A volte le storie di famiglia che ascolti da bambino (storie di guerra, di lontananza, di sopravvivenza, ma anche di solidarietà umana) si materializzano inaspettatamente grazie al magico mondo di Internet e ti regalano immagini, testimonianze, nomi e cognomi, date e luoghi. Così succede che un giorno ti ricordi qualcosa, ti prende una nostalgia dolcissima, ti sovviene tuo padre, e la tua cara mamma e i loro frammenti che provi a ricomporre, googlando su una tastiera le parole chiave: prigionieri di guerra…Australia…Agostino.
Ed ecco che quell’oceano virtuale, sul quale navighiamo seguendo a volte rotte improbabili, si schiude e deposita sulla riva della tua spiaggia personale un piccolo tesoro, che ti richiama alla memoria la voce dei tuoi cari, e ricompone alcuni frammenti di vita in un piccolo puzzle fatto di una busta ingiallita dal tempo, del sorriso di una ragazza sconosciuta, dei fatti realmente vissuti, sulla propria pelle (e non è una metafora) dai soldati italiani, da uno in particolare.
Ma ecco la storia. Tanti italiani durante la Seconda Guerra Mondiale furono fatti prigionieri e portati in Australia e riuscirono a tornare a casa parecchi mesi dopo che la guerra era finita. Uno di questi era Agostino e queste poche righe raccontano di come fu che Irma gli salvò la vita e di come Rosa, sua madre, la ringraziò con una lettera di carta che viaggiò da Prizzi ad Ayr, per oltre quindicimila chilometri.
Il 30 aprile 1944 arrivò a Cowra (una piccola città nella regione centro-occidentale del New South Wales in Australia) il primo gruppo di 115 prigionieri di guerra italiani. Questi prigionieri provenivano da tutti i ceti sociali e furono inviati al Q6 Home Hill Hostel per completare la costruzione dell’Ostello, ciascuno per le proprie competenze. I nostri connazionali vennero così impiegati per le più svariate mansioni: polizia, parrucchiere, scultore, birraio, libraio, marinaio, elettricista, lattoniere, piastrellista, muratore, linotipista, ciclista, sarto, mugnaio, muratore e fabbro. Tra questi c’era anche Agostino, di Prizzi, impiegato delle poste.
Una giovanissima infermiera tirocinante, di origini italiane, Irma, lavorava in quel tempo all'Ospedale Generale di Ayr, una piccola città nella Contea di Burdekin, Queensland in Australia, a circa duemila chilometri da Cowra, dove alcuni dei prigionieri di guerra italiani del Q6 Home Hill Hostel vennero ricoverati. La regola militare prescriveva che i prigionieri di guerra non potessero fraternizzare con le donne, ma Irma non aveva alcuna intenzione di lasciare che i regolamenti militari intralciassero i suoi compiti di infermiera.
Agostino, prigioniero di guerra, venne ricoverato in ospedale per una appendicite cronica il 29 maggio 1944. La storia racconta che il primario dell’ospedale si era rifiutato di operarlo, ma il giovane medico, dottor Kelly, grazie all’intervento coraggioso di Irma, non esitò ad agire secondo gli obblighi morali della sua professione. Una volta ricoverato in reparto, infatti, Irma si rese conto che Agostino non parlava bene l’inglese e si prodigò per parlare con lui in italiano e capire meglio cosa lo affliggesse. La Capo Sala ordinò ad Irma di interrompere i suoi contatti con questo prigioniero e di non parlare in nessun caso con lui. Ma l'audace diciottenne, presentò immediatamente le proprie dimissioni al dottor Kelly, senza motivo. Il medico volle ascoltarla e, dopo averla interrogata, capì quale fosse il problema e condivise il valore della protesta di Irma, respingendone le dimissioni e provvedendo ad operare Agostino, salvandogli la vita.
Agostino trascorse un mese presso l'ospedale Ayr e il 29 giugno 1944 ritornò a Q6 Home Hill Hostel. Il giovane dottor Kelly, divenuto sovrintendente medico, era tenuto in grande considerazione e così scrisse di Irma nel dicembre 1945: "Lei [Irma] ha dato eminente soddisfazione, a causa della sua obbedienza, applicazione al dovere ed all'intelligenza".
Nel frattempo la guerra finiva, ma il nostro postino siciliano poté tornare a Prizzi, in Italia, soltanto nel gennaio 1947. Al ritorno a casa raccontò le sue vicissitudini, tra cui la permanenza in ospedale e le cure prestategli da Irma, che pur di compiere il suo dovere di infermiera aveva sfidato le regole dell’ospedale e quelle militari.
Il racconto di Agostino colpì nel profondo del cuore sua madre Rosa, che decise di scrivere una lettera di ringraziamento alla piccola grande Irma, senza la quale suo figlio sarebbe potuto morire in quella lontanissima terra d’Australia.
“ Prizzi 20 febbraio 1947
Gentilissima Signorina Irma,
…Da mamma sento il bisogno di ringraziarla attraverso questo foglio di carta e spero che accetterà questa povera lettera. Mio figlio mi ha raccontato del periodo trascorso in ospedale e di tutto quanto lei ha fatto per salvargli la vita. In lei ha trovato un’amica speciale, indimenticabile, una persona che rimarrà anche nel mio cuore. Vorrei poterla incontrare di persona per poterle dire tutto quello che sente il mio povero cuore, che non posso mettere su carta.
E quindi mia gentilissima signorina, questo è un piccolo segno della mia stima e di tutta la mia famiglia da trasmettere ai suoi cari. Le auguro buona fortuna e ogni genere di bene. Mi consideri la sua amica sconosciuta.
Rosa Leto.”
Irma non si prese cura soltanto di Agostino, ma di tanti altri prigionieri di guerra italiani ricoverati nell’ospedale di Ayr che trovarono in lei un punto di riferimento non solo linguistico, ma soprattutto affettivo e professionale. Nel 1992 Irma Vettovalli (ora signora Irma Pane) ha ricevuto un premio dal Gruppo Alpini e Amici che hanno voluto esprimerle la loro profonda gratitudine per il “Nobile gesto di dedizione umana per i prigionieri di guerra italiani ricoverati in ospedale durante il periodo bellico".
Irma ha scritto così di quei tempi: “Grazie alla mia dedizione all'assistenza infermieristica ad Ayr, sono entrata in contatto con persone di ogni ceto sociale, colore e credo. Avendo avuto rispetto e compassione per tutti durante la loro malattia, anch'io ho guadagnato il loro rispetto. Negli anni della guerra, in alcune occasioni solo gli ignoranti facevano commenti offensivi…”
per chi volesse approfondire:
https://italianprisonersofwar.com
di Antonella MARASCIA
La rubrica “Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna.
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