Molto meno velocemente, certo! Ma altrettanto inesorabilmente. Troppo drammatica? Dando uno sguardo ai dati di ieri dell’ultimo rapporto Istat e rilanciati dalle maggiori agenzie giornalistiche nazionali che parlano di meno nascite e più morti per la pandemia, c’è davvero poco da stare sereni.
Un triste binomio quello di un 2020, flagellato dal Covid-19, che ha portato come calcola l'Istat a un calo della popolazione in Italia di 384mila persone. "E' come se non ci fosse Firenze" spiega l'Istituto nazionale di statistica, aggiungendo come "il record negativo di nascite dall’Unità d’Italia, registrato nel 2019", sia stato "di nuovo superato nel 2020". Gli iscritti in anagrafe per nascita sono stati appena 404.104, quasi 16 mila in meno rispetto al 2019 (-3,8%). E ancora: per il 2020 si parla di crollo dei matrimoni e delle unioni civili che, già in calo nel 2019, si riducono del 47,5% nel confronto con l’anno precedente, attestandosi a 96.687.
A diminuire sono soprattutto i matrimoni religiosi (-68,1%) ma anche quelli civili registrano una perdita di quasi il 29%. Per quanto riguarda le imprese poi (e con i numeri mi fermo qui) si registra una netta flessione dell’indice del clima di fiducia dei consumatori, dovuta ad un diffuso peggioramento sia dei giudizi sia delle aspettative sulla situazione economica generale e su quella personale. In altre parole, nell’ultimo anno e mezzo è aumentato in maniera considerevole il numero dei poveri nel nostro paese.
Di quelli che, prima della pandemia, riuscivano in qualche maniera a sbarcare il lunario. E che l’idea di sposarsi e di mettere su famiglia non la disdegnavano, anzi. Oggi invece (a poco più di un anno dall’emergenza), il quadro è radicalmente cambiato. La classe media della popolazione è praticamente sparita, andando a rimpolpare le fila a margine della catena produttiva: i poveri appunto. Basta dare uno sguardo agli scaffali dei supermercati per capire verso dove stiamo andando. Nei reparti dove campeggia la scritta “meno costoso” i ripiani sono sempre più spesso vuoti e non perché di merce ne mettano poca, ma semplicemente perché va a ruba.
La cosa che fa più pensare è la qualità offerta a prezzi stracciati. Per fare degli esempi: carne di pollo 3 euro chilo; maiale 5 euro. E ahimè, risultano essere ormai le carni scelte di chi non arriva più a fine mese. Ma ci siamo chiesti come si può vendere un prodotto del genere a questi prezzi? Abbiamo fatto un giro per capire dove e come sono nutriti e allevati gli animali, poi macellati, le cui carni vengono vendute ad un prezzo così stracciato? E quanti antibiotici e scarti di produzione (anche animale) abbiano dovuto ingerire queste povere bestie, per crescere in fretta e poi morire il prima possibile così da diventare cibo per i poveri? E vogliamo parlare dell’olio d’oliva o del vino (o sedicenti tali) che fanno bella mostra di sé nei vari scomparti dei supermarket a prezzi iper, super, scontatissimi? Mio nonno lo diceva sempre che il vino si può fare anche con l’uva.
Battuta mai più attuale di oggi, direi. Una volta non si usava, ma l’era moderna ci ha portati a pensare che la stessa massima si può applicare anche per l’olio. Perché altrimenti, qualcuno di questi bravissimi nel marketing, deve spiegare a noi che in campagna ci siamo nati e cresciuti, come può un litro d’olio costare meno di 3 euro, bottiglia ed etichetta compresa. E così ovviamente, per il pane, per il riso e per la pasta. E stiamo parlando solo dei generi di prima necessità, degli alimenti che mangiamo tutti i giorni.
Naturalmente per chi se lo può permettere c’è sempre la carne di qualità, sulle cui confezioni viene specificato il luogo di allevamento, quello di macellazione e un certo controllo sull’alimentazione. O sulla bottiglia di vino di un certo tipo, nell’etichetta viene specificato l’annata, il vitigno e la cantina. Così come per l’olio EVO e tutto il resto. Ma in questi reparti dove i prodotti di qualità fanno bella mostra di sé, non c’è mai la scritta “sotto costo”.
Per tutti gli altri, i prodotti in sconto, sono un’occasione da non perdere assolutamente, per riempire i carrelli e le dispense di casa. Così che i figli prima, e gli altri poi, abbiano di che mangiare e nutrirsi. Di che tipo di veleno si stiano alimentando è argomento che non è utile trattare in questa fase. Disquisire di tali ragionamenti sarebbe mortificante oltreché oltremodo frustrante, per qualunque essere umano (superstite) ancora esistente sulla faccia della terra.
Intanto, sui cellulari sbarcano le applicazioni per i poveri e gli impoveriti della piccola borghesia, e soprattutto per i giovani squattrinati, grazie alle quali è possibile rintracciare praticamente in tempo reale il cibo che avanza nei supermercati o nei ristoranti, prossimi alla scadenza o invenduti, a prezzi scontati fino al 50%. Non solo i poveri mangiano cibi scadenti, ma in molti casi addirittura scaduti. Certo per vedere gli effetti di questo lento ma costante avvelenamento ci vorrà tempo.
Anni sicuramente. Nel frattempo affrontiamo la pandemia, indossiamo le mascherine e tentiamo di mantenerci in vita. In attesa del vaccino. Per quanto riguarda la qualità della vita che stiamo, nostro malgrado, vivendo è tutto un altro paio di maniche. La rubrica “Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna. Per contatti, suggerimenti, articoli e altro scrivete a: amicidipenna2020@gmail.com