Ultime della sera: “Il tempo dei nudi. E’ ora di saltare e obbedire solo alla verità su se stessi”

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
27 Ottobre 2020 18:01
Ultime della sera: “Il tempo dei nudi. E’ ora di saltare e obbedire solo alla verità su se stessi”

E’ giunta l’ora di fare il SALTO. Al di là del bipolarismo covid - no covid e delle polemiche associate, autentici salassi di energia, è il tempo di andare oltre, di trascendere il dilemma se adattarsi alla nuova normalità o rimpiangere la vecchia. È ora di OBBEDIRE alla VERITÀ che si palesa nel proprio SÉ e di riconoscere la menzogna che ci vuole muti, impotenti, sterili. Il qui e ora è in realtà un’eccezionale, meraviglioso acceleratore del processo di cambiamento. Il CAOS è il principio motore, gravido di orrore ma anche di colore, luce e possibilità.

Proviamo a pensare: quante volte abbiamo riflettuto su quanto fossimo tragicamente lontani dal risolvere i veri problemi dell’umanità (primo fra tutti quello ambientale), a quanto fossimo incastrati in uno stile di vita globale insostenibile, stagnanti nei paradossi del liberismo: la corruzione, il degrado umano, culturale, spirituale. Chi non ha mai sospirato: “… avremmo bisogno di qualcosa di forte, uno shock che provochi un risveglio collettivo, un’onda anomala di consapevolezza, un fulmine, un salto d’ottava, il famoso salto quantico…”? Ebbene eccolo.

Il canto della nostra anima l’ha chiamato. Non è esattamente un tripudio di campanelli e scritte “Welcome new World!”. Si tratta di una prova, d’un passaggio di morte e rinascita che chiede un salto della coscienza spirituale in senso laico. Un salto che rilasci l’energia vitale dell’Uomo bloccata da tempo immemore da logiche anti-vita. Dobbiamo aspettarci che anche fra i parenti e gli amici che pensavamo fossero affini a noi, ci sia chi non riuscirà a saltare e questo sarà doloroso.

La coscienza collettiva sta subendo una divaricazione e probabilmente si arriverà a un punto di rottura. Non sarà fra quelli dentro casa paralizzati dal terrore e quelli in strada arrabbiati caricati dalla polizia. Sarà fra chi salta e chi non ce la fa. Non si tratta neppure di ripristinare il vecchio sistema perché quello è il vero VECCHIO zombie che ormai miete morte materiale e spirituale da più di un secolo. Dobbiamo tenerci svegli gli uni con gli altri e capire che il conflitto in strada, le reazioni degli etichettati “negazionisti”, sono solo l’altra faccia della stessa medaglia, l’antitesi che serve per rafforzare una tesi e ricavarne una sintesi di sottomissione a logiche molto più complesse di quel che sembra, vecchie ma terribilmente potenti.

"Saltare" è tutta un’altra via. Penso che a molti questo sia chiaro. Meno chiaro è il perché non tutti la vediamo allo stesso modo. Perché fra i compagni di percorsi spirituali, le persone più acculturate, gli intellettuali ci siano percezioni della situazione così divergenti. C’è una ragione abbastanza facile da osservare che proverò a spiegare. Ho già avuto modo di scrivere che il terreno di “gioco” di questa partita sono le emozioni. A essere manipolata non è solo la mente delle persone ma lo sono anche la pancia e il cuore, ovvero l’istinto di sopravvivenza e gli affetti fondamentali.

Si fa leva cioè sull’asse emotivo paura-rabbia, che sono come la nitro-glicerina. Supponiamo che la paura sia l’acido nitrico e la rabbia la glicerina. Analizziamo il componente paura-nitro. Avrete notato come in questi tempi, si faccia appello smodata al “senso di responsabilità” nei confronti degli altri, specie delle persone fragili. Ebbene, la leva affettiva sulla quale si agisce si chiama COLPEVOLIZZAZIONE che è uno degli stati interiori più insopportabili per l'essere umano, specie per i giovani che hanno un’identità ancora poco integrata.

Non si tratta di semplice senso di colpa, ma di una pressione psichica accusatoria che viene fatta a prescindere da una colpa reale. E’ un impianto emozionale subdolo (tipico delle dittature), che non solo governi e media adottano, ma che presto è utilizzato dalla gente per scaricare la pressione della colpa percepita per l’aumento dei casi, dei morti, delle chiusure ecc.. su altro o sugli altri: i bar colpevolizzano i bagnanti dell’estate scorsa, i bagnanti quelli della movida, i vecchi colpevolizzano i giovani, i giovani ligi i compagni non ligi, gli atei quelli che vanno a messa, quelli che vanno in chiesa i runner, gli italiani gli stranieri, al destra la sinistra, gli usa la cina e viceversa e così via.

La questione è che il meccanismo della COLPEVOLIZZAZIONE si installa nell’istinto sociale, gregario dell’essere umano, che non può sopportare d’essere accusato e giudicato o di essere escluso. Gli untori, si sa, erano allontanati, confinati (fate sempre attenzione all’uso delle parole… sono formule magiche). Il sistema, attraverso i suoi media, “parla” all'inconscio sociale delle persone in questo modo: “Attento! Se trasgredisci alle norme o la pensi diversamente sei COLPEVOLE della morte di migliaia, milioni di persone, forse anche della morte di tua nonna”.

Si usa apposta la parola edulcorata “RESPONSABILE”. Benché non sia assolutamente il sinonimo di colpa, è comunemente scambiato per essa. Responsabilità è più digeribile, è assorbito meglio. Piuttosto che sentire un alito di questo sentimento e nonostante razionalmente si avverta l'incoerenza di quello che sta accadendo intorno, la gente si paralizza e si comporta nel modo in cui si è ritenuti socialmente INNOCENTI. Si fa leva sul conflitto innocenza-colpevolezza, cattiva coscienza-buona coscienza su scala mondiale.

E’ come avere un super genitore che ripete continuamente al figlio “se ti comporti nel tal modo, mamma e papà muoiono” oppure “ se fai la tal cosa tu morirai”. Sono incantesimi micidiali. Poniamo che a un campione di persone fosse posto il seguente dilemma: 1. Vai a trovare la nonna anziana che sta molto male 2. lascia che nonna muoia da sola Sottoposte alla pressione della colpevolezza implicita d’essere andate al lavoro o a scuola, a bere l’aperitivo, in palestra, a passeggiare con un amico, la scelta della maggioranza delle persone cadrebbe sull’opzione 1.

Piuttosto che rischiare di sentire la pressione della presunta colpa d’essere “untore” del covid 19 (le altre infezioni la mente non le considera neppure), la maggior parte lascerebbe morire la pur cara nonna in solitudine. Non per cattiveria e probabilmente neppure per paura d’esser a sua volta contagiato. E’ un altro meccanismo: è la banalità del male. Quello che solo pochi mesi fa sarebbe stata una scelta socialmente deprecabile, oggi è ritenuta INNOCENTE e ciò solleva dal senso di colpa e dalla vergogna.

A proposito della nonna, apro una parentesi: penso invece, che coi fantasmi delle persone che sono state lasciate morire sole e terrorizzate in questi mesi, covid o no covid, dovremo presto fare i conti in termini di inconscio collettivo. Spero di parlarne a breve. Chiusa parentesi. Passiamo alla rabbia-glicerina. La paura, se prolungata e compressa per troppo tempo, scatena un’over-dose di adrenalina e con essa RABBIA che può essere rivolta fuori da noi o dentro di noi. Se esternata e fatta confluire in un contesto collettivo (Napoli i giorni scorsi, per intenderci), si trasforma facilmente in violenza.

La strada diventa il surrogato degli “emoziodromi” istituzionalizzati, ormai tutti chiusi. Sono quei luoghi dove la gente sfoga le tensioni e/o si ricrea: gli stadi, le discoteche, le ludoteche, i casinò, i teatri, i cinema, i concerti, le palestre, le chiese e le feste. In particolare gli stadi, col rito dello sport e i luoghi dove si gioca in modo competitivo (anche d’azzardo), nei tempi di pace hanno la funzione di raccogliere e regolare gli affetti aggressivi che vengono sublimati nelle attività che ivi si svolgono.

Protestare non ha solo il significato di esprimere dissenso ma ha la funzione di far sbollire la tensione insopportabile. Sull’onda della rabbia che esplode ci sono anche le violenze domestiche, gli omicidi, il vandalismo, il cyber bullismo, gli abusi sessuali, i litigi per strada, nei bar, a scuola ecc. Quando invece la rabbia si scatena internamente può diventare malattia fisica (cardio circolatoria e cancro in particolare) o malattia mentale, depressione, auto lesionismo, disturbo alimentare, suicidio.

Il governo italiano deve iniziare a valutare questi risvolti in relazione alla decisione di un nuovo confinamento. La nitro e la glicerina, a contatto, esplodono. E torniamo al SALTO. Se riusciamo a trascendere gli stati psicologici sopra descritti, abbiamo buone probabilità di vedere cosa c’è nel brodo del caos oltre la situazione contingente e scorgere un orizzonte nuovo. Si può scegliere, dapprima dentro di sé, di lasciare alle spalle il VECCHIO zombie tenuto in vita grazie alla logica dell’egemonia culturale e del sacrificio della creatività dei giovani.

I migliori ragazzi sono spremuti come limoni nelle multinazionali. Gli altri diventano carne da macello. Un tempo erano mandati in guerra, oggi diventano soggetti destinati al consumo compulsivo di ciò che vuole il VECCHIO zombie. Chi pensa di poter restaurare il vecchio sistema come hanno fatto i ben noti movimenti degli ultimi anni, finirà per ritrovarsi negli stessi contenitori, con le stesse dinamiche, nello stesso stagno maleodorante di sempre. La Costituzione italiana è bella, sì, ma è come il cuore di un corpo morto.

Occorre creare qualcosa di completamente nuovo, tutto da immaginare. Questo è il lato sociale e politico (inteso come polis) del SALTO. Non è facile e non è certo indolore ma, essendo questo tempo un acceleratore di processi, potrebbe accadere tutto molto più in fretta di quanto si pensi. Per affrontare il salto occorre attivare e sviluppare i potenziali spirituali dell’essere. Non si tratta d’essere intellettuali o acculturati o di aver fatto tanti corsi di crescita personale.

Chi ha lavorato su se stesso solo con la testa o solo con la pancia, potrebbe non essere attrezzato spiritualmente. Piuttosto, penso che SALTARE o non saltare, sia una questione di cuore e dipenda da quanti panni la Vita ci abbia tolto di dosso in termini di sovrastrutture educative, socio-culturali, condizionamenti personali e famigliari. Dipende da quanto siamo NUDI. Penso che questo sia il tempo dei nudi, di chi sa rimanere fermo, spoglio, nel vuoto, nel “senza”… nell’ES-SENZA.

Mettiamoci in cammino nella notte dunque, insieme e senza mappe, disposti a sbagliare strada e riprovare, portando con noi solo i Valori che contano e poco altro. Andiamo avanti senza voltarci. L’alba forse è ancora bambina, ma è certo che la luce crescerà e arriveremo a Casa.   Monica Antonioli

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