In uno spazio collocato quasi al centro della città antica di Mazara del Vallo sorge l’attuale complesso “Filippo Corridoni”, luogo di cultura che ospita sia la biblioteca comunale sia alcuni locali adibiti a mostre. Nello spazio centrale (all’aperto) non molti sanno che, tra qualche “pietra” e immersa nella vegetazione spontanea, si trova un’importante area archeologica che testimonia un periodo importante per Mazara e che, per via del grande valore storico-culturale, merita sicuramente cura, un’adeguata manutenzione e un’efficace promozione, affinché non cada nell’oblio e nella decadenza.
Questi resti di storia, presenti in un’area di circa 500 mq, sono stati rinvenuti in una campagna di scavo risalente a poco più di dieci anni fa, a cui io stesso (allora studente della facoltà di beni culturali archeologici a Palermo) partecipai. Data la posizione all’interno dell’antico circuito urbano, ovvero in un’area che dal punto di vista culturale e cultuale è da sempre stata ricca, ciò che questo sito rappresenta è qualcosa di estremamente eccezionale per la storia di Mazara.
Agli occhi di chi non solo sa “leggere le pietre”, se si pone un attento sguardo alle vestigia che ivi si trovano, la prima cosa che colpisce è, senza ombra di dubbi, i resti di una piccola struttura che ancora descrivono la planimetria di una chiesetta. Questa, avente una lunghezza di poco meno di 10 metri ed una larghezza di circa 5 metri, è orientata in senso nord-ovest/sud-est ed è munita da una piccola absidiola collocata nel lato opposto a quello che doveva essere l’accesso alla struttura (quest’ultimo posto sul lato nord-occidentale).
Sui resti murari, composti sia da blocchi grezzi sia da blocchi squadrati, è possibile ammirare nicchie (all’interno della chiesetta) e, soprattutto, spazi adibiti a sepoltura che si addossano esternamente alle pareti. Probabilmente si tratta di tombe di personalità legate a questo complesso cultuale ma non si esclude anche che vi siano state tombe di fedeli. In merito a ciò, particolare è una piccola sepoltura (posta sul lato meridionale) in cui sono stati rinvenuti i resti ossei di un infante.
Connessi alla chiesetta, per mezzo di uno spesso muro orientato in senso nordest/sud-ovest, vi sono una serie di vani (una decina) che si sviluppano a destra e a sinistra del suddetto muro e che, sicuramente, continuavano nell’area in cui successivamente venne costruito il locale che oggi ospita la biblioteca comunale. L’interpretazione di questo complesso archeologico ci riconduce ad un periodo storico di cui si conosce poco di Mazara e di cui non rimangono tracce così importanti come quelle appena descritte.
Infatti, l’origine della chiesetta si può collegare alla presenza di un cenobio basiliano di età, dunque, bizantina. Delle strutture poste a Nord, sono state avanzate, invece, diverse ipotesi. Non è da escludere che, originariamente, fossero collegate alla vita della chiesetta basiliana per mezzo dei monaci stessi, i quali istruivano e avviavano una parte della popolazione a diverse tipologie di maestranze, utili per la vita produttiva dell’epoca. Non vi è da escludere, inoltre, una frequentazione nel successivo periodo islamico, testimoniato dalla presenza di frammenti di ceramica ed elementi vitrei riconducibili a questo periodo.
In merito a ciò, è stata avanzata l’ipotesi di un utilizzo ad hammam (complesso termale islamico) di parte dei vani. Un ulteriore interesse venne dato a questo complesso durante il periodo normanno. Sicuramente, dopo alcuni interventi di sistemazione, la chiesetta riprese la propria attività cultuale e, con i nuovi conquistatori cristiani, ebbe non poca importanza anche perché si trovava in un’area in cui sorgevano altri eccelsi spazi destinati al culto, come San Michele e Santa Veneranda, che già dal periodo bizantino erano parte del forte potere ecclesiastico della città.
Con molta probabilità, la frequentazione di questa chiesetta cessò a causa di un forte sisma, registratosi intorno al XII secolo, che la distrusse e la cui traccia è ben visibile sui suoi resti attraverso una profonda crepa che slegò del tutto, in quel punto, i conci murari. In conclusione, si può affermare che questo complesso non solo ha un valore prettamente storico-archeologico poiché rappresenta un unicum (soprattutto nella sua prima fase) della Mazara bizantina ma anche del periodo arabo-normanno, ma ha anche un valore di cronaca storica per il fatto che testimonia un forte sisma che colpì la nostra città, come già è stato scritto, nel XII secolo.
Purtroppo, oggi si trova in condizioni deplorevoli in quanto, oltre ad una mancata conservazione, pulizia e all’essenza di un progetto (sia di fruizione sia di ricerca) che miri a dare onore a questo luogo, sono cresciuti spontaneamente arbusti (anche considerevoli) di ailanto che possono provocare importanti danni, con il loro sistema radicale, ai resti archeologici (in copertina una foto di archivio degli scavi; oggi la situazione è peggiorata in quanto gli arbusti hanno coperto questi resti murari).
Tutto questo è la prova dell’incuria e di una mancanza di sensibilità da parte di tutti verso il nostro passato e, ahimè, “senza passato non c’è futuro”. Francesco Adamo, Archeologo