Questo è il giorno del “tutto è compiuto”. Il corpo sacrificato sulla croce, consegnato alla Madre straziata, nella sua ora più lunga e più terribile, ora è deposto nel sepolcro. Solo silenzio. Dio sembra scomparso tra le pagine della storia. La memoria è svuotata (eppure avremmo dovuto imparare da essa), il presente è frammentato (siamo smarriti, sgomenti, attoniti e confusi), il futuro non ha volto (eppure avremmo dovuto crederci, era tutto nelle nostre mani).
Da questa parte della pietra, solitudine e sgomento. Il cuore è lacerato. Anche i più fedeli e leali amici (poiché “non vi chiamo servi ma amici”) hanno nel cuore il vuoto gelido della morte, della delusione e si avviano nella disperazione, al nascondimento.
L’angoscia dell’assenza, pervade ogni cuore.
E non è forse anche questo nostro tempo un profondo e lungo Sabato Santo? Il sabato senza fine della storia che non impara da se stessa. Il mondo è disseminato di croci innalzate senza sepolcri e i corpi lacerati, bagnati dall’aceto dell’odio folle della guerra, senza neanche la dignità della sepoltura, giacciono senza bende e senza olii nelle fosse comuni, in un freddo abbraccio, che non consola.
Quando torneranno bianche le fasce insanguinate dal dolore?
Questo sabato è un’ora, un giorno, una stagione, un tempo che si ripropone in ogni Golgota al quale giunge ogni via crucis.
Dèstati Signore, non vedi che stiamo affondando? Vieni fuori dal sepolcro, non lasciare che duri in eterno questo Sabato Santo. Questa libertà di cui ci hai fatto supremo dono, ci fa scegliere l’oscurità del male.
Vorremmo saltarlo questo giorno, vorremmo passare dal buio dell’ora sesta sulla croce, alla resurrezione, alla rinascita. Abbiamo bisogno della luce di un raggio di Pasqua che scaldi i nostri cuori.
Questo abbiamo creduto: che tutto comincia dalla Croce, passa dalla pietra del sepolcro e si compie nella luce. Ma questa luce, tarda ad arrivare.
Troppi restano nel buio del proprio dolore ad abbracciare il vuoto del figlio che non torna, del padre che muore per strada, della madre fatta a pezzi da una bomba, del compagno morto per la libertà e di quello morto senza sapere il perché. Ad ogni angolo di strada, si erge la pietà del corpo trafitto e deposto.
E noi non sappiamo rispondere alla domanda antica del “perché?”: ci veste l’aporìa del nostro “non lo so”. Possiamo solo esserci, possiamo solo starci, possiamo solo sperimentare “l’accanto, il con”.
Nel giorno del silenzio, Dio parla attraverso il bene che compiono le donne e gli uomini che Egli ama: qualcuno apre la propria casa, qualcun altro cura ferite, altrove, anche lontano, qualcuno ancora prepara scarpe e coperte per piedi nudi e corpi tremanti, altri pure spalancano le braccia e offrono conforto. Altri operano per la pace, con la pace.
È in mezzo al buio che si intravede il chiarore dell’amore, il miracolo che irrompe nella atrocità del male, affermando la sua forza che non teme la morte.
Come nella notte più lunga, le donne preparano balsami per il corpo che giace senza vita e si chiedono “chi sposterà per noi la pietra?”. E’ ancora notte fonda, ma già nasce la prima domenica del mondo.
È l’aurora stessa che fornisce la risposta: il masso è spostato, il sudario ripiegato, il sepolcro vuoto.
L’amore ha scavato le proprie radici nel buio, ha allungato il capo verso la luce, ha spalancato le proprie braccia per raccogliere l’umanità dispersa.
In attesa del prodigio, abitiamo le tenebre aprendo fessure di luce e ci prepariamo a pronunciare le parole risorte :“Pace a voi”. Anche quando il dolore lacera le viscere, toglie le parole e chiude con il masso la porta del sepolcro, e il mistero ci appare fitto e ingiusto, sia pace a noi, sia pace in noi.
A quanti, nella nostra comunità cittadina e in ogni parte del mondo, stanno sperimentando l’angoscia dell’assenza e la disperazione del sepolcro chiuso, auguro il conforto della speranza, la consolazione della vicinanza, la voce dell’Angelo all’aurora.
Buona Pasqua di Resurrezione.
di Maria LISMA
La rubrica “Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna.
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