L’ennesimo atto di terrore, quello di Londra, pone ancor più inquietanti interrogativi fra i cittadini d’Europa. Nella settimana in cui si sono celebrati i 60 anni dalla firma dei trattati internazionali che posero le prime pietre verso la costruzione dell’identità europea, c’è un Paese, l’Inghilterra, dove prevale un diverso stato d'animo dopo il tragico attentato di Westminster . Inoltre proprio oggi, 29 marzo, avvalendosi dell’articolo 50 del trattato di Lisbona, verranno presentate le linee guida con le quali completare il processo di uscita dall’Unione. Ma resta da smaltire lo choc del pomeriggio di follia del 22 marzo.
Per i londinesi puro sangue e d’adozione, resta ancora viva l’immagine del suv e dell’arma da fuoco con cui si è espressa la follia di Adrian Russel Elms, conosciuto anche come Khalid Massood, attentatore del Kent, che ha provocato 4 vittime e 40 feriti sul ponte di Westminster.Fra i londinesi d’adozione, c’è anche Francesco Asaro, 29enne di Mazara del Vallo, waiter presso il centro di ristorazione “All Star Lanes”, a Londra da 2 anni e mezzo e che quel 22 marzo si è ritrovato a condividere da vicino il sentimento di tanti suoi concittadini. (Nelle foto n.1 e n.2 due momenti londinesi di Francesco Asaro)
Francesco ci racconta come lui e chi come lui vive quotidianamente la realtà all’ombra del Big Ben, ha vissuto e ad oggi sta ancora vivendo un'altra pagina nera della storia internazionale.
Francesco, che giornata è stata per Londra quella del 22 marzo?
"Il 22 Marzo a Londra è stata una giornata comune...Tutto era iniziato, come ogni giorno, intorno alle 5:30 del mattino, quando le persone in massa cominciavano a spostarsi da un punto all'altro di una città talmente grande e perfettamente inglobata da consentire a circa 8 milioni di individui di vivere armoniosamente la propria giornata, seppur freneticamente e, ahimè, talvolta anche alienante.Tutto d’un tratto, nello svolgimento delle mie giornaliere mansioni lavorative, apprendevo da una telefonata del G.M. che c’era stato un attentato a Westminster, che 4 persone avevano perso la vita, e che 40 erano state ferite (qualcuno anche gravemente). Così è andata per molti altri".
A tuo avviso sono state potenziate a sufficienza le linee di sorveglianza così da farti sentire più sicuro?
"Ciò che più mi fa sentire al sicuro da un possibile attacco terroristico non è tanto il fatto che da una situazione di allerta immediatamente successiva ad un attentato del genere vengano dispiegate maggiori forze di sicurezza per le strade. Ciò che lenisce la paura è, in realtà, la bassa probabilità di rimanervi coinvolto, viste le dimensioni della metropoli e la quantità di persone che ci vivono. Da questo punto di vista, posso benissimo affermare che vi siano più probabilità di venire investiti da un autobus o imbattersi nella persona sbagliata al momento sbagliato.
O almeno è quello che io (come la stragrande maggioranza delle persone che vivono a Londra) devo pensare, per non permettere a questi malati mentali di impedirmi di vivere la mia vita (col massimo rispetto nei confronti di chiunque sia rimasto coinvolto in questo giorno di ordinaria follia). Del resto, non so fino a che punto maggiori forze di sicurezza dispiegate per le strade possano contrastare le azioni di un nemico difficile da identificare e che agisce in maniera “creativamente” imprevedibile.
Credo piuttosto che a darci maggiori garanzie siano le forze non dispiegate per strada, quelle preposte alla prevenzione e al monitoraggio, la cosiddetta “intelligence”.
Cosa è scattato dentro di te quando sei venuto a conoscenza dell’episodio?
"Mi sono sentito in stato di allarme, spaventato ovviamente, almeno finchè non ho appurato che nessuno delle persone a me care ne fosse stato coinvolto".
Senti dentro di te la paura che possa accadere di nuovo?
"Dentro di me ho piuttosto la assoluta certezza che potrebbe accadere di nuovo, ovunque ed in qualsiasi momento. D’altronde Londra non era del tutto estranea a questo tipo di attentati terroristici a matrice islamica. A ragion del vero sembrerebbe che l’ISIS ne abbia già rivendicato I disonori".
Secondo te questo è un episodio che potrebbe cambiare la vita di molti londinesi ed emigrati o si tratta di un’ulteriore conferma di come nelle grandi metropoli al giorno d’oggi si sia portati a vivere nel terrore?
"È semplicemente l’ennesimo episodio che potrebbe accrescere il numero di xenofobi o fanatici o, di singoli casi di madri o padri o bambini soggetti a discriminazioni raziali nello svolgimento della loro giornata. Purtroppo in seguito ad episodio del genere gli ignoranti si sentono molto più legittimati a manifestarsi per ciò che sono. Tuttavia, fortunatamente, questa società impone per legge un certo grado di maturità e quindi chi si macchia un certo tipo di comportamento discriminante nei confronti di minoranze etniche o religiose viene generalmente marginalizzato.
L’organizzazione della città del resto non permettere di poter vivere in uno stato di ansia o terrore. Si può eventualmente creare un po di tensione all’interno di alcuni individui da sommare tuttavia al vasto elenco di tensioni che ciascuno porta giornalmente con se, dovute al fatto che qualsiasi cosa diventa una sorta di sfida o, se non altro, una corsa contro il tempo".
Oggi secondo te, vista la difficile situazione internazionale, chiunque voglia spostarsi nelle grandi città d’Europa per lavoro o per piacere, è meglio che ci pensi bene?
"Se qualcuno intendesse visitare o trasferirsi in una grande città dovrebbe porsi mille interrogativi. Però no, nessuno deve permettere a nessuno di suscitare in se una paura che limiti la sua libertà nello scegliere la propria destinazione e i propri obiettivi. Anche perché, altrimenti, farebbe il gioco degli stessi terroristi".
Che clima si respira a Londra fra voi emigrati, nel giorno della Brexit? Paure o speranze per il futuro?
"Ho letto un articolo che diceva che la May avrebbe presentato oggi la ufficiale dichiarazione di uscita. La tesi più condivisa è che per coloro trasferitisi nel Regno Unito prima del voto della Brexit cambierà poco o nulla. Non ci sono proprio i dati, tuttavia, al momento per capire se ci saranno conseguenze in questo senso. Ciò che più temo è una sorta di 'riselezione automatica' dettata da nuove condizioni finanziarie e lavorative, una volta che l'uscita sarà effettiva".
Tommaso Ardagna
29-03-2017 10,30
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