Pantelleria ricorda Peppino Impastato

Il racconto del giornalista fatto dall’assessore Massimo Bonì e dal giornalista Salvatore Gabriele

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
09 Maggio 2025 17:07
Pantelleria ricorda Peppino Impastato

Si è tenuta stamattina a Pantelleria una commemorazione in ricordo di Peppino Impastato, nella piazza a lui intitolata sotto al Castello.

Organizzata dal Comune di Pantelleria, in collaborazione con la testa locale Pantelleria Internet - News dall’Isola, ha visto la partecipazione dell’assessore Massimo Bonì, del giornalista direttore Salvatore Gabriele e della collaboratrice dello stesso giornale Giovanna Ferlucci Cornado. Presenti anche il nuovo comandante della Polizia Municipale Rosario Di Bartolo e del Vicepresidente del Consiglio Comunale Morgan Brignone.

L’assessore Bonì ha dato il via alla celebrazione narrando la storia del giornalista siciliano intrecciando il racconto con suoi ricordipersonali. “Iniziamo con il ricordare quello che è successo 47 anni fa quando Peppino Impastato è stato ucciso dalla Mafia. Ho un ricordo diretto di quello che è successo perché ero all’Università. Ero tornato a Pantelleria i primi di maggio per iniziare a fare il lavoro estivo che svolgevo e poi sono rientrato a Palermo in giugno gli esami. Ho visto il viale delle Scienze tuttotappezzato con cartelli in cui c’era scritto “Peppino Impastato è stato ucciso dalla Mafia”.

La notizia che invece era girata subito era diversa ed era quella che la Mafia aveva cercato di fare passare. Che Peppino Impastato o si era suicidato o era un terrorista che stava piazzando le cariche di tritolo sulla ferrovia che collega Palermo con Trapani. Ci sono voluti 24 anni, con un impegno incredibile della madre e del fratello, prima di arrivare a una sentenza. In quei 24 anni Tano Badalamenti, che poi è stato condannato come mandante dell’omicidio di Impastato, nel 1999 era ancora potentissimo.

Ho un altro ricordo: nel 1999 presi servizio a Punta Raisi e presi in affitto una casa a Cinisi. La porta di questa casa non si chiudeva bene. Lo feci presente al padrone di casa che mi rispose di non preoccuparmi perché lì vicino abitava Badalamenti e nessuno toccava nulla”.

Con il film “I cento passi”, ricorda sempre l’assessore, tutti hanno avuto la possibilità di conoscere Peppino Impastato e apprezzare l’impegno della famiglia, di sua madre e di suo fratello. Perché purtroppo il padre era affiliato con la mafia. E di conoscere il loro calvario perché combattere contro la Mafia era come combattere contro un muro di gomma perché aveva radicato profondamente nella società dell’epoca, sia nella vita civile che in quella pubblica.

“Questo è un giorno importantissimo” ricorda Massimo Bonì, “perché quello stesso giorno, e non tutti lo ricordano, era stato ritrovato nei pressi delle Botteghe Oscure il cadavere di Aldo Moro che raccolse l’impegno totale dei media e poco si parlò di Peppino Impastato”. C’era stato poi anche un tentativo di camuffare quello che era successo realmente e noi panteschi siamo stati aiutati nella ricerca della verità da un pantesco di adozione, il professore Giuseppe Barbera, che all’epoca era impegnato politicamente e che era riuscito a trovare il casale nel quale era stato ucciso Impastato prima di essere portato sui binari della ferrovia e fatto esplodere”.

Prosegue nel racconto degli eventi Salvatore Gabriele, direttore di Pantelleria Internet, che ricorda Il suo incontro con Peppino Impastato. “Ho realizzato dopo che avevo conosciuto Peppino Impastato” dice Salvatore Gabriele “perché frequentavo la redazione dell’Ora, dove oggi c’è la porta di entrata della Villa e di fronte c’è la DIA. C’era Tanino Rizzuto che era capo della redazione. Un pomeriggio mentre eravamo lì arrivò questo ragazzo. E per quello che sto per raccontare sarebbe stato importante avere qui i giovani della scuola.

All’epoca stavano nascendo le prime radio libere, un po’ come Facebook oggi. Una ventata di libertà. Di fronte alle radio istituzionali nascevano le radio libere e quella di Rizzuto era la seconda a nascere dopo Radio Cuore. Si chiamava Radio Trapani Centrale. Arrivò questo ragazzo che voleva sapere come avevamo fatto a insonorizzare la stanza da cui trasmettevamo la musica. E gli fu spiegato che avevano rivestito il muro con le confezioni delle uova, quelle ci cartone. Io non lo conoscevo.

Dopo che era stato ucciso venni a sapere che quel ragazzo era Peppino Impastato. Chiamai Tanino e lui mi diede conferma”.

Peppino Impastato è stato quindi ucciso dalla mafia con una carica di tritolo il 9 maggio 1978 a Cinisi, in provincia di Palermo. “Per molti, prima che vedessero il film «I cento passi», Impastato era uno sconosciuto. Lo era per i giovanissimi, che non c'erano e adesso scoprono un personaggio in cui vedono incarnati sogni e aspirazioni che sembravano lontani ma di cui si torna a sentire il bisogno; lo era anche per tanti, meno giovani, che c'erano, ma camminavano su strade diverse e si sentono ringiovanire vedendo ricomporsi sullo schermo immagini dimenticate”.

Peppino Impastato non è stato il solo giornalista a essere ucciso dalla mafia in Sicilia. Sono ben dieci quelli che ci hanno rimesso la vita. Giornalisti che credevano nel proprio mestiere e che spesso lavoravano per pochi spiccioli. Durante la cerimonia anche questi giornalisti sono stati ricordati: Cosimo Cristina ucciso il 5 maggio 1960, Mauro De Mauro rapito il 6 settembre del 1970, Giovanni Spampinato ucciso il 27 ottobre 1972, Giuseppe Peppino Fava ucciso a Catania il 5 gennaio 1984, Mauro Rostagno trucidato nella sua auto a Valderice, Mauro Francese, cronista del Giornale di Sicilia ed infine Maria Grazia Cutuli, l'unica a non essere stata uccisa dalla mafia, ma dai talebani.

Una manifestazione densa di ricordi ed emozioni, oltre che di insegnamenti, durante la quale ha pesato molto la totale assenza di politici, cittadini e, soprattutto, delle scolaresche con i loro insegnati, che avrebbero potuto prendere spunti per profonderiflessioni sul senso di appartenenza a una comunità pulita, libera, che rifiuta la Mafia in tutte le sue forme e che si batte per la libertà di espressione.

Giuliana Raffaelli

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