Ultime della sera: “Adriano e Antinoo, un amore fra storia e mito”

Eros tiranno rese umano un imperatore e divo un fanciullo

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
14 Febbraio 2022 18:30
Ultime della sera: “Adriano e Antinoo, un amore fra storia e mito”

Quando ho visto la data del mio articolo coincidere con San Valentino non ho potuto fare a meno di pensare a una storia d’amore come argomento; senza pensarci troppo la mia scelta è caduta su quella enigmatica e affascinante fra l’imperatore Adriano e il giovanissimo Antinoo.

Publio Elio Traiano Adriano nacque nel 76 d. C. a Italica nella Hispania Betica (o a Roma secondo altre fonti), assurto alla dignità imperiale nel 117 come successore di Traiano, di cui nell’anno 100 aveva sposato una pronipote, Vibia Sabina, ma fu “poco contento del matrimonio”. Durante il suo regno perseguì principalmente l’obiettivo di rafforzare e unire ulteriormente l’Impero, investendo notevoli risorse in infrastrutture e astenendosi da campagne militari di conquista, preferendo consolidare la solidità dei confini, come testimoniato dalle numerose fortificazioni.

Adriano, egli stesso soldato valoroso e austero, si impegnò molto nella gestione dell’esercito infiacchito dagli ozi al fine di riportarlo all’antica disciplina, dando esempio di rigore e sobrietà. Come testimoniato dalle fonti, tuttavia, l’imperatore non disdegnava l’amore e le arti, numerosi sono stati i suoi amici, con i quali era munifico di doni e di versi poetici, anche se era umorale e volubile. Compì frequenti viaggi per rafforzare il legame delle diverse province con Roma e fu durante un soggiorno in Bitinia intorno al 123 che incontrò Antinoo un bellissimo giovinetto di origine greca.

Adriano si invaghì di lui e lo fece suo, il fatto non era una novità ma stavolta l’iniziale attrazione erotica si trasformò ben presto in una passione profonda e totalizzante. Adriano era già un uomo maturo, alto, possente, muscoloso, il volto severo e espressivo dai lineamenti marcati ma armoniosi, era incorniciato dalla barba secondo la moda greca. Il suo aspetto mostrava le sue due anime: quella del soldato forte e infaticabile e quella dell’esteta cultore delle arti e delle lettere elleniche tanto da essere soprannominato fin da bambino “graeculus”, Antinoo invece era un fanciullo bellissimo dal corpo ben proporzionato, dai tratti finissimi e acerbamente sensuali.

Non passò molto tempo e i due divennero inseparabili. Questo genere di relazioni all’epoca non erano scandalose e non suscitavano particolare riprovazione, l’influenza della cultura greca aveva portato molti aristocratici romani a avere giovani amanti maschi, senza che ciò impedisse loro di avere regolare famiglia e di distrarsi con concubine e meretrici. Affinché la relazione tuttavia non risultasse oltraggiosa e disonorevole erano richieste le seguenti condizioni: l’uomo più anziano e ragguardevole doveva avere un ruolo dominante all’interno della coppia (erastès, amante) rispetto al più giovane e meno prestigioso socialmente (eròmenos, amato).

Nello specifico, Adriano era un uomo in età matura e infinitamente ricco e potente, Antinoo un adolescente provinciale e di umile condizione, quindi i requisiti c’erano tutti, o quasi… Non dimentichiamo che il matrimonio con Vibia Sabina era stato infecondo, molto probabilmente non era stato nemmeno consumato e Adriano non provava nemmeno affetto per lei al punto di dire, dopo aver allontanato dei cortigiani sgraditi, che “anche la moglie avrebbe lasciato, come bisbetica e intrattabile, se fosse stato cittadino privato”.

Adriano era follemente e sinceramente innamorato del suo efebo e non ne fece mistero, lo introdusse a pieno titolo nella cerchia più esclusiva dell’entourage imperiale, convivevano nella meravigliosa Villa Adriana e non si separava mai da lui. “Si non caste tamen caute” consiglierà più tardi la Chiesa Cattolica ai suoi chierici e fu questa mancanza di cautela che diede fastidio al patriziato romano. Voci, pettegolezzi, maldicenze correvano numerose e veloci, allora Adriano decise, nonostante qualche problema di salute, di allontanarsi da Roma e dalle meschinità di corte verso mete esotiche e lontane, naturalmente con il suo adorato Antinoo.

In Egitto, si dedicò a una delle sue grandi passioni, la caccia al leone. Molteplici furono gli svaghi trascorsi fra tenzoni poetiche, cerimonie reali e, naturalmente, le immancabili e inebrianti veglie amorose, finché l’idillio non fu interrotto tragicamente. Nell’ottobre del 130, durante una crociera sul Nilo, si verificò un grave incidente, per ragioni sconosciute Antinoo cadde nel fiume e annegò. Le fonti antiche riportano sia l’ipotesi di un banale incidente sia quella di un sacrificio rituale con cui si preservava la salute e la vita dell’imperatore in cambio di quella del giovane amato, oppure che lo stesso Antinoo si sia suicidato timoroso di veder sfiorire la sua bellezza.

Gli storici moderni invece propendono più pragmaticamente per una congiura di palazzo volta a scongiurare il rischio che Adriano adottasse Antinoo. Di certo le fonti concordano sulla impetuosa e veemente reazione dell’imperatore il quale non si curò di nascondere i propri sentimenti. Colui che aveva dimostrato di saper condividere le durezze e le privazioni della vita militare, di abbattere un leone con l’arco appena comprese di aver irrimediabilmente perduto il suo Antinoo, abbandonò l’abituale dominio di sé e, come riporta il suo biografo Sparziano nella Historia Augusta, “muliebriter flevit” (pianse come una donna).

Adriano ritornò alle proprie responsabilità e ebbe altre storie, ma non dimenticò mai il suo grande amore e ne coltivò la memoria in modo quasi ossessivo. Fece costruire una città vicino al luogo dell’incidente, Antinopoli, collocò lungo tutto l’Impero un numero considerevole di statue, gli intitolò una stella e lo divinizzò. Adriano visse il resto dei suoi anni dedito alla gestione della res publica, convivendo con l’idropisia che tanto lo tormentò negli ultimi anni. Morì a Baia nel 138.

Con la scomparsa dell’imperatore, gradualmente il culto di Antinoo andò scemando, anche se il ricordo di questo fanciullo dal volto dolce e malinconico restava vivo fra il popolo. Quando la spiritualità tradizionale romana cominciò a declinare sostituita dall’avanzante Cristianesimo, l’imperatore Teodosio con l’Editto di Tessalonica (380) ordinò la distruzione delle statue di Antinoo, testimoni di un amore troppo distante per non suscitare scandalo ai nuovi credenti, nonostante ciò ne sono sopravvissute circa ottanta, testimoni di un amore infinito che ha resistito al vortice del tempo.

di Francesca RUSSO

La rubrica Le ultime della sera” è a cura della Redazione Amici di Penna.

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