Cari lettori, il mistero che Vi vogliamo narrare questa volta ha un’ambien- tazione molto vicina a noi, per la prima volta non dovrete girarvi indietro, basta guardare tra le strade, e negli occhi di alcuni lavoratori, è difficile che li vediate all’opera, la loro attività è notturna, in posti dove spesso passate velocemente perché fonte di sgradevoli olezzi, fanno i conti spesso con la mancanza di rispetto per ambiente ed operatori, perché c’è ancora chi fa il famigerato lancio del sacchetto dalla vettura in corsa…
Avrete di certo capito, chi fa parte di questo nostro scenario, ma non sono i soli. Oggi gli operatori della Belice Ambiente con i vari blocchi cittadini, qualche settimana addietro i lavoratori del settore cantieristico con corteo e striscioni, e ancora prima gli insegnanti con il loro flash mob nazionale che hanno lanciato un segnale usando la fionda dell’originalità.
Ma in tutto ciò cosa c’è di misterioso vi starete chiedendo, mi auguro di sbagliare, mi auguro che lo sappiate già, sennò questo mistero ha radici più profonde di quello che pensavamo. Vi porto adesso alla scoperta del coraggioso spirito di Mazara del Vallo.
Dovete sapere che sbirciando nei cassetti del mio caro armadio delle memorie mi sono emozionata, stupita e commossa nel leggere di quello che decenni fa avveniva in questa oggi dormiente città, quasi non ci credevo che il 22 Gennaio del ‘53 migliaia di lavoratori portarono i poliziotti a dover usare gli idranti per contrastare la protesta che si era allargata a macchia d’olio a livello nazionale, nel novembre del ‘76 le oltre cento cantine con uomini a bordo dei loro trattori, decisero di occupare le piazze, tutti insieme, mettendo da parte concorrenze e antichi dissapori.
Di certo oggi non potremmo mai vedere un simile dispiegamento del mondo agricolo, non nella stessa modalità almeno, ma tutti i lavoratori dell’indotto ad oggi possono di certo raggiungere se non superare tale numero, se solo si volesse, se solo si riuscisse a capire che se un settore soffre inizierà a recidere i rami più lontani per ristabilizzare la parte vitale, allora forse interesserebbe un po' a tutti gli operatori dell’indotto far forza comune per rimettere su tutto nel migliore dei modi.
Come avvenne nel ’66 quando a riunirsi nelle piazze furono tre mila braccianti che dopo aver protestato e sfilato si trovarono uniti e concordi nell’ascoltare chi da un palco, circondato dalle proprie sigle, scrigni di speranze foderati dalla fiducia, dava loro motivo per lottare, certezza che alla guida, da traino, non li avrebbero abbandonati.15 Mila lavoratori e non, sfilavano a Palermo insieme a tutti i paesi e paesini della Valle del Belice, nell’aprile del ‘75 capeggiati da La Porta, ma uniti con un solo scopo, ottenere quei posti di lavoro che solo a Mazara sarebbero stati più di 4mila.
Ma se volessimo osare un po' di più potremmo immaginare come la morte di un quartiere lavorativo di una città destabilizza la stessa, chi non ha entrate non spende, e inizia a pesare sul bilancio cittadino quindi su tutti. Lungi da me osannare eventi come quelli del marzo ’78 dei quali testimonianze dirette possono essere lette su articoli di cronaca dell’epoca (vedi foto 1 e 2 dall'archivio de l'Unità), in quel periodo movimenti fascisti e di sindacati autonomi sembravano infiltrarsi e approfittarsi dei malcontenti popolari per fomentare proteste violente.
Infatti in varie città si presentò lo stesso scenario mazarese dove durante uno sciopero di 24 ore indetto dalla Federazione sindacale unitaria, Confederazione artigiana, Confesercenti e Confcommercio, giovani che avevano perso il lavoro in seguito ai numerosi licenziamenti dei cantieri edili, si trovarono ad essere spettatori coinvolti in sassaiole e invettive contro l’allora sindaco Pernice; non essendo stati diretti testimoni ci affidiamo alla memoria di chi presente ha potuto vivere e vedere movimenti anche da dietro le quinte.
Secondo la cronaca, Vito Accardo, segretario provinciale CNA è stato tirato giù dal palco e malmenato da un gruppo di cui faceva parte Tino Zambuto, segretario CISNAL, ma in seguito a questi accadimenti un fascicolo è stato aperto dalla Procura per far chiarezza.
Riavvolgiamo il nastro andando indietro nel tempo, possiamo notare una differenza che si nasconde tra i numeri, la partecipazione popolare a queste proteste. Verso la fine dell’800 Mazara vide la nascita dei fasci, che altro non erano che associazioni di settore, necessarie specie a Mazara che, in seguito alle crisi agrarie e di esportazione dei prodotti vinicoli, si trovò con tassazioni e locazioni tra le più alte del territorio provinciale, e in concomitanza con la nascita del dazio sulla minuta vendita gravante sui beni di primaria necessità, nel 1893 , si decise di istituire il fascio dei lavoratori, a capo venne eletto un impiegato comunale Francesco Bilà; la prima manifestazione fu alla fine dell’anno, nell’ultimo giorno, quando in piazza Santa Veneranda si accese il fuoco della rivolta con saccheggi e incendi negli edifici pubblici eccetto il municipio.
Quello che pose Bilà a leader della rivolta fu la sua condotta e vicinanza storica alle classi dei lavoratori che tra la popolazione erano di certo le più svantaggiate oppresse e sfruttate, la sua opera venne vista inizialmente di buon occhio dal sindaco del tempo Girolamo D’Andrea, che lo volle al suo fianco, ma Francesco accortosi della discrepanza tra l’operato della giunta e il benessere della popolazione, si distaccò per operare tramite la costituzione di un’ associazione in favore dei circa 1200 lavoratori che gli diedero fiducia, furono organizzati anche in sezioni a seconda del settore di appartenenza e anche le donne ne costituirono uno.
Bilà, ritenuto scomodo, subì pressioni che lo posero innanzi ad un bivio, o il fascio o il lavoro al Comune, e fu il secondo che rifiutò, proprio come forse tutti i suoi amici lavoratori si aspettavano. Fuggì insieme al cofondatore Foderà, dopo la rivolta di capodanno, ma poco dopo tradito da un agente suo vicino venne condotto in carcere, non pentito anzi fiero per non aver tradito i suoi ideali fu condannato a otto anni e quattro mesi di reclusione.
Adesso ritornate velocemente nel presente, come una foto panorama guardate le scene che vi abbiamo presentato inizialmente, protesta insegnanti, porto canale e Belice Ambiente, dove è lo spirito di solidarietà che da sempre ha animato i mazaresi? Quello che lo portava a dimenticare le differenze, dotato di un’intelligenza pratica, di quella logica che fa comprendere che lo star male del mio vicino si riflette su di me, perché un professionista dovrebbe scioperare se non viene dragato il porto o fatta chiarezza in quella (come la definisce il nostro direttore Francesco Mezzapelle) telenovela tra Sonia Alfano e Nicola Cristaldi?
Tutto si ripercuote, in quella cassa di risonanza che fa girare l’economia che altrimenti stagna. La disperazione che accompagna e motiva una protesta facciamola nostra e usiamola per anticipare la paura che un giorno possa capitare anche a noi, perché nei tempi che stanno maturando, ne vedremo delle belle, (vedi legge di stabilità correlata da escamotage per ovviare all’abolizione dell’IMU agricola per esempio). Mettiamo da parte la marcia e infruttuosa invidia che ha solo portato uno strascico di miseria, anche morale (vedi la moltiplicazione delle attività commerciali dello stesso settore anche vicinissime), e cacciamo quell’accondiscendenza che oscura la vista e annebbia il cervello, chiudiamo l’udito alle parole, anche quando sono belle, e piene di carisma, ma con l’arte oratoria non si compra il pane, tocchiamo i fatti con mano, e poi uniamole, vi prometto che saremo invincibili!Non è un inno alla protesta ma una preghiera all’unione per il bene comune.
Rosa Maria Alfieri
22-11-2015 12,30
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