Un quadro inedito del boss, di quel Matteo Messina Denaro che nei 30 anni della sua latitanza veniva descritto come “diabolik”, “la primula”. Questo quanto emerge dall’anteprima di un reportage a firma di Lirio Abbate intitolato “I diari del boss” e pubblicato oggi in esclusiva su “La Repubblica” grazie a del materiale, otto fotografie ed un diario trovate dal Ros subito dopo l’arresto dello stesso Messina Denaro, il 16 gennaio 2023 e la perquisizione del suo covo principale, a Campobello di Mazara.
A quasi due anni di distanza da quel giorno, nel frattempo il boss è morto in carcere (nel settembre sempre del 2023), a L’Aquila e la sua salma sepolta nella cappella di famiglia, a Castelvetrano, vengono fuori particolari importanti sulla sua personalità, o almeno come voleva “Iddu” mostrarsi alla figlia Lorenza che soltanto una volta in carcere, con quel che gli restava da vivere considerata la brutta malattia, aveva ripreso i rapporti con il riconoscimento della paternità e l’acquisizione da parte della 27enne del cognome del padre.
Attraverso anche un servizio andato in onda sul Tg1 di oggi all’ora di pranzo, siamo venuti a conoscenza dell’esistenza di due diari scritti, fra il 2003 al 2016, dal presunto capo di “cosa nostra” destinati alla figlia, con copertina raffigurante opere di Vincent Van Gogh. Pagine e pagine scritte con una chiara calligrafia: racconti, pensieri anche intimi, frasi, memorie. A completare il quadro di un personaggio che dietro alla sua indole mafiosa, stragista, voleva apparire umano e anche, subdolamente, per certi versi anche fragile, ben otto fotografie (anch’esse inedite come i diari nelle quali inserite) che lo ritraggono -il 20 maggio 2006- in visita nella Città di Romeo e Giulietta, a Verona, proprio all’ingresso della storica Arena.
Matteo Messina Denaro (vedi le foto pubblicate da Repubblica) appare rilassato, sembra in vacanza, ha un anello al dito (sembra una fede), è ritratto con e senza occhiali da sole, a mezzo busto e per intero, indossa una camicia bianca, jeans, sneakers, rigorosamente tutto griffato; una sorta di book fotografico per mostrarsi al meglio, in linea con il suo smisurato “ego”. Nel commento a quelle foto l’ultimo padrino in uno dei diari non mancava di irridere a quanti lo stessero ricercando così scriveva il 2 giugno 2014 “…Sembrava avessi 86 anni e cinque mesi” riferendosi all’identikit e alle foto, create con la tecnica dell’age-progression, che per anni sono circolate ed in possesso dalle polizie di mezzo mondo. Così come scriveva anche di esser stato ad un bivio e dovendo scegliere fra la vita e la morte abbia scelto di vivere…Insomma, quanto emerso attraverso questo materiale inedito non fa certamente luce sugli affari e sul controllo degli apparati mafiosi da parte del boss originario di Castelvetrano (i suoi segreti se li è portati nella tomba e probabilmente non li scopriremo mai) ma getta ancor più un alone inquietante sulla sua figura, abbastanza controversa e subdola, aprendo nuovi interrogativi sulla sua lunga latitanza e sulle coperture, più o meno alte, garantitegli dal lontano 1993 quando decise di darsi alla latitanza dopo la stagione delle stragi della quale fu certamente uno degli oscuri protagonisti.
Francesco Mezzapelle