“Teatro, amore mio”, “Gatta ci cova” di Antonio Russo Giusti

In scena il teatro dialettale siciliano che ha il suo maestro spirituale in Nino Martoglio

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
07 Aprile 2022 15:48
“Teatro, amore mio”, “Gatta ci cova” di Antonio Russo Giusti

Padron Isidoro riempie la scena in “Gatta ci cova”. Il commediografo siciliano di Belpasso e catanese di adozione, Antonino Russo Giusti, traccia la figura di proprietario terriero dei primi del Novecento, attaccato alla sua “roba” più per dare lavoro ai suoi braccianti che per desiderio personale di possesso. È affetto da un deficit mentale Padron Isidoro, che lo rende un po’ naif ed estemporaneo, dotato di grande capacità di relazionarsi empaticamente, di avvertire i bisogni e le aspettative delle persone che gli vivono intorno, di percepire i loro desideri reconditi, di saggiare i loro sentimenti, tuttavia incapace di quella sagacia che consente di tutelare i propri interessi.

È facile, quindi, per la furba e avida sorella ‘Ntonia carpire la sua buona fede e indurlo alla donazione in suo favore, a fronte della labile promessa di lasciargli “il possesso in vita” del patrimonio. “Verba volant, scripta manent”, così in nome della legge, la sorella sfratta il fratello per costituire la dote alla figlia ma, sempre in nome della legge, con l’aiuto dell’avvocato, Padron Isidoro ricorre allo stratagemma di riconoscere come proprio il figlio della giovane massara Vanna, per avere un erede legittimo che gli consenta di rientrare in possesso delle sue proprietà.

Il bene vince sul male, la bontà sulla perfidia, il cuore di Isidoro si apre al perdono e promette ospitalità alla meschina sorellastra. I cavilli giuridici erano familiari ad Antonino Russo Giusti, autore di questa commedia divenuta all’epoca un classico teatrale e cavallo di battaglia di Angelo Musco, interprete anche del film del 1937 con Rosina Anselmi, diretto da Gennaro Righelli. La commedia è stata rappresentata per la prima volta nel 1936 a Roma al Teatro Quirino ma è l’interpretazione del catanese Enrico Guarneri (in foto copertina) di questi ultimi anni a tratteggiare un Isidoro ingenuo e arguto, uomo magnanimo che crede nella giustizia amministrata col senso pratico del buon padre di famiglia, la cui bontà è il sale che dà sapore alla vita di chi lavora nella masseria, a cui tutti vogliono confidare i segreti dolci e amari, e lui cerca di trovare una soluzione a tutto, perché a volte basta la buona volontà per mettere a posto i tasselli scompaginati dall’ingordigia e dall’egoismo.

Il dialetto siciliano anziché portare discapito alla comprensione dà forza e colore alla vicenda, ancorandola al suo contesto storico e sociale.

Il grande successo di Russo Giusti arriva con l’attore catanese Angelo Musco, il quale mise in scena “L’eredità dello zio canonico” e “L’art. 1083” (intitolato successivamente “Gatta ci cova”) dai quali furono tratti addirittura dei film a seguito dell’acquisto dei relativi diritti d’autore da parte dello stesso Musco. Le opere teatrali di questo grande autore siciliano sono caratterizzate da influenze veriste e una propensione a raccontare storie pregne di quella semplicità e autentica sicilianità che caratterizza tra l’altro le opere del suo “maestro spirituale” Nino Martoglio. Entrambi infatti raccontano con ingenuità una Sicilia d’altri tempi, rendendo partecipe lo spettatore e il lettore grazie a semplici storie fortemente verosimili.

Antonino Russo Giusti muore nel settembre del 1957, all’età di 81 anni, lasciando un importante patrimonio culturale che ancora oggi viene conservato con cura e passione dalle compagnie teatrali odierne, le quali continuano ancora oggi a mettere in scena le sue opere più celebri. Purtroppo però, dopo la morte di alcuni dei più celebri attori del teatro siciliano, come Angelo Musco, Attilio Rapisarda e molti altri, diverse opere di Giusti che ai tempi riscossero molto successo, finirono nel dimenticatoio.

A Mazara l’”Eredità dello zio buonanima” e “Gatta ci cova” sono state rappresentate diverse volte negli anni ’90 e nel 2000 non solo da filodrammatiche locali e provinciali ma anche da compagnie catanesi, protagonista proprio Enrico Guarneri.

Salvatore Giacalone

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