Mazara, 40° anniversario del terremoto del 7 giugno 1981. Una ferita aperta…

Restano ancora misteriose le cause del sisma. L’inchiesta su una ricostruzione mai completata

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
07 Giugno 2021 08:38
Mazara, 40° anniversario del terremoto del 7 giugno 1981. Una ferita aperta…

Ricorre oggi il 40 anniversario del terremoto che il 7 giugno 1981 colpì la città di Mazara del Vallo. Quel terremoto, considerato di “serie B” rispetto a quello avvenuto nel Belice nel 1968, privò tanta gente di una casa. Avvenne di domenica, qualche minuto dopo le ore 15, e fu avvertito in tutto il territorio mazarese e anche nella vicina Petrosino. Alla prima violenta scossa, di magnitudo 4.8-5.0 fecero seguito altre leggere nei giorni successivi, e nella prima serata del 13 giugno vi furono altre due scosse rilevanti (la prima di magnitudo 4.1, la seconda di 3.9). Il terremoto fortunatamente, non provocò morti; tuttavia, i danni al patrimonio edilizio furono consistenti.

Non sono state mai chiarite le cause di quel terremoto che sembra oggi "dimenticato". Allora si parlò di un movimento delle due faglie, africana e euroasiatica, nel Canale di Sicilia. In molti però attribuirono il terremoto ai lavori di escavazione marina per l’installazioni delle tubazioni per il gas metano proveniente, ancora oggi, dall’Algeria, presso la centrale del metanodotto di Capo Feto (fra Mazara e Petrosino appunto). Il parlamentare mazarese del Pci, Giuseppe Pernice, insieme agli onorevoli Spataro e Giudice presentarono un’interrogazione al Governo nazionale avanzando l’ipotesi che a provocare il sisma potessero essere stati i lavori di prospezione con il metodo “vaporchoc” condotti, dal 1 giugno al 12 agosto 1981, dalla motonave “Polar Bjorn”, di bandiera norvegese, per incarico della “Compagnie Generale de Geophisique” su commissione della Agip Spa di San Donato Milanese.La risposta dell’allora Ministro delle Partecipazioni Statali, il socialista Gianni De Michelis, non fu però esaustiva.

A seguito di quel terremoto però a Mazara del Vallo almeno il 60% degli edifici risultarono lesionati, circa 1.300 immobili furono da demolire. Fra gli edifici danneggiati anche la Basilica Cattedrale, molte chiese, il palazzo del Comune, il Liceo Classico presso l’ex Collegio dei Gesuiti, e molti storici edifici (vedi foto collage copertina). L’on. Giuseppe Pernice, insieme al collega Pio La Torre (vittima della mafia il 30 aprile 1982), constatò di persona i danni del sisma; secondo il suo volume-denuncia “Perché non si ripeta il Belice…” (in foto collage di copertina), pubblicato nel dicembre del 1986 dalla Camera dei Deputati, furono 10.000 i mazaresi costretti ad abbandonare la propria casa distrutta o lesionata, in 5.000 usufruirono di tende, consegnate dalla protezione civile.

Il gruppo parlamentare del Pci chiese allo Stato una risposta diversa da quella data nel 1968 al terremoto del Belice la cui ricostruzione dopo più di 50 anni non è mai completamente avvenuta. Tormentato fu l’iter parlamentare che portò finanziamenti per la ricostruzione; vedi lo sciopero a Mazara del Vallo del 23 luglio 1981, promosso da Cgil, Cisl e Uil, che vide più di 5.000 cittadini in un corteo di protesta. Finalmente il 28 luglio 1981 il Consiglio dei Ministri approvò un decreto convertito nella legge n.536 che stanziava 80 miliardi, poi portati a 104, delle vecchie lire.

Per venire incontro a quanti subirono danni irreparabili alle loro case, soprattutto nel vecchio centro storico mazarese, furono stanziati 24 miliardi per la costruzioni di nuovi alloggi popolari in grado di ospitare più di 3.000 persone; l’allora Giunta Dc del sindaco Nicolò Vellà, individuò un’area periferica estesa circa 100.000 mq. Sorse così “Mazara Due”, quartiere che ancora oggi presenta molte problematiche. Visto che le somme previste per la ricostruzione avrebbero coperto soltanto il 60% dei danni, fu avanzata una proposta di legge per ulteriori somme. Dopo un complesso iter fu approvata in parlamento la “Legge Pernice”, la n.462/1984, con la stanziamento di altri fondi. Presso il Comune di Mazara del Vallo venne pertanto istituito un vero e proprio “Ufficio Terremoto” ove vennero prese in esame le migliaia di pratiche presentate da cittadini; saranno alla fine più di tremila.

La magistratura nei primi anni ’90 aprì un’inchiesta sui fondi assegnati dopo il terremoto,che portò nel marzo del 1993 a 14 arresti eccellenti tra i dirigenti dell’allora Istituto Bancario Siciliano, gli ex sindaci Rosario Tumbarello (Psi) e Ignazio Giacalone (Dc), alcuni ex assessori e funzionari comunali mazaresi; tutti accusati d’ interesse privato in atti d’ufficio. L’inchiesta era stata avviata alcuni anni prima da Paolo Borsellino con la collaborazione del dirigente del Commissariato di Mazara, Rino Germana; quest’ultimo, nel settembre del 1992 scampò miracolosamente ad un agguato di mafia sul lungomare Fatamorgana, a Tonnarella.

Dopo lo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose avvenuta nell’ottobre del 1993, con la reggenza dei Commissari, e a seguito delle successive elezioni, a partire dal 1999, a portare avanti il lavoro di esamina e esitazione delle numerose pratiche sono state le diverse “commissioni terremoto”, formate da tecnici e rappresentanti del Consiglio comunale. L’ultima commissione è stata istituita nel maggio 2015 ed ha completato il suo lavoro nella primavera 2019 prima delle nuove elezioni amministrative.

A presiedere quella Commissione è stato l’ing. Matteo Pecunia, nominato dal sindaco Nicola Cristaldi. “Abbiamo fatto, grazie soprattutto all’impegno dei componenti –ha sottolineato lo stesso ing. Pecunia- un buon lavoro: abbiamo esitato le pratiche, almeno tutte quelle che presentavano adeguata e completa documentazione; sono state archiviate circa 1200 pratiche perché i cittadini non hanno risposto”. Pecunia ha aggiunto: “inoltre siamo riusciti a recuperare ulteriori 600mila euro circa, grazie ad un interlocuzione con la Regione e tramite la Protezione civile, per esitare favorevolmente una decina di ultime pratiche”.

Esitate le pratiche, all’Ufficio tecnico del Comune spettava la verifica dei collaudi di molti lavori espletati dai cittadini; altra verifica quella relativa all’effettivo utilizzo delle somme, con rendicontazione, per la ricostruzione delle proprie case da parte di tutti i cittadini beneficiari. La verità è che oggi molti immobili, soprattutto nel centro storico mazarese, risultano ancora danneggiate e pericolanti.

Francesco Mezzapelle 

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