Le ultime della sera. Io e Simonetta, storia di un’amicizia

Redazione Prima Pagina Mazara
Redazione Prima Pagina Mazara
20 Febbraio 2020 18:24
Le ultime della sera. Io e Simonetta, storia di un’amicizia

La prima volta che ho incontrato Simonetta Agnello Hornby mi tremavano le gambe. La libreria era riuscita ad organizzare la presentazione del suo ultimo romanzo, Caffè amaro, e con Francesca e Valentina non stavamo nella pelle all'idea di averla con noi. Eravamo eccitate, impazienti, felici. Le cose cambiarono quando chiesero a me di presentarla. Ovviamente dissi di sì senza pensarci due volte, con tutta l'incoscienza di cui ero capace. L'incoscienza  tipica di quella impulsiva, senza esperienza, che non aveva mai presentato un libro o forse un paio di autori semisconosciuti, che si lancia nel vuoto pensando che la passione arrivi un attimo prima della consapevolezza e che possa farle da paracadute, salvarla.

A salvarmi arrivarono invece l'ansia e la paura. Sudavo freddo all'idea di trovarmi davanti la scrittrice che avevo letto di più negli ultimi dieci anni, l'autrice di La mennulara, La zia marchesa, Un filo d'olio. Non potevo non andarci preparata. Lessi e rilessi il romanzo, tutte le recensioni che trovavo, mi andai a spulciare le sue ultime interviste. Immaginavo scenari catastrofici. Io che salivo sul palco con lei e balbettavo, incapace di pronunciare una sola frase di senso compiuto, io che arrivavo lì e non ricordavo il romanzo, la storia , i personaggi, le domande che avevo preparato.

Mi passava davanti agli occhi tutto il repartorio da incubo della notte prima degli esami. Il disastro, il vuoto, l'abisso si sarebbero impadroniti di me. Sarebbe stato un insuccesso, avrei fatto una pessima figura e in questo vortice avrei trascinato Simonetta, le mie amiche libraie, la libreria, la casa editrice, tutti. Di fronte a tanto insuccesso, nessuna casa editrice avrebbe più mandato a Mazara autori importanti. L'aura inglese che ha sempre circondato Simonetta non mi aiutava. Sarà snob, fredda e altezzosa come tutti gli inglesi, pensavo.

Mi venne invece in soccorso la visione di una puntata de “Le invasioni barbariche”, dove, intervistata da Daria Bignardi, lei e Simonetta si ammazzavano di risate. La scoprii simpatica, divertente, brillante. Con un grande sense of humor (oddio, lo spirito inglese che tornava!). Ma mi appariva intelligentissima, e inarrivabile. Ancora più paura. Daria, con la sua esperienza, la conduceva dove voleva, le faceva le domande giuste, era una spalla straordinaria, ma io, cosa avrei combinato? Panico.

Ma siccome poi le cose non vanno mai come ce le siamo immaginate, prendono un percorso tutto loro( e mettiamoci anche che la fortuna aiuta gli audaci) l'incontro con Simonetta è stata una delle esperienze umane più belle che io abbia mai fatto. Altro che inglese, fredda, snob! Mi sono trovata davanti una signora settantenne carica di umanità, di umiltà e di gentilezza. Ha voluto che le dessimo del tu, e si è posta nei nostri confronti con quella semplicità e generosità che solo i grandi mostrano.

Perchè, diciamocelo pure, l'umiltà è la virtù delle grandi menti, delle grandi personalità , di chi è in grado di raggiungere le vette, di volare alto, quando gran parte di noi camminiamo rasoterra stando attenti a non inciampare e a non precipitare dentro qualche fosso. Simonetta non aveva niente della signora inglese, e nemmeno di quell'aristocrazia siciliana che le aveva dato i natali. Era una creatura meravigliosa, con una personalità dirompente. Loquace, spigliata, parlava un italiano intercalato da espressioni dialettali, frasi in palermitano, e in lei c'era tutta la sicilianità che avevo sempre trovato nei suoi libri.

E uno spirito guerriero inarrestabile. Tutte le volte che è tornata è stata cosi. Lavoratrice infaticabile, un grande senso del dovere e dell'etica a guidarla, nessun capriccio da diva, non chiede camere in alberghi di lusso né cene nei migliori ristoranti. Si adatta a tutto e osserva tutto con lo stupore e la meraviglia che hanno i  bambini e le persone curiose. Curiosa di tutto, dei luoghi, delle persone, delle tradizioni, parla, raccconta, chiede, vuol sapere. Quella presentazione, neanche a dirlo, andò benissimo.

L'ex chiesa di Sant'Ignazio non era riuscita a contenere tutte le persone che erano arrivate per lei. Colta, divertente, con tanta voglia di raccontare aneddoti simpatici, Simonetta diverti il pubblico e si diverti. Ancora oggi la ricordo come la presentazione più divertente, più gioiosa, più leggera. Con me e con le libraie fu subito amore. Ci chiese di potere tornare, ci disse che si era trovata bene, che l'avevamo accolta con tanto calore e spontaneità e che avrebbe atteso un nostro futuro invito.

A me smisero di tremare le gambe. Ogni volta che torna la incontro come si incontra una zia, un'amica, una persona di famiglia. Lo scorso luglio al Collegio dei Gesuiti sono venuti in trecento ad ascoltarla  raccontare la nuova versione della sua Mennulara. E anche ieri, il teatro Garibaldi era pieno, nonostante il pomeriggio infrasettimanale lavorativo. E lei si è intrattenuta con tutti, ha fatto foto, ha ringraziato, non ha mai smesso di dire quanto fosse bello quel teatro. La sera, dopo una cena frugale con pochi amici, l'ho riaccompagnata in albergo.

“E' bellissima Mazara”, mi diceva mentre attraversavamo una piazza della Repubblica ormai deserta, e un venticello freddo ci sferzava il viso. “Ci sono queste belle piazze, le chiese, e il mare, qui c'è il mare con questo bel lungomare, voi il mare ce l'avete dentro. E poi è colta, questa città. E' tra le città più belle della Sicilia, ed è una delle più colte. “ Non so se sia davvero cosi, ma chi sono io per contraddirla? E quindi i complimenti di Simonetta me li son presi tutti, aspettando il prossimo incontro o, forse, stavolta, accogliendo il suo invito e volando da lei a Londra.

  Catia Catania

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