“Teatro, amore mio”. “La governante” di Vitaliano Brancati

La commedia dell'autore siciliano, finita sotto censura, pose l’accento sull'ipocrisia dei benpensanti cattolici...

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
02 Febbraio 2022 12:45
“Teatro, amore mio”. “La governante” di Vitaliano Brancati

Nessuno prima di lui aveva osato tanto. In tanti avevano scritto di amori licenziosi, di relazioni spericolate, di intrecci arditi in svariate combinazioni, pensiamo al Boccaccio, al marchese de Sade, a Saffo, ma solo a un bastian contrario, spregiudicato e moralista in egual misura, poteva venire in mente nell'Italia clericale e bacchettona degli anni Cinquanta, di scrivere per il teatro un dramma che rappresentasse le pulsioni lesbiche. Così Vitaliano Brancati, che bacchettava le ipocrisie borghesi, nel 1952 con "La governante" finisce nella braccia dei giudici censori. Settanta anni dopo la commedia mantiene intatta la sua carica eversiva, seppure per motivi diversi dalla pruderie sessuale che fu causa della censura.

Al tempo le "forbici" erano nelle mani del sottosegretario al Ministero della Cultura popolare, quel Giulio Andreotti destinato ad attraversare spericolatamente la storia politica per il successivo mezzo secolo e oltre. La commedia, a tinte fosche, per affidare alla mano del destino il potere di riequilibrare le colpe conseguenti alle umane trasgressioni, venne rappresentata (su suggerimento di Luchino Visconti) per la prima volta nel 1963 a Parigi, oasi dell'osè, e solo due anni dopo, quando già Brancati era morto, la moglie Anna Proclemer (in foto di copertina in una scena con Giorgio Albertazzi) poté, su un palcoscenico italiano, dare corpo e anima alla protagonista, la governante francese Caterina Leher, lesbica e calvinista, due condizioni che nei suoi assilli diventano fuoco e rimorso. La pièce viene riproposta da Maurizio Scaparro al teatro Verga di Catania. Protagonisti, Giovanna Di Rauso e Pippo Pattavina.

Ricorda Anna Proclemer, deceduta alcuni anni fa: «Forse i censori si fermarono all'apparenza di certi fatti narrati e non seppero o non vollero vedere che si trattava di una delle commedie più morali del teatro moderno. Sì, perché io credo che sia "morale" rappresentare il caso di coscienza di un essere che si dibatte nelle spire di un vizio che "non vuole accettare". Rifiuta di essere liberata dal rimorso. "Vogliono togliermi il rimorso, il mio rimorso, il solo bene che ho nella vita...", dice in una battuta.

Rifiuta di essere perdonata, rifiuta di essere assolta. «Riproporre al pubblico catanese questa Governante è un segno, forse, che i fatti privati, i sentimenti personali, contano alla fine più di ogni altra cosa - continua la Proclemer - E che finché continueremo a fare con il teatro delle esercitazioni di stile, sia pure ad alto livello, saremo condannati all' insoddisfazione e alla crisi. O il teatro diventa specchio della nostra vita personale e segreta, a tutti i livelli, o saremo ridotti all' alienazione e alla nevrosi».

Anche la figlia dello scrittore Antonia, sostiene che «la sostanza della commedia è più la calunnia che l'amore tra due donne»: «Sullo sfondo di un complesso discorso sull'etica e sulla responsabilità individuale - dice Antonia - il testo è pieno di accenni polemici contro l'ipocrisia dei benpensanti cattolici, il filocomunismo borghese, i princìpi della Sicilia baronale e contro la censura stessa. Il tema è l' ipocrisia di non ammettere quello che si è, l' unica speranza è la verità».

A tal proposito Antonia Brancati, che ha preso parte al debutto, ricorda la battuta che pronuncia uno dei protagonisti, lo scrittore Alessandro Bonivaglia, frequentatore della casa romana del siciliano Leopoldo Platania, dove lavora Caterina: «La moralità italiana consiste tutta nell'istituire la censura. Non solo non vogliono leggere o andare a teatro, ma vogliono essere sicuri che nelle commedie che non vedono e nei libri che non leggono non ci sia nessuna delle cose che essi fanno e dicono tutto il giorno».

Ma oggi "La governante" può scandalizzare ancora? «È una commedia che ancora riflette quello che siamo, si mantiene molto viva in quello che ha da dire alle persone di oggi. Ma ormai non ci si scandalizza più di nulla, si sentono le cose peggiori ma tutto scorre come acqua sul marmo».

Ecco infine la trama: a casa Platania, intristita dal suicidio della figlia causato dalla rigida morale cattolica del capofamiglia, arriva la governante francese Caterina Leher, colta e di fede calvinista, la quale si sente attratta dalla cameriera Jana; per esorcizzare la passione che prova, accusa la giovinetta di mire sessuali nei suoi confronti. La domestica viene licenziata. Ora i due protagonisti si trascinano nei rispettivi rimorsi, seppure di segno diverso. L' innocente Jana muore in un incidente e Leopoldo Platania corre a dare la notizia a Caterina e involontariamente la coglie in atteggiamento amoroso con la nuova cameriera. L'uomo capisce l'ingiustizia perpetrata ai danni di Jana ma, memore del dramma della figlia, è disposto a perdonare la governante. La calvinista Caterina però incapace di gestire il corto circuito calunnia-rimorso, si suicida. Fine della storia, inizio delle riflessioni.

Salvatore Giacalone

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