Mazara, la recensione del critico d'arte Massimiliano Reggiani sulla mostra dedicata a Salvino Catania

"Il suo era un universo a frammenti, il suo ego assetato d’arte e di bellezza"

Redazione Prima Pagina Mazara
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08 Marzo 2024 11:01
Mazara, la recensione del critico d'arte Massimiliano Reggiani sulla mostra dedicata a Salvino Catania

Riceviamo e pubblichiamo la recensione del critico d'arte Massimiliano Reggiani sulla mostra dedicata a Salvino Catania dal titolo "un'esistenza ai margini". Ecco quanto si legge: 

Mazara del Vallo ricorda con un’interessante mostra l’artista Salvino Catania, figlio incompreso di questa terra assolata e marinara della Sicilia occidentale. È un doveroso tributo non solo alla memoria ma anche e soprattutto alla grandezza di un artista che tutt’oggi pochi conoscono. La sua opera, infatti, è ancora in fase di valorizzazione e studio; il professor Giacomo Cuttone ne guida e coordina il riordino e l’approfondimento. Un’occasione, quindi, per vedere riunite un centinaio di opere nella galleria d'arte contemporanea "Santo Vassallo" del Complesso monumentale "Corridoni"; la mostra ha per titolo "Un'esistenza ai margini". Perché un riferimento così particolare? Chi era l’artista morto nel 2013 e di cui ricorre il decennale?

Salvino Catania perde la vita, in tragiche circostanze, il 7 dicembre 2013: viveva in una casa piuttosto fatiscente, senza corrente elettrica. Dipingeva, come sempre, a lume di candela. Forse un malore, forse un incidente involontario e la sua piccola dimora atelier si incendia: il fuoco divora tutto, l’edificio, i dipinti e anche l’artista che muore carbonizzato.

L’amico sacerdote Don Orazio Placenti, nell’omelia al suo funerale, afferma: "I veri artisti non muoiono ma si eternizzano con la loro arte; per Salvino sarà la stessa cosa". Così, infatti, è stato. Le opere in mostra raccontano di un linguaggio maturo, innovativo e curioso, in equilibrio tra suggestione dal reale, concretezza della materia e piena accettazione della propria, individuale, unicità. Salvino Catania, non ancora sessantenne, aveva alle spalle una robusta preparazione culturale e artistica: dal liceo palermitano, agli anni d’Accademia tra Firenze e Roma. Nella capitale, martoriata poco prima sia dai bombardieri che dal piccone imperiale affamato di classicità, aveva inoltre frequentato Pietro Consagra e i palpiti tardivi del Gruppo Forma.

Un’esperienza illuminante, questa, con chi cercava di conciliare marxismo e formalismo: l’intuizione dell’Artista, infatti, avrebbe dovuto avere una trattazione oggettiva, coerente, capace di sviluppare un percorso logico e quindi potenzialmente comprensibile per tutti. Gli appartenenti al Gruppo non volevano né il realismo ormai superato, né l’assoluta sfrenatezza e libertà dell’astratto. Questo perché cercavano di restare bilanciati dentro una visione umanistica del creare che fosse sì senza vincoli esterni, ma non succube all’arbitrio del caso.

Salvino Catania, che da piccolo fu colpito dalla meningite e subì nella vita diversi Trattamenti Sanitari Obbligatori, dopo essersi dedicato all’insegnamento scelse una via assolutamente personale, solitaria ma non per questo folle o disconnessa. Tutt’altro, la sua creatività dosava con sapienza tecnica e grande sensibilità emotiva le conquiste delle Avanguardie - che aveva profondamente studiato - e l’esperienza di vita personale.

Semplicemente Salvino Catania non poteva definirsi un uomo sociale, cioè inserito nei meccanismi relazionali e comunicativi della maggioranza dei suoi conterranei. Preferiva un rapporto diretto con la realtà e - dal mutare continuo della materia - traeva spunto per farsi suggerire le istantanee intuizioni, folgoranti e separate, della sua conoscenza del mondo.

Il vivere ai margini, infatti, accentuava quel senso di isolamento che volontariamente cercava e di pari passi comprometteva sempre più un interesse verso la narrazione. Ecco allora che le sue migliaia di opere diventano tessere giustapposte, ognuna unica, profonda e irripetibile, di attimi di conoscenza e consonanza. Il suo era un universo a frammenti, il suo ego assetato d’arte e di bellezza - tutte le opere hanno un pregevole equilibrio compositivo - lo portava a fare continua esperienza del reale attraverso la creatività.

Ogni supporto, piega, increspatura o fondo diveniva fertile terreno per sviluppare una percezione collegata: dai lampi sul mare, al riverbero dell’onda, dalla schiuma evanescente al proprio riflesso in uno specchio. Materia e memoria ogni volta si fondono e l’Artista rende così, a sé stesso, tangibile e vero il frammento di vita appena vissuta. Salvino Catania dava concretezza all’istante per trattenere, appropriarsi e condividere ogni emozione, prima che questa potesse irrimediabilmente perdersi nelle profondità insondabili della sua memoria.

Massimiliano Reggiani*

*Massimiliano Reggiani, critico d’arte, promuove una lettura delle arti visive come linguaggio strettamente legato al contesto culturale dell’autore, alla consapevolezza del gesto e alla volontarietà della comunicazione. Oltre a questi caratteri specifici ritiene che, nelle arti visive, la fisiologia della percezione prevalga sui confini strettamente culturali. Diplomato Maestro d’arte in Decorazione pittorica e in Scenotecnica, poi all’Accademia di Belle Arti di Bologna in Scenografia, laureato in Giurisprudenza e in Filosofia all’Università degli studi di Parma.

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